Spazi di dialogo. Verso un Sinodo di coraggio e profezia

Spazi di dialogo. Termina il percorso formativo dei facilitatori, la fase preparatoria approda così in parrocchia grazie a oltre 2 mila laici coinvolti

Spazi di dialogo. Verso un Sinodo di coraggio e profezia

Siamo a un passaggio fondamentale: il Sinodo diocesano della Chiesa di Padova procede verso l’apertura del 5 giugno prossimo e coinvolge per la prima volta i membri delle comunità cristiane, i giovani e gli adulti che da tempo non frequentano più la parrocchia e anche chi l’ha sempre osservata dall’esterno. Novembre 2021 sarà il mese del “primo ascolto” grazie agli spazi di dialogo, condotti da oltre duemila facilitatori; spazi nei quali chiunque può condividere il proprio pensiero sui germogli e i punti di rottura che vive o vede oggi nella vita della Chiesa: da questa grande riflessione collettiva, la Commissione preparatoria, a partire da febbraio, estrapolerà i temi su cui si concentrerà l’Assemblea sinodale. Nel frattempo, nei territori della Diocesi, rimane aperto l’invito a tutti a partecipare: agli spazi di dialogo si può ancora prendere parte. «Si fa strada la consapevolezza di trovarci davanti a un tempo di grazia, un evento storico, un’occasione che non si ripresenterà a breve – sottolinea don Mirco De Gaspari, parroco di Mejaniga e vicario foraneo di Vigodarzere – Abbiamo respirato questa sensazione nell’incontro dei vicari foranei del 20 ottobre, ma la percepiamo chiaramente anche tra i nostri facilitatori in parrocchia: i laici sentono che oggi possono dire la loro, è un treno da non perdere, da qui l’impegno a fare in modo che gli spazi di dialogo siano quanti più possibili». Il fatto che il Sinodo diocesano sia inserito nel Sinodo della Chiesa universale e nel Cammino sinodale delle Chiese italiane contribuisce a dare l’idea che si è aperta una stagione inedita per la Chiesa, che va vissuta fino in fondo. «Le attese sono molto alte da parte dei laici – riprende don Mirco – C’è il rischio della delusione per gli esiti finali.

Ma non possiamo aspettarci che un documento sinodale risolva tutte le questioni ecclesiali: siamo piuttosto all’inizio di un cammino, una pausa nella lunga storia della nostra Chiesa, che ci aiuterà a capire che cosa conta davvero e come riordinare il resto, come quando si prepara lo zaino per andare in montagna. Non attendiamoci nulla di “miracolistico”, piuttosto un passaggio chiave nella storia di sinodalità che viviamo da trent’anni grazie soprattutto agli organismi di comunione». Padre Mauro Pizzighini, dehoniano, parroco al Crocifisso e vicario del Bassanello a Padova coglie insieme «la paura di fare “un buco nell’acqua” e l’attesa di qualcosa di nuovo che rilanci la vita comunitaria. «Gli spazi di dialogo sono fondamentali perché consentono di ascoltare tutti, ma hanno senso se colgono ciò che palpita nel cuore di ciascuno, anche se emerge immediato e senza filtri. In sei anni qui a Padova ho incontrato un laicato maturo, che vuole essere protagonista e Francesca Schiano, nell’incontro di formazione per la Commissione preparatoria del 23 ottobre, ha ben chiarito come questo si sia realizzato in vari passaggi nel corso del tempo. Ora il focus è sulla formazione, non solo quella tipicamente intra-ecclesiale, bensì capace di intercettare tutti i linguaggi: in un mondo che cambia vorticosamente un Sinodo dovrebbe aiutarci a cogliere gli elementi permanenti per l’umano e la società, per poi pensare all’Annuncio in questo contesto. Abbiamo bisogno di essere profetici». Secondo padre Mauro sono tre oggi gli aspetti che come Chiesa non possiamo mancare: «Di fronte a una conflittualità sociale che probabilmente aumenterà nei prossimi anni su temi centrali del vivere sociale come il lavoro e la famiglia, siamo chiamati ad alzare il livello della vita fraterna delle nostre comunità; a dare spazio a tutti i linguaggi, alle gioie e alle fatiche, ai dolori e alle speranze; investiamo in strumenti di riconciliazione. In un contesto in cui la rabbia monta in molti a cui sembra di aver perso un filo conduttore, il Vangelo è davvero il luogo in cui ognuno ritrova la parte migliore di sé, dove avviene l’incontro tra le persone e nasce un nuovo modo di vivere l’etica, laica o religiosa, senza giudizi incrociati».

Sui germogli e i punti di rottura della vita ecclesiale si è soffermato in un’intervista alla Difesa (numero 41 del 24 ottobre) don Andrea Toniolo, preside della Facoltà teologica del Triveneto, anche lui intervenuto all’ultimo incontro formativo della Commissione preparatoria. Dal suo punto di vista, un punto di forza evidente della nostra Chiesa è il tessuto parrocchiale; un rischio concreto è quello di dilapidarlo per l’eccessiva clericalizzazione della pastorale. «In effetti la realtà sacerdotale si connota con tratti spiccati di personalismo – riflette don De Gaspari – Le comunità rischiano di cambiare rotta pastorale a ogni cambio di parroco e questo non è cosa buona, non è sinodalità. Ogni parrocchia ha dei caratteri precisi che vanno promossi e messi in relazione a quelli della altre comunità in base alle indicazioni diocesane. Si tratta di progettare una pastorale uniforme, non uniformata, una diversità marcata può trasformarsi in divisione. Al centro non c’è il prete ma Cristo, anche se il parroco, come diceva mons. Sartori, è sempre esposto a tre tentazioni: creazionista (“prima di me c’era il nulla”), redentorista (“se non ci fossi io non si farebbe nulla”), escatologica (“quando andrò via io morirà tutto”). Preziosa è invece l’indicazione del vescovo Claudio di spostare la sede del celebrante dal centro del presbiterio durante l’eucaristia: così anche il prete guarda a Cristo assieme a tutta l’assemblea». Per padre Mauro invece va superata la pastorale di “collaborazione”. «L’idea giusta è quella della corresponsabilità, che alza il livello della vocazione laicale e presuppone una fiducia reciproca estrema.

Se al centro non mettiamo il Vangelo, finiamo per mettere l’istituzione, con una pastorale molto ordinata e organizzata, ma magari meno accogliente». Altro grande dilemma, segnalato da don Toniolo, è la preoccupazione eccessiva per le strutture e le prassi all’interno delle parrocchie, a scapito dell’annuncio. Don De Gaspari: «Eucaristia, sacramenti e Annuncio rappresentano forse il 20 per cento dell’azione di un parroco in una comunità, il resto è amministrazione, compiti che sviliscono il nostro ministero. Mi pare che le nuove generazioni di preti siano molto più ferme nel dedicarsi al loro specifico. La sfida è quella di riunirsi come comunità e di definire i servizi necessari. La logica della ministerialità ricalca quella dei mosaici: penso ad Aquileia, ogni tessera, qualsiasi sia il materiale di cui è fatta e il posto che occupa nella composizione, ha lo stesso valore delle altre. Se mancasse il “buco” attirerebbe l’occhio più del disegno». Padre Mauro: «Su questo serve una scelta forte, profetica. La struttura ci identifica, ma finisce anche per incanalarci e per pretendere che le persone rientrino negli schemi che ci siamo dati. Oggi rischiamo di fare una catechesi senza evangelizzazione, portiamo avanti una “sacramentalizzazione” della vita cristiana che fa della parrocchia un’agenzia di servizi religiosi. Mi attendo un Sinodo coraggioso, sanamente incosciente, una Chiesa che sappia guardare all’inesplorato: le relazioni, i giovani con storie molto diverse, i nuovi poveri, le persone in ricerca rappresentano delle frontiere pastorali molto promettenti. Occorrerebbe essere reattivi nel cogliere immediatamente la domanda del pellegrino. In questo momento non siamo preparati, ma oggi il mondo chiede al Vangelo e alla Chiesa qualcosa di imprevedibile».

Le sensazioni della vigilia

Due vicari foranei, don Mirco De Gaspari e padre Mauro Pizzighini, riflettono su questo preciso momento del Sinodo diocesano e guardano ad alcuni germogli e punti di rottura della vita della nostra Chiesa. Se le aspettative molto alte rischiano di portare delusione per gli esiti, c’è comunque la consapevolezza di trovarci in una stagione inedita per la vita della Chiesa, non solo a Padova. Serve una pastorale meno clericalizzata e strutturata, occorre esplorare nuove frontiere, grazie anche a una “sana incoscienza”

“Come e su cosa si decide nella Chiesa?”

È questo il tema su cui si concentrerà il prossimo incontro di formazione della Commissione preparatoria del Sinodo diocesano, prevista per il 17 novembre (18.30- 20.30). Si tratta di superare la polarità clero-laici e di attingere alla sinodalità e al discernimento comunitario, tenendo presente la questione dell’autorità, delicata ma necessaria per decidere.

Il Sinodo di Padova su Tv2000

Venerdì 29 ottobre alle 19.30, il Sinodo diocesano di Padova è protagonista su Tv2000. La trasmissione “In cammino” - spazio quotidiano in cui la rete televisiva della Cei racconta l’esperienza sinodale della Chiesa - si concentrerà sulla nostra Diocesi con interventi del vescovo Claudio, della segreteria del Sinodo e di altri preti e laici coinvolti in questa fase preparatoria del cammino.

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