Terminato il camposcuola diocesano che si è tenuto a Camporovere, nella casa Filippo Franceschi. dal 16 al 22 luglio. Le testimonianze dei ragazzi

«Ho amato ogni singola cosa del campo che ho vissuto. Ogni momento è stato prezioso e unico e le persone che ho trovato qui non le dimenticherò mai». Sintetizza così, Emma Gattolin, l’esperienza vissuta al camposcuola diocesano dell’Azione cattolica di Padova – rivolto ai ragazzi e alle ragazze di 12-13 anni – che si è tenuto a Camporovere, nella casa Filippo Franceschi. dal 16 al 22 luglio.

Terminato il camposcuola diocesano che si è tenuto a Camporovere, nella casa Filippo Franceschi. dal 16 al 22 luglio. Le testimonianze dei ragazzi

«Del campo mi sono piaciute le attività che abbiamo vissuto – racconta Maddalena Rostellato – ma anche tutto il resto: gli educatori, don Vito (l’assistente), il personale della casa… con Giuseppe e Paola (i direttori). L'esperienza in cui mi sono sentita più coinvolta è stata l'escursione, perché ho avuto la possibilità di parlare con i ragazzi che al campo erano da soli, e ho imparato un sacco di cose da altri. Da questo campo mi sono portata a casa… proprio le persone».

Margherita Pagnin, in particolare, è piaciuta la “veglia alle stelle”, «perché ho capito di essere tra persone che mi vogliono bene. Da questo campo ho portato a casa tante amicizie e tante esperienze». «Ricorderò sempre con piacere – sottolinea Maddalena Longhi – gli educatori, le amicizie nate in una sola settimana… ma anche tanto altro».

Contenti dell’esperienza anche gli educatori. «Mi sono portata a casa le storie dei ragazzi, i loro sorrisi, le lacrime e le risate che abbiamo condiviso dai primi secondi agli ultimi istanti del caposcuola – sottolinea Gloria Carraro – I ragazzi ci hanno consegnato loro stessi, il loro essere imperfetti, capaci di sbagliare e pronti a crescere». «Abbiamo scoperto, inoltre – evidenzia Federico Engaldini – come la fragilità di ciascun ragazzo e ragazza ne determini l’unicità. Da loro ho ricevuto l’occasione di mettermi in gioco, la loro fiducia, la voglia di crescere aperti alle provocazioni».

Un campo diocesano porta con sé, per l’apertura che offre ai partecipanti, un “qualcosa in più”. «Si respira un'aria di comunità, di vicinanza, di fiducia e di rispetto reciproci tra ragazzi ed educatori – sottolinea Gloria Carraro – È un’esperienza in cui guardarsi dentro, capirsi, conoscersi, esprimersi e formare legami sempre più veri e indissolubili». Federico Engaldini aggiunge: «In un campo diocesano, inoltre, i ragazzi fanno esperienza di preghiera come collante tra i diversi momenti che si vivono. Per noi educatori è anche l’occasione per cogliere le domande e le provocazioni che il Signore ci rivolge e approfondirle nella relazione con lui».

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