Vicenza, dove i ministeri sono realtà da vent’anni

L’esperienza è nata nel 2001 assieme alle unità pastorali. Oggi in Diocesi le equipe operano in una parrocchia su tre

Vicenza, dove i ministeri sono realtà da vent’anni

Il cammino dei gruppi ministeriali per l’animazione comunitaria della Diocesi di Vicenza ha più di vent’anni: la riflessione in realtà è stata avviata già nel 1987, ma le prime esperienze codificate risalgono al 2001 in risposta al cambiamento del ruolo del presbitero con la costituzione delle unità pastorali e alla conseguente necessità di un ripensamento delle comunità. Nel 2019 l’equipe diocesana dei gruppi ministeriali ha incontrato tutti i gruppi che a oggi sono presenti nel 30 per cento delle parrocchie. «Abbiamo visto i laici crescere nel senso di appartenenza alle loro comunità – racconta don Flavio Marchesini direttore dell’ufficio di Coordinamento pastorale della Diocesi di Vicenza – Sono cresciuti nella fede, nell’amore nel senso di corresponsabilità soprattuto dove i parroci sono stati accoglienti. Questo è sicuramene un segnale molto positivo. Poi hanno visto che è bello lavorare in gruppo, sono più vicini al prete e ne capiscono le fatiche, le difficoltà, sono anche più vicini ai gruppi e alle famiglie e questo fa bene». In genere chi fa parte dei gruppi ministeriali ha fra i 45 e 60 anni, c’è qualche pensionato, quasi assenti invece i giovani. Ricoprono quattro ambiti, l’annuncio, la liturgia, la carità e la cultura cioè i rapporti con il territorio o i gruppi e poi c’è il consiglio degli affari economici. Dei quattro membri due dovrebbero far parte anche del consiglio pastorale. Non è richiesta una formazione specifica di partenza, ma per chi decide di mettersi in gioco la Diocesi offre una prima formazione in due weekend sul senso della Chiesa e del ministero, gli atteggiamenti di servizio e non di padronanza e poi c’è una formazione permanente in quattro incontri ogni anno. «Devono avere l’esperienza in parrocchia – dice don Marchesini – Insistiamo su alcuni aspetti: innanzitutto che siano persone che amano la loro comunità, guardiamo alle caratteristiche di comunione che hanno messo in luce in servizi precedenti, ad esempio come catechisti o ministri straordinari dell’eucarestia o nel settore liturgico o del canto. Persone che hanno una certa capacità relazionale perché sono chiamate a tessere le fila del discorso, a mantenere uniti i gruppi. Il lavoro autonomo non va bene, ma ci vuole lavoro di squadra e soprattutto la capacità di suscitare altri carismi».

L’equipe diocesana dei gruppi ministeriali accompagna la parrocchia nell’avvio del processo con uno o due incontri in parrocchia, per comunicare il senso del gruppo ministeriale, le sue competenze e compiti. Quindi ci sono degli incontri con i candidati, scelti dal consiglio pastorale che entrano nel cammino di formazione. Infine il parroco li presenta alla comunità come punti di riferimento. Normalmente durano in carica cinque anni con mandato del vescovo. «Da parte delle comunità – continua il direttore dell’Ufficio di coordinamento – c’è una bella accoglienza, ma molto dipende dal parroco: se ne parla bene e con stima, il servizio è generoso e ben inserito. Se non li stima e li vede come intrusi l’esperienza dura poco. Non è un compito molto impegnativo perché la persona non è chiamata a fare tante cose: non è un gruppo che agisce operativamente, è piuttosto chiamato a essere come un gruppo di saggi, che osserva, ascolta, parla. Deve confrontarsi con il parroco e con il consiglio pastorale». L’accoglienza è proprio una delle criticità del ruolo: gelosia da parte del consiglio pastorale o degli affari economici, ma anche timore nei confronti della novità alle volte creano resistenze, così come la voglia di protagonismo. «Sarebbe più un lavoro dietro le quinte – spiega don Marchesini – promuovere gli altri più che se stessi, è un’esperienza di apertura e collaborazione con altri. Qualcuno si è anche stancato e ha abbandonato. Il nostro slogan è che si cresce facendo servizio e il confronto può aiutare». I ministeri rappresentano comunque la strada da intraprendere, secondo il sacerdote vicentino. «Non abbiamo alternativa – conclude don Marchesini – In Diocesi stiamo lavorando su tre pilastri: le unità pastorali, i gruppi ministeriali, cioè il coinvolgimento dei laici e le fraternità presbiterali, quindi gli stessi preti devono mettersi in ottica di collaborazione, di lavorare diversamente. I numeri parlano chiaro: 180 preti nella pastorale a fronte di 355 parrocchie. La matematica ci dice che un parroco deve avere due o tre parrocchie».

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