8 marzo. Il coraggio delle donne, da Lesbo ad Haiti

Medici senza frontiere racconta le storie delle donne che a causa di guerre, come in Afghanistan o Iraq, o bloccate in campi rifugiati, come sull’isola di Lesbo in Grecia, lottano per la loro sopravvivenza e quella dei loro figli. Per loro la campagna “Nati in emergenza”

8 marzo. Il coraggio delle donne, da Lesbo ad Haiti

ROMA– “Ogni giorno le mamme nel campo di Moria a Lesbo portano i loro bambini, avvolti tra infinite coperte, nella clinica pediatrica. Dopo aver vissuto la gravidanza tra tanti rischi, ora cercano di proteggere i loro figli dalla pioggia, dal freddo e dall’umidità della notte che invade le loro tende”. A parlare è Eleonora Selmi, ostetrica di Medici senza frontiere a Lesbo, dove la clinica pediatrica è stata appena riaperta dopo le tensioni degli ultimi giorni sull’isola. “L’abbraccio tra una madre e il suo bambino, quello spazio sacro da cuore a cuore, dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo. Ma questa sicurezza è ancora una volta messa a rischio dalla tesa e vulnerabile situazione che si respira in quest’isola ai confini dell’Europa”. In paesi lacerati da un conflitto armato, colpiti da un’epidemia o da una catastrofe naturale, le donne sono tra i soggetti più vulnerabili: sono vittime di violenze, muoiono di parto e hanno scarso accesso alle cure mediche. In occasione della Giornata internazionale della donna, Msf racconta le storie di donne coraggiose che a causa di guerre, come in Afghanistan o Iraq, o bloccate in campi rifugiati, come sull’isola di Lesbo in Grecia, lottano per la loro sopravvivenza e quella dei loro figli. Al loro fianco ci sono spesso altre donne: ostetriche, ginecologhe, infermiere di Msf, che ogni due minuti nel mondo aiutano una donna a far nascere un bambino.

“Le donne sono le vittime indirette, nei paesi in conflitto, di cui non si parla quasi mai. Ci si concentra sui feriti dei bombardamenti e da armi da fuoco ma non sulle vittime invisibili, donne e bambini che in paesi come Haiti, dove non c’è una guerra ma un’altissima violenza urbana, non hanno accesso al sistema sanitario” racconta Claudia Lodesani, presidente dell’ong, appena rientrata dall’isola . Ad Haiti la mortalità materna è di 527 donne decedute ogni 100.000 bambini nati vivi (in Italia questa percentuale è 2 su 100.000), il tasso più alto di tutta l’area caraibica e dell’America Centrale e del Sud, più alto anche rispetto alla media dei paesi africani. La crisi economica e politica del paese ha completamente smantellato il sistema sanitario, che non riceve fondi. “Le donne che vanno in ospedale per partorire non trovano farmaci, personale specializzato o devono pagare. Donne e bambini sono vittime indirette della violenza urbana che imperversa a Port-au-Prince, capitale del paese, perché quando ci sono sparatorie in strada le donne hanno paura di recarsi in ospedale e partoriscono, e spesso muoiono, tra le mura domestiche - aggiunge Lodesani -. Nella parte meridionale del paese – la zona con il più alto tasso di mortalità materna di Haiti – Msf gestisce un piccolo ospedale con una maternità che da 20 parti al mese nel 2017, quando ha aperto, è arrivata a registrarne fino a 140 al mese, perché le donne hanno iniziato a capire il valore aggiunto di partorire in una struttura con personale qualificato. In questa zona le donne devono fare anche 4 o 5 ore a piedi per arrivare nel nostro ospedale, a volte è troppo tardi di fronte a gravi complicazioni che non sempre riusciamo a gestire in una struttura così piccola. In questi casi siamo costretti a trasferirle con la nostra ambulanza in un ospedale più grande che dista due ore di strada. Pur essendo un ospedale del ministero e il più grande della regione, mancano spesso personale ed elettricità. Ricordo una notte in cui ero di guardia, sono stata costretta a trasferire una donna in ambulanza in questo ospedale. Dopo due ore di macchina, l’ospedale ha rifiutato di prendersi cura di questa donna perché non c’era elettricità. L’abbiamo portata in una struttura privata, ma il ginecologo era a casa. La donna ha partorito nella nostra ambulanza nel parcheggio del secondo ospedale, ma purtroppo il bambino è nato morto perché l’attesa era stata troppo lunga. Per fortuna siamo riusciti a salvare la donna”.

Anche in Afghanistan ogni anno circa 4.300 donne muoiono a causa di una complicanza durante la gravidanza o il parto: una donna afghana rischia la vita 40 volte di più rispetto a una donna italiana nel dare alla luce un figlio o durante la gestazione, per mancanza di personale sanitario femminile. Tra le mura dell’ospedale di Khost, a 30 chilometri dal Pakistan, si avverte la forza incredibile di un’equipe tutta al femminile di ostetriche locali e internazionali che ogni giorno lavorano per la salute di altre donne e fanno nascere oltre 2.000 bambini al mese. “A Khost il tempo non si misura in ore, ma in pazienti. Durante il mio primo giorno di missione, dopo appena 4 minuti trascorsi in sala parto, erano già nati 2 bambini. A fine giornata avevo perso il conto” racconta Anna Maria Mizzi, anestesista di Msf.

Nel reparto di maternità dell’ospedale di Castor, a Bangui capitale della Repubblica Centrafricana – il secondo paese al mondo per mortalità materna – MSF ha assistito quasi 9.600 parti e solo nei primi 6 mesi del 2019 sono nati 570 bambini. “Un’ambulanza che sfreccia per portare in ospedale una donna che sta per partorire è una scena normale su cui non ci si sofferma più di tanto, nella parte del mondo dove abitiamo. Ma in Repubblica Centrafricana, il secondo peggior paese al mondo quanto a mortalità materna, essere madre è una sfida quotidiana. Qui, gli ospedali e le ambulanze si contano sulle dita, ma le donne che ne avrebbero bisogno sono tantissime” racconta Giorgia Girometti, operatrice umanitaria di Msf in Repubblica Centrafricana. Per queste donne e i loro figli, fino a domani sabato 7 marzo, è attiva la campagna “Nati in emergenza” che in queste tre settimane ha raccolto fondi per sei ospedali o centri di salute specializzati in cure materno-infantili in Afghanistan, Iraq, Yemen, Libano, Repubblica Centrafricana e sull’isola di Lesbo. Per aderire, basta inviare un SMS o chiamare da rete fissa il numero 45596, o donare online sul sito www.msf.it/natiemergenza.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)