Afghanistan, testimonianza dall’aeroporto: “Vedo sangue e morti davanti a me”

Parla una giornalista e attivista afghana che sarebbe dovuta entrare in aeroporto in coordinamento con la Ong toscana Cospe, che si sta adoperando per far uscire dal Paese 30 attivisti

Afghanistan, testimonianza dall’aeroporto: “Vedo sangue e morti davanti a me”

“Ci sono molti morti vicino a me e il canale è diventato color sangue”. E’ la testimonianza di una giornalista e attivista afghana che ha lavorato con la ong toscana Cospe e che sarebbe dovuta entrare in aeroporto per partire alla volta dell’Italia. “Ho paura, mi sono rifugiata in una casa” scrive la ragazza, incinta di sette mesi e con due bambini piccoli insieme a lei. L'attentato arriva al culmine di giornate tragiche in cui il Cospe ha cercato di portare in salvo quante più persone possibile tra i collaboratori e collaboratrici e le loro famiglie. Si tratta di un gruppo di circa 30 persone tra cui una decina di bambini. Tra loro anche il gruppo delle calciatrici che erano partite da Herat lunedì mattina all'alba, e delle cicliste, seguite in Italia dall'associazione Road to Equality. Ora sono al sicuro, con cibo e acqua e in attesa di un volo per arrivare in Italia di cui però ancora non ci sono notizie certe.

La deadline del 31 agosto imposta dagli Usa per l’uscita dal paese e le minacce dei talebani che stanno aumentando i controlli alle vie di accesso all’aeroporto e le violenze verso coloro che cercano di lasciare il paese, hanno spinto il Cospe a incoraggiare i propri contatti ad affrontare questa odissea e imbarcarsi il prima possibile. “Ora però – è scritto in una nota - auspichiamo che anche tutti coloro che non ce l’hanno fatta, proprio i più deboli e -ora ancora più- a rischio della vita nell’ Afghanistan dell’Emirato, possano raggiugere l’Italia o l’Europa grazie a corridoi umanitari sicuri.

Tra le persone aiutate dal Cospe ci sono attivisti e attiviste, giornalisti indipendenti, avvocate, collaboratori a vario titoli con le organizzazioni internazionali, rappresentanti di minoranze e voci della società civile e tutti coloro che hanno lavorato per un’Afghanistan diverso nelle scuole, nella sanità, nella società e si sono da sempre opposti del regime totalitario e del pensiero integralista dei talebani. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)