Agricoltura, cosa può fare la ricerca. L’aumento della produzione di alimenti passa anche e soprattutto dal lavoro

Per capire meglio, basta guardare a ciò che qualche giorno fa è stato reso noto dall’Università Cattolica, sede di Piacenza

Agricoltura, cosa può fare la ricerca. L’aumento della produzione di alimenti passa anche e soprattutto dal lavoro

Microrganismi “buoni” contro microrganismi “cattivi”. Battaglia eterna, della quale spesso non ci rendiamo conto. Battaglia che si combatte anche in agricoltura e che squadre di ricercatori osservano con attenzione per capirne strategie e schieramenti. Tutto per scoprire come rendere sempre più efficiente la produzione di cibo compatibilmente con l’ambiente e con l’economia. Un incessante lavoro che spesso le luci delle cronache quotidiane illuminano poco, ma i cui risultati sono importanti per tutti. Per capire meglio, basta guardare a ciò che qualche giorno fa è stato reso noto dall’Università Cattolica, sede di Piacenza.

Un gruppo di sei ricercatori (agronomi, microbiologi, patologi vegetali e chimici) della Facoltà di agraria ha isolato dalle radici di piante di pomodoro una sorta di gang di microrganismi “buoni” che proteggono le colture da infezioni e quindi indirettamente anche il consumatore dall’arrivo di tossine nel piatto. E non basta, perché dalla ricerca sarebbe emerso anche un vantaggio economico e colturale: basterebbe trattare i semi delle piante una volta sola per renderle protette dai funghi fino al raccolto, consentendo di dimezzare la dose di sostanze chimiche usate. Certo, tutto deve essere ancora sperimentato allargando il ventaglio di piante su cui provare questa gang, ma il traguardo già raggiunto merita rilievo e attenzione.

Edoardo Puglisi, che ha coordinato il gruppo di ricerca, spiega: “I microrganismi isolati hanno grande importanza per la sicurezza alimentare perché riducono sia lo sviluppo di funghi del genere Alternaria produttori di micotossine (cioè le tossine prodotte dai funghi), sia la produzione delle micotossine stesse. Queste sostanze prodotte da Alternaria sono tossiche per l’uomo, e la loro presenza negli alimenti è in via di regolamentazione da parte dell’Europa”. L’attenzione su questi funghi non è casuale e nemmeno quella sul pomodoro. Sono proprio i funghi del genere Alternaria, infatti, a provocare perdite di produzione che vanno dal 25 al 78%. Da qui, l’uso massiccio di pesticidi chimici che, appunto, la gang isolata dai ricercatori di Piacenza potrebbe ridurre. Dall’Università spiegano ancora: “La riduzione di pesticidi che si può ottenere con l’utilizzo di questi microrganismi protettivi può arrivare al 50%, cioè a dimezzarne le dosi. Abbiamo svolto delle prove dove abbiamo ridotto del 50% la dose di fungicidi ed utilizzato i nostri batteri garantendo la stessa produzione delle colture di controllo trattate con il 100% di fungicidi”. E non solo, perché gli stessi microrganismi della gang  hanno confermato anche la loro capacità di favorire la crescita delle piante. I risultati poi suggeriscono che, sfruttando le diverse capacità dei vari ceppi microbici, usandoli dunque insieme con un approccio basato sulle sinergie che si determinano, si dovrebbe riuscire ad allargare lo spettro di protezione. Evidente, a questo punto, il risvolto economico (meno costi e maggiore produttività) e ambientale (meno consumo di prodotti chimici), che la ricerca dei piacentini potrebbe ottenere.

Occorre però esser chiari: quanto compiuto a Piacenza è un primo passo: molti altri devono ancora essere fatti. Dall’università spiegano: “L’applicazione potrà essere estesa ad altre piante e soprattutto ad altri patogeni. Sono in corso prove anche per capire meglio i meccanismi con cui questi batteri sono in grado di ridurre la produzione di micotossine nei raccolti infestati dai funghi”. Quanto tempo ci vorrà? Difficile dirlo. Quale sarà la reale efficacia per altre piante e altri microrganismi “cattivi”? Ancora più difficile affermarlo. Ma è anche questa la strada da percorrere per produrre più cibo per tutti, a costi minori e con più attenzione all’ambiente.

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Fonte: Sir