Brasile al voto, preoccupano le violenze delle forze di sicurezza

Grande favorito il candidato di destra Bolsonaro, che difende e appoggia la tolleranza zero di polizia e forze armate nella gestione della sicurezza. Nel solo stato di Rio de Janeiro, la loro azione non ha migliorato la sicurezza, e il numero delle persone uccise, soprattutto nelle favelas, non è mai stato così alto

Brasile al voto, preoccupano le violenze delle forze di sicurezza

MILANO - Per la prima volta nella storia dello stato di Rio de Janeiro il numero di morti uccisi dalle forze di sicurezza ha superato quota mille. Da gennaio a fine settembre, per la precisione, le vittime di militari e poliziotti sono state 1.181. Una situazione che da una parte preoccupa ong, associazioni e difensori dei diritti umani; ma che pare anche soddisfare, per contro, il candidato di estrema destra e super-favorito del secondo turno delle presidenziali brasiliane di domenica 28 ottobre, Jair Messiah Bolsonaro. Che ha già detto in varie occasioni  che «il poliziotto che non ammazza non è un poliziotto», proponendo encomi per chi dovesse contraddistinguersi in questo senso.

Il candidato e la sicurezza. Bolsonaro, ex militare e dichiaratamente a favore dell’uso della tortura, è conosciuto nel Paese per appoggiare la tolleranza zero da parte di polizia e forze armate in generale. Tanto che nel programma di governo propone anche di escludere la responsabilità penale di poliziotti che dovessero commettere un omicidio in servizio. Secondo questo piano , «bisogna dare certezza che, nell’esercizio della propria attività professionale, i poliziotti siano protetti da una rete di sicurezza giuridica».

Rischio impunità. Una misura di questo genere, fanno notare gli analisti, potrebbe invece peggiorare la sicurezza nella regione. Considerando soprattutto che già oggi il Brasile ha un problema in tema di “certezza della pena”: su circa 64 mila omicidi che avvengono ogni anno nel Paese, sono investigati davvero solo il 5-8% del totale. E nel caso in cui questo avvenga per mano di un poliziotto in servizio, questa percentuale crolla.

L’intervento militare. Gran parte delle morti di quest’anno si sono avute nelle favelas di Rio, dove dallo scorso febbraio è stata rilanciata la guerra al narcotraffico. Da allora, infatti, è in atto un intervento militare federale affidato a un generale dell’esercito. Una decisione presa dall’attuale presidente, Michel Temer, con lo scopo di ridare sicurezza alla zona. Eppure l’intervento del generale Walter Braga Netto e dei suoi 170 mila uomini pare abbia peggiorato le cose sia per numero di morti tra innocenti e forze dell’ordine, sia quanto a violazione dei diritti umani.

La denuncia della società civile. Un gruppo di ong ha contestato duramente l’intervento militare. In particolare, Amnesty International, Conectas, Justiça Global, Redes da Maré e l’Osservatorio sull’Intervento ritengono che questa misura sia: incostituzionale, perché toglie una prerogativa che dovrebbe restare in mano alla polizia; poco trasparente quanto alla gestione dei soldi stanziati (1,2 miliardi di real); causa di violazione di diritti umani.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)