Caccia al Coronavirus: un piano di tamponi a tappeto. Regione e Università di Padova insieme per scovare gli asintomatici e bloccare il contagio

Regione e Università di Padova insieme per scovare i positivi asintomatici, isolarli e bloccare il contagio. Modello Vo' esteso a tutto il territorio. 20 mila tamponi al giorno tra chi contrae il virus e le categorie vulnerabili e più esposte

Caccia al Coronavirus: un piano di tamponi a tappeto. Regione e Università di Padova insieme per scovare gli asintomatici e bloccare il contagio

E adesso è caccia al virus casa per casa, con un unico obiettivo: sviluppare la massima capacità di sottoporre a tampone la cittadinanza per scovare il maggior numero possibile di persone positive ma asintomatiche e isolarle perché non possano diffondere l'epidemia senza nemmeno rendersene conto. È questo il cuore del piano urgente di sanità pubblica nel quale la Regione Veneto ripone le speranze di spezzare una volta per tutte la catena dei contagi e domare la pandemia del secolo. Si tratta della realizzazione su scala veneta dell’intuizione del prof. Andrea Crisanti, direttore del Laboratorio di virologia e microbiologia dell’Università di Padova. Da oggi il modello Vo’ viene dunque applicato a tutto il territorio regionale.

Crisanti da un lato si schernisce: «Non sto proponendo chissà quali nuove idee, l’epidemiologia è una scienza antica, questo modello si pratica da almeno cento anni, solo che oramai chi lo ha applicato sul colera, sulla Spagnola o sull’Asiatica non è più tra noi». Dall’altro snocciola dati precisi che in tempi non sospetti lo avevano spinto a schierarsi anche contro l’Organizzazione mondiale della sanità: «Conoscere perfettamente chi era positivo e quali relazioni aveva avuto fra i cittadini di Vo’ ci ha permesso di bloccare completamente il contagio nel cluster».

Concretamente, l’ambizioso progetto seguirà due vie parallele. Ogni volta che un cittadino segnalerà sintomi ascrivibili al Covid 19 sarà invitato a recarsi in uno dei centri di effettuazione tamponi sul territorio, oppure sarà raggiunto a domicilio da una delle quindici squadre della Croce rossa, ognuna composta da tre membri. In caso di test positivo si analizzeranno familiari, vicini, amici e colleghi, con lo scopo di porre gli affetti da Coronavirus in isolamento fiduciario. Si inizierà dai focolai più importanti, Padova, Treviso e Verona, per poi applicare la stessa modalità anche alle altre province. Nel frattempo, verranno sottoposti a test tutte le categorie di persone più vulnerabili (a partire dai 30 mila ospiti e dagli operatori delle 360 case di riposo venete) o più esposte: il personale sanitario e i lavoratori a rischio (commercio, forze dell’ordine e così via).

«Oggi siamo in grado di analizzare 2.200 tamponi al giorno. Già nei prossimi giorni raddoppieremo grazie all’acquisto di un nuovo macchinario, ma l’obiettivo a regime sarà l’analisi di 20 mila tamponi al giorno», spiega ancora Crisanti. Per raggiungere una tale prestazione verranno coinvolti ben 14 laboratori: oltre a quelli delle aziende ospedaliere di Padova e Verona, sono in prima linea tutti i laboratori dei dipartimenti di prevenzione delle Ulss venete, quello dell’ospedale per le malattie infettive e tropicali Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e quello dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie, per un totale di 714 operatori.

Uno sforzo di organizzazione notevole, che ha nell’Università di Padova un attore fondamentale. «Siamo consapevoli di essere l’istituzione scientifica che più di tutte deve spendersi perché la pandemia del secolo finisca il prima possibile», ha detto il rettore Rosario Rizzuto, che ha poi ripreso le vesti di professore ordinario di Patologia generale per spiegare come l’attenzione oggi sia tutta puntata sulla parte alta della piramide rappresentativa del contagio. Ogni giorno sentiamo numeri di morti, ricoverati e ricoverati in terapia intensiva. Ma la base di questa piramide è composta dai malati asintomatici, di cui in realtà non conosciamo il numero reale. Identificarli porterà nei prossimi giorni a un forte rialzo nel numero di casi da Coronavirus, ma contestualmente stabilizzerà i numeri dei ricoverati – evitando lo shock del sistema sanitario regionale – e quindi anche dei decessi. Ed è anche per questo che l’ateneo patavino sta riconvertendo su questo progetto l’attività di ricerca di tutti i propri laboratori scientifici e ha indirizzato i 400 laureati in medicina in fase di tirocinio abilitante al controllo telefonico dei pazienti positivi e in isolamento.

I Covid hospital sparsi sul territorio servono dunque a salvare quante più vite possibili. Ma «l’epidemia si vince con la disciplina della popolazione e la sorveglianza attiva», chiosa Crisanti. «Da questo punto di vista a livello nazionale abbiamo perso un’opportunità. I dati dei decessi ci dicono infatti che il numero dei casi in Italia è molto maggiore di quello che ci comunica ogni sera la protezione civile. La mortalità veneta al 3 per cento è leggermente superiore a quella cinese, ma si spiega con un’età media più alta. Mentre la percentuale lombarda, al 15-16 per cento a parità di virus non può essere corretta. Questo significa che in Lombardia mancano 250 mila positivi all’appello, 600 mila su scala nazionale».

Il progetto

L’idea è del prof. Vincenzo Baldo, vicedirettore del Dipartimento di igiene pubblica dell’Università di Padova e sta per essere sperimentata in collaborazione con il prof. Federico Rea.

Il progetto prevede la creazione di un’app da inviare negli smartphone dei positivi a Coronavirus che, grazie al lavoro di studenti e specializzandi, alimenta una piattaforma di telecontrollo dei sintomi per studiare il decorso della malattia e acquisire dati fondamentali su come affrontare il virus.

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