Caos valichi, l’agroalimentare paga doppio. Ogni anno passano per l’arco alpino italiano oltre 170 milioni di tonnellate di merci

La situazione che si è determinata lungo pressoché tutto l’arco alpino mette a rischio buona parte delle esportazioni alimentari nazionali

Caos valichi, l’agroalimentare paga doppio. Ogni anno passano per l’arco alpino italiano oltre 170 milioni di tonnellate di merci

L’agroalimentare è stato colpito frontalmente dalla crisi dei valichi alpini. Si tratta di un dato di fatto che deve far pensare; ed è il segnale che, pur tenendo conto delle parziali soluzioni già messe in atto, se ancora ve ne fosse bisogno è più che evidente quanto il sistema agroalimentare non solo sia prezioso ma sempre di più collegato a filo doppio con il resto dell’economia nazionale e internazionale.

Per capire tutto basta un numero. Stando a Coldiretti, “il 63% delle esportazioni agroalimentari italiane interessano i Paesi dell’Unione Europea che vengono raggiunti principalmente attraverso i valichi alpini”. Per capire ancora meglio, basta aggiungere la constatazione che “l’88% delle merci in Italia viaggia su gomma”. Di fatto, tutto ciò che gli europei mettono in tavolo e che arriva dall’Italia: dalla frutta alla verdura, dai formaggi ai prosciutti. Bloccare, oppure anche solo rallentare il flusso continuo di prodotti agroalimentari che ogni giorno passa da qualche valico alpino, significa provocare quasi immediatamente un danno economico rilevante per migliaia di imprese a più livelli della catena agroalimentare del Vecchio Continente. E non solo. Molto correttamente, i coltivatori diretti fanno rilevare anche un’altra circostanza: il rischio di buttar via tonnellate di merce deperibile.

Certo, quanto accaduto ha dello straordinario. Nel giro di breve tempo, per lavori programmati oppure per eventi improvvisi dovuti al maltempo, pressoché in tutti i valichi alpini si è creato più di un problema: le limitazioni nel tunnel del Gottardo, l’interruzione della linea ferroviaria del Frejus, le interruzioni già programmate per lavori sulla linea del Brennero, quelle previste per il Monte Bianco, le difficoltà allo stesso traforo del le Frejus dovute alle condizioni climatiche. Così, in poche ore lungo tutte le direttrici di traffico principali si sono generate lunghe code di Tir e, di conseguenza, il blocco dei rifornimenti.

E non potrebbe che essere altrimenti visto che, come ha fatto rilevare Filiera Italia (che raccoglie di fatto buona parte delle imprese distribuite lungo l’agroalimentare nazionale), da est a ovest, ogni anno, passano per l’arco alpino italiano oltre 170 milioni di tonnellate di merci, il 60% di quanto il Paese importa ed esporta, da e verso il resto del mondo. E non si tratta solo di rischi ed effetti momentanei. Ancora Filiera Italia, infatti, ha sottolineato: “L’avvicendarsi di eventi avversi e di criticità già note pone il rischio concreto di blocchi e colli di bottiglia, con conseguenze dirette sul tessuto economico, in particolare per il comparto record dell’ agroalimentare, che del settore è il capofila dopo aver raggiunto i 60,7 miliardi nel 2022 ed aver registrato un +8% che nei primi cinque mesi di quest’anno”. Detto in altri termini, lo scatenarsi di cause diverse ma concomitanti, potrebbe mandare all’aria anni di lavoro per la crescita economica di uno dei comparti più delicati e strategici della nostra economia.

Se questa è la situazione che si è generata (e che in qualche modo poteva anche essere prevedibile), le possibili soluzioni di porre in atto ci sono, ma non sono certo ad effetto immediato. La parola d’ordine per tutti è solo una: investire.

Investire in infrastrutture più efficienti e diversificate, che non sottopongano il Paese, e l’agroalimentare in questo caso, al rischio di strozzature dei flussi. Detto in altro modo, è necessario alleviare il peso del deficit logistico italiano per la carenza infrastrutturale per il trasporto merci e occorre intervenire per migliorare i collegamenti tra Sud e Nord del Paese e anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Ancora Filiera Italia fa notare che oggi il trasporto pesante italiano in Italia costi la bella cifra di 1,12 euro a km. Davvero troppo.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir