Carceri: in calo gli stranieri, peggiora la vita dentro

La fotografia delle carceri italiane scattata da Antigone conferma che a finire in cella sono prevalentemente detenuti con situazioni economico-culturali difficili. Gli stranieri sono il 33,42% della popolazione reclusa. Nel 30% delle carceri non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i figli

Carceri: in calo gli stranieri, peggiora la vita dentro

Sono sempre meno i detenuti stranieri nelle carceri italiane e, a finire in cella, è prevalentemente chi proviene da situazioni di povertà economica e culturale. Sono alcuni aspetti emersi dal rapporto di Antigone, presentato stamani a Roma, che attraverso una serie di dati stimati al 30 giugno 2019 ha fotografato la situazione nei 190 istituti penitenziari italiani. 

Stranieri in calo, meno 3,68% in dieci anni

Secondo il report, al 30 giugno 2019 i detenuti stranieri sono il 33,42% della popolazione reclusa. Erano il 33,95% sei mesi fa e il 35,19% sei anni fa, al tempo della sentenza di condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani nel caso Torreggiani. Ed erano il 37,10% dieci anni fa. È evidente la sopravvalutazione mediatica del tema. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% degli stessi finiva in carcere, oggi la percentuale è scesa allo 0,36%. Le nazionalità più rappresentate sono rispettivamente quella marocchina (18,7% del totale degli stranieri), rumena e albanese (12,4%), tunisina (10,1%), nigeriana (8%). Un dato molto basso è quello dei siriani (0,3%). Superiore è quella dei polacchi (0,7%), pari a quello dei russi.

Il caso “rumeni”

“Un politico italiano nel 2008 a proposito dei rumeni in Italia disse che non potevamo accoglierli perché l’Italia non è il vespasiano dell’Europa. Sono passati undici anni e il caso rumeno è eclatante”- scrive Antigone nel suo rapporto. Oggi sono 2.509. Erano 3.661 nel 2013. Oggi rappresentano lo 0,21% del totale dei rumeni presenti in Italia (circa 1 milione e 200 mila persone). Sono diminuiti in percentuale di più di un terzo. È questo l’effetto dell’integrazione e delle seconde generazioni.

Stranieri: in Lombardia un sesto del totale

Gli stranieri sono perlopiù ristretti in alcune regioni. Il Lazio ne ospita 2.515, ossia un ottavo del totale; la Lombardia addirittura 3.723, ossia più di un quinto del totale. Un decimo è in Piemonte. La Sardegna è usata quale contenitore di detenuti stranieri, così disancorandoli dai territori di vita precedente. Costituiscono l’80% a Is Arenas e il 78% a Nuoro. L’origine dei detenuti italiani: Quasi la metà da sole quattro regioni. 26.655 detenuti, pari al 44% del totale, provengono per nascita dalle quattro regioni meridionali più popolose: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria.

Custodie cautelari

Il 31,5% delle persone in carcere è in custodia cautelare in quanto ancora senza una condanna definitiva. Il dato è in decrescita rispetto a un anno fa, quando la percentuale della custodia cautelare era al 33,5%. Nonostante ciò, nell’area della Ue solo Belgio e Danimarca hanno percentuali più alte. Va comunque considerato che in Italia, a differenza di altri Paesi, la sentenza di condanna in primo o secondo grado non è esecutiva. Il 15,8% dei detenuti è in carcere in attesa del primo giudizio. Una percentuale comunque molto alta.

Oltre mille gli analfabeti

Come detto, dal report emerge che a finire in cella sono prevalentemente persone con povertà economica e culturale. Se sommiamo gli stranieri e i detenuti provenienti dalle quattro regioni meridionali più popolose siamo al 77% del totale dei detenuti. Se aggiungiamo anche i detenuti provenienti da Sardegna, Basilicata, Abruzzo e Molise si supera l’80%. Tutto il resto del Paese, tendenzialmente più ricco, produce un quinto della popolazione detenuta, pur costituendo circa i due terzi dell’Italia libera. Oltre mille detenuti sono analfabeti, di cui ben 350 italiani. In Italia gli analfabeti sono lo 0,8%. In carcere la percentuale raddoppia. Inoltre ben 6.500 detenuti, più del 10% del totale, hanno solo la licenza elementare. I laureati sono poco più dell’1% (698), mentre nella società libera sono il 18,7%. “Investire sull’educazione e sul welfare – scrive Antigone - costituisce una forma straordinaria di prevenzione criminale. Nei tempi brevi non produce consenso. Nei tempi lunghi produce sicurezza”. Rimanendo sull’identikit dei detenuti, emerge che il 45,2% di essi ha almeno un figlio e sono oltre 61.000 i figli che hanno almeno un genitore in carcere. Nell’aprile del 2018 il Consiglio d’Europa ha pubblicato la Raccomandazione CmRec(2018)5 “concerning children with imprisoned parents”, il primo strumento normativo internazionale specifico sui diritti dei figli di detenuti, che purtroppo non è stato ripreso in alcun punto della recente riforma dell’ordinamento penitenziario italiano. Sono 27.355 i detenuti nelle carceri italiane interessati dalla paternità o dalla maternità, il 45,2% del totale. Di questi, 3.785 hanno più di quattro figli e 9.349 ne hanno più di tre. Se guardiamo invece ai soli detenuti stranieri, la percentuale di coloro che hanno figli scende drasticamente al 29,6%. Alla metà del 2019, erano 54 (26 stranieri e 28 italiani) i bambini presenti nelle carceri italiane insieme alle loro madri detenute, di cui 35 erano alloggiati negli Istituti a Custodia Attenuata per Madri (Icam).

Peggiora la vita dentro

La vita in carcere è fatta di momenti di socialità, di occasioni di dialogo e di crescita culturale, di rapporti con i familiari e con l’esterno. Nel 30% delle carceri visitate non risultano spazi verdi dove incontrare i propri cari e i propri figli. Solo nell’1,8% delle carceri vi sono lavorazioni alle dipendenze di soggetti privati. Nel 65,6% delle carceri non è possibile avere contatti con i familiari via skype, nonostante la stessa amministrazione e la legge lo prevedano. Nell’81,3% delle carceri non è mai possibile collegarsi a internet. La vita peggiora anche perché alcune recenti Circolari hanno previsto dei cambiamenti in peggio poco giustificabili soprattutto nella stagione estiva, quale ad esempio l’obbligo di tenere spenta la televisione dopo la mezzanotte. Non permettere ai detenuti di guardare la tv quando fa caldo, si fatica a prendere sonno e durante il giorno si è sempre stati nella cella a oziare significa contribuire a innervosire il clima generale.

Suicidi

Infine, secondo il rapporto di Antigone, in alcune carceri si muore troppo. Ben sei i morti nel carcere napoletano di Poggioreale dall’inizio dell’anno, di cui quattro nell’ultimo mese. E poi due a Taranto, Genova Marassi e Milano San Vittore.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)