Cereali: prezzi sempre più bassi. Le forti importazioni dall’estero deprimono le semine e accrescono le crisi delle imprese

I prezzi bassi determineranno una diminuzione delle semine e quindi una successiva contrazione dei raccolti facendo ancora più spazio per le importazioni

Cereali: prezzi sempre più bassi. Le forti importazioni dall’estero deprimono le semine e accrescono le crisi delle imprese

Tornano le tensioni sui mercati dei cereali. Ancora una volta, è questione di gioco tra domanda e offerta, anzi, meglio, tra importazioni da una parte e produzione interna dall’altra. In mezzo, come sempre, sono gli anelli deboli della catena alimentare: gli agricoltori e, per certi versi, i consumatori finali. Tutto mentre i mugnai assicurano sulla sicurezza del grano in arrivo dall’estero.
A lanciare l’allarme in questi giorni sono state le organizzazioni agricole. Confagricoltura non solo lancia l’allarme sul crollo dei prezzi all’origine dei cereali dovuto proprio all’arrivo di ingenti quantità di grano dall’estero, ma precisa: “Senza un’inversione di tendenza, la prossima disponibilità dei nuovi raccolti può avere effetti devastanti sulla continuità produttiva delle imprese. La contrazione delle produzioni è da mettere in relazione con l’eccezionale aumento delle importazioni da paesi terzi che non sono tra i tradizionali fornitori del mercato italiano”. Detto in altri termini, i prezzi bassi determineranno una diminuzione delle semine e quindi una successiva contrazione dei raccolti facendo ancora più spazio per le importazioni. Ad avvalorare tutto, Confagricoltura pone alcuni numeri che individuano anche le aree di origine del grano in arrivo in Italia. I dati Istat relativi al periodo gennaio – novembre dello scorso anno, viene spiegato in una nota, certificano “che le importazioni di grano duro dalla Federazione Russa sono ammontate a circa 400mila tonnellate. Nello stesso periodo del 2022, si attestavano appena a 32mila tonnellate. L’aumento, quindi, è di oltre il 1.100 per cento. Allo stesso tempo, il grano duro in arrivo dalla Turchia è arrivato ad incidere per poco meno del 40% sul totale delle importazioni italiane. Per quanto riguarda poi il grano tenero, continuano a salire le esportazioni di grano tenero dell’Ucraina verso la Ue. Stando ai dati della Commissione europea, da gennaio a ottobre 2023 l’aumento è stato del 40% sullo stesso periodo dell’anno precedente”.
Coldiretti, dal canto suo, parla di minacce e attacchi al buon cibo italiano e aggiunge: “Il prodotto simbolo di questa invasione è senza dubbio il grano. In Italia nel 2023 sono più che raddoppiate per un totale di ben oltre il miliardo di chili le importazioni di cereale dal Canada”.
Mercati invasi dal grano in arrivo dall’estero, dunque. Tanto che alcuni Paesi hanno già deciso misure drastiche. Ancora Confagricoltura fa notare che, per esempio, la Lituania ha deciso il blocco delle importazioni agroalimentari dalla Federazione Russa, mentre la Polonia ha annunciato che chiederà nei prossimi giorni alle istituzioni di Bruxelles di assumere sanzioni europee nei confronti dei prodotti agroalimentari russi e bielorussi.
Si alzano così nuove barriere commerciali, ma si chiede anche trasparenza. Cia-Agricoltori Italiani ricorda tra l’altro quella che definisce “inconcepibile” mancata istituzione del registro telematico sulle giacenze dei cereali “importante in termini di maggiore trasparenza e la cui entrata in vigore viene continuamente rinviata”. E la stessa organizzazione agricola aggiunge: “Si attende anche da tempo uno strumento che certifichi i costi di produzione per definire, in modo chiaro, anche i termini di contrattazione”. Sempre Cia, poi, fornisce un quadro statistico ulteriore. L’Italia – precisa – “importa il 40% del fabbisogno di grano duro, il 65% di tenero e il 55% del mais. Eppure, nonostante la carenza di prodotto nazionale e la continua richiesta da parte dei consumatori di prodotti 100% italiani, le quotazioni dei maggiori cereali sono sempre più mortificanti per gli agricoltori”. Che, detto in numeri, significa, considerando le ultime quotazioni sul grano duro pari a circa 34 euro al quintale e le rese degli agricoltori di circa 30 quintali a ettaro, “una produzione lorda vendibile di 1.100 euro a ettaro, ma con costi di produzione di gran lunga superiori ai 1.400 euro a ettaro”. E’ da tutto questo che le nuove semine indicano una forte diminuzione degli ettari (circa 130mila solo per il grano duro).
Sempre di più, quindi, pasta e pane italiani saranno prodotti con grani stranieri. Che, occorre sottolinearlo, non per forza devono essere dannosi. “I controlli ufficiali attestano e confermano l’assoluta salubrità del grano duro di importazione e la sua piena rispondenza alle normative comunitarie in materia igienico-sanitaria”, ha fatto sapere l’Italmopa l’Associazione Industriali Mugnai d’Italia, in base ai risultati del primo report della Cabina di Regia interforze sui controlli agroalimentari coordinato dal ministero dell’agricoltura. Sempre Italmopa ha quindi commentato come proprio i risultati dei controlli siano una sicurezza per l’industria così come per i consumatori. Rimane comunque il dato di fondo: in Italia (e non solo) i cereali valgono sempre meno.

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Fonte: Sir