Coronavirus e Industria. "Lo Stato sblocchi gli investimenti Ripartiamo dalle competenze"

Assindustria Centroveneto. Il presidente vicario Finco: inaccettabile la gestione dell'ultimo provvedimento del governo. Occorre più attenzione al versante economico dell'emergenza

Coronavirus e Industria. "Lo Stato sblocchi gli investimenti Ripartiamo dalle competenze"

Alcune filiere bloccate, la preoccupazione di imprenditori e lavoratori. Massimo Finco, presidente vicario di Assindustria Venetocentro,  seconda associazione del sistema Confindustria in Italia (dopo Assolombarda) analizza la delicata situazione per l'economia italiana.

Presidente Finco, qual è il clima che avverte tra gli imprenditori associati, chi sta soffrendo di più e su chi concentrare gli aiuti?
«C’è preoccupazione e molta rabbia, è inaccettabile l’incertezza che c’è stata già da un mese a questa parte su quello che si doveva dire e fare, sui comportamenti di 60 milioni di italiani e l’irresponsabilità di tanti. Il 22 febbraio, in piena crisi virale, è stato lanciato lo slogan “L’Italianonsiferma”, il Paese non si è fermato e siamo giunti a questo punto. Più di 80 mila denunciati in dieci giorni, parchi pieni e tabaccai aperti per lotto e Gratta e Vinci! Sa com’è la quarantena in Cina? Chiusi in casa 14 giorni, telecamera puntata sulla porta. E se la violi, dritto in carcere. Il fermo avrebbe dovuto essere netto e chiaro e forse oggi non saremmo a bloccare 6 milioni di persone che lavorano nell’industria, che è l’asse portante della ricchezza e dell’occupazione del Paese. Turismo, trasporti, commercio, edilizia stanno già subendo danni enormi, la meccanica e le filiere della manifattura, che va nel mondo. Non solo si stanno azzerando fatturati e ordini, rischiamo di perdere anche interi segmenti di mercato internazionale. Andiamo verso un’economia di guerra. Ma una certezza almeno ce l’abbiamo».

Quale, presidente?
«È la forza morale, la coesione e il senso di comunità che stanno trovando nuova forza in questi giorni difficili e possono rappresentare un patrimonio importante nel momento in cui, sconfitto il virus, si dovrà ripartire e ricostruire. È la forte responsabilità degli imprenditori, prima di tutto verso le persone, i nostri lavoratori, le famiglie, la loro sicurezza e la salute, la difesa del lavoro. Dove non ci sono le condizioni sanitarie siamo i primi a dire che non si deve lavorare e per questo sosteniamo la campagna per trovare i positivi asintomatici. Ma la stragrande maggioranza delle imprese si era già messa in condizione di rispettare il pacchetto di misure molto rigorose a tutela dei lavoratori e anche ulteriori norme più severe per dare continuità alle attività. La nostra proposta era chiudere quelle incapaci di garantire la sicurezza, lasciare aperte le altre. Invece si è agito in ritardo, generando confusione. Attenzione, però: senza la ricchezza prodotta dalle imprese come farà l’amministrazione pubblica a fronteggiare la spesa straordinaria dettata dall’emergenza? Vanno difese le nostre imprese perché sono un sistema di tenuta sociale oltre che economica».

Qual è la valutazione su quanto finora fatto dal Governo? Il premier Conte assicura nuove misure, che cosa non può assolutamente mancare?
«È stato inaccettabile il modo in cui si è gestito un provvedimento che ha messo sulla brace centinaia di migliaia di imprese e milioni di lavoratori in Italia, che domenica sera non sapevano ancora cosa fare la mattina dopo. Le persone e la salute vengono prima di tutto. Ma serve chiarezza, decreti scritti prima degli annunci, condivisione preventiva e tempi tecnici. La gravità della crisi sanitaria è prioritaria ma quella economica va presidiata con altrettanta urgenza e avrebbe richiesto ben altre munizioni del "Cura Italia". Se non ci sarà un deciso cambio di passo, rischiamo danni permanenti e irreversibili. Serve un piano all’altezza della situazione che ponga già ora le basi per la ricostruzione. Vanno usate tutte le risorse necessarie per dare liquidità alle imprese, estendere gli ammortizzatori sociali, sospendere o azzerare scadenze fiscali e contributive. E, come anche Confindustria ha proposto, un piano shock di investimenti pubblici che metta in gioco risorse rilevanti. Ma serve rapidità, semplificazione e un taglio drastico della burocrazia».

Passata la pandemia nulla sarà come prima

C’è l’occasione di mettere mano alla struttura del Sistema paese per migliorarla.
«In tre settimane abbiamo capito più che in dieci anni. La violenza di una crisi così forte ci sta facendo cambiare il modo di vivere, di lavorare, di vedere il futuro. Il mondo è globale, come il virus fa il giro del mondo e non trova ostacoli, così dobbiamo convivere in un mondo senza barriere. È una rivoluzione e l’impresa è chiamata a un rinnovamento culturale profondo. Anche la politica, la società. Dovremo lavorare duramente per recuperare il danno economico e la credibilità internazionale. Ma anche rimettere le priorità al proprio posto: un nuovo progetto per il Paese fatto da chi ha le competenze, investendo nei servizi sanitari, nella ricerca e nell’università e tutelando il lavoro passando dalla difesa delle imprese. Facciamolo ora prima che sia troppo tardi».

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