Coronavirus, “ecco come mi sfruttavano nel magazzino di un grande supermercato”

Parla Marco (il nome è di fantasia), che fino a pochi giorni fa lavorava in una grande catena di supermercati a Firenze, preparando i sacchetti per la spesa a domicilio: “Con il coronavirus gli ordini sono raddoppiati. I turni venivano cambiati all’ultimo momento e io lavoravo anche 13 ore consecutive, con solo 15 minuti di pausa: così ho scelto di non rinnovare il contratto”

Coronavirus, “ecco come mi sfruttavano nel magazzino di un grande supermercato”

FIRENZE – “I turni erano sfiancanti: io ho lavorato anche 13 ore consecutive, con solo 15 minuti di pausa. C’era anche chi saltava il pranzo per cercare di uscire un po’ prima. Quando finivo ero distrutto: avevo solo il tempo di mangiare e andare a dormire, ma non riposavo mai abbastanza. Ero sempre stanco e stavo perdendo peso, e così alla fine ho deciso di non firmare il rinnovo del contratto”. A parlare è Marco, 25 anni, che fino a pochi giorni fa lavorava in una grande catena di supermercati a Firenze, occupandosi di preparare i sacchetti per la spesa a domicilio. Il nome è di fantasia, perché Marco oggi sta cercando un altro impiego e ha paura che, scrivendo il suo vero nome, avrebbe problemi nella ricerca di un nuovo lavoro.

Con l’arrivo dell’epidemia di coronavirus, i supermercati presi d’assalto e il boom della spesa online, nel magazzino dov’era impiegato i ritmi erano diventati insostenibili: “I turni di lavoro venivano cambiati all’ultimo momento – racconta –. Ti arrivava un messaggio la sera prima, in cui il responsabile ti chiedeva di entrare prima il giorno successivo, spesso con la promessa di uscire presto. Ma non era mai così. E i nuovi arrivati come me, che non avevano il contratto a tempo indeterminato, si sentivano costretti ad accettare. Così entravi e non avevi neanche il tempo di salutare, ti mettevi subito a testa bassa a lavorare: c’era poi chi faceva doppio turno e lavorava da mezzanotte fino alle 4 di pomeriggio senza fermarsi. E per i nuovi, che non avevano il badge, era il responsabile a segnare l’orario di entrata e di uscita, non calcolando sempre tutto il tempo lavorato”.

Anche i sindacati, in queste ore, denunciano le condizioni di lavoro dei dipendenti delle realtà che, secondo il dpcm 11 marzo 2020, possono restare aperte: moltissimi punti vendita non sono stati dotati – o lo sono stati in maniera non sufficiente – dei dispositivi per la protezione individuale. C’è chi non rispetta il metro di sicurezza, chi non ha guanti né mascherine.

Marco racconta poi che il suo gruppo di lavoro in magazzino era sotto organico e questo aveva acuito i problemi: “Molti erano in ferie e nella squadra, anziché 46 persone, ce n’erano solo una quarantina – spiega –. Spesso ci chiedevano di svolgere mansioni diverse dalla nostra: una volta finito il nostro lavoro dovevamo anche pulire i bagni, togliere i cartoni buttati a terra in magazzino e riempire gli scaffali del supermercato. A volte ci mandavano a lavorare nella stanza dove vengono conservate e catalogate tutte le buste della spesa prima di essere spedite, senza riscaldamento: in tempi normali, lì c’è una squadra apposita di magazzinieri muniti di appositi giubbotti, ma in mancanza di personale mandavano noi. Faceva molto freddo e ci lasciavano lì anche un’ora, in felpa, senza l’attrezzatura adeguata. In un momento come questo, è sicuramente importante che la gente abbia la possibilità di farsi portare la spesa direttamente a casa, ma non è giusto che per dare loro questa opportunità ci siano persone che lavorano in queste condizioni”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)