Coronavirus, in Grecia due campi profughi in quarantena

Sono quelli di Malakasa e Ritsona, a 40 e 70 chilometri da Atene, e sis teme che la pandemia raggiunga altri centri d’accoglienza. L'appello:  "Via subito dalle strutture delle isole greche le categorie più vulnerabili"

Coronavirus, in Grecia due campi profughi in quarantena

Dall’inizio di questo mese in Grecia sono in quarantena due campi profughi, quelli di Malakasa e Ritsona, a 40 e 70 chilometri da Atene. Un fatto che fa temere che il coronavirus raggiunga presto anche altri centri d’accoglienza. Una paura, questa, che aveva portato il governo di Mitsotakis a sospendere le domande d’asilo (il provvedimento non è più in vigore dal 1° aprile). La decisione era stata criticata dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che aveva dichiarato che Atene “non può sospendere il diritto riconosciuto a livello internazionale di chiedere asilo e il principio di non respingimento che sono enfatizzati anche dal diritto dell'Ue”.

La situazione. La diffusione del virus finora non ha colpito la Grecia quanto altri Paesi europei: si registrano poco più di 2.000 casi e 93 vittime (fonte: Oms). Ma si guarda con grande attenzione a quel che accade nei centri d’accoglienza: a metà marzo il primo positivo sull’isola di Lesbo e, due settimane più tardi, l’arrivo sulla terraferma.

A Ritsona, dove i contagiati sono ventitré, è chiuso tutto dal 2 aprile. Questo significa “guardie private all’interno e polizia all’esterno, 24 ore su 24 e sette giorni su sette”, dice Valentina Giudizio, responsabile di Lighthouse Relief, una ong che è stata costretta a interrompere il supporto psicologico che garantiva sul posto. In questo momento, prosegue Giudizio, i positivi “potrebbero essere molti di più, visto che i tamponi non sono stati fatti a tappeto, ma solo a chi è entrato in contatto con la persona contagiata. Chiusi dentro le loro abitazioni allestite nei container, le persone difficilmente riescono a rispettare il distanziamento sociale. E per quelli che hanno la cucina in comune, il rischio è ovviamente maggiore”.

Sulle isole. Se il virus dovesse raggiungere il campo di Moria, a Lesbo, la situazione diventerebbe subito molto complicata da gestire. Qui, infatti, ci sono 20 mila persone in uno spazio progettato per non più di 5 mila. E le condizioni igieniche sono pessime: un bagno ogni 160 persone, una doccia ogni 500, una fonte d’acqua ogni 325. La coordinatrice medica di Msf, Hilde Vochten, denuncia che “le famiglie di cinque o sei persone devono dormire in spazi non superiori a 3 metri quadrati. Ciò significa che le misure minime di contenimento, come il lavaggio frequente delle mani e il distanziamento sociale per prevenirne la diffusione del virus sono semplicemente impossibili”. 

Evacuare al più presto. L’Unhcr continua da tempo a sostenere l’ipotesi dell’evacuazione. Come conferma a Osservatorio Diritti la portavoce locale, Styliani Nanou: “Bisogna portare via subito dalle strutture delle isole greche almeno le categorie più vulnerabili, anziani e adulti con patologie pregresse”. E Nanou ritiene sia necessario coinvolgere anche altri Stati: “Accogliamo con favore i progressi compiuti da Grecia, Germania e Lussemburgo nel ricollocamento di alcuni minori non accompagnati, ma incoraggiamo vivamente anche gli altri paesi dell'Unione a fare lo stesso”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)