Coronavirus, “la discriminazione preoccupa più dell'epidemia"

Lin (nome di fantasia), 25 anni, è da poco tornata in Cina dall’Inghilterra e oggi vive coi suoi genitori in isolamento a Zhongxiang, a due ore di macchina da Wuhan. “Non possiamo uscire di casa, la strada è bloccata. Quello che mi turba davvero non è l’epidemia ma la sua strumentalizzazione: sta emergendo un nuovo razzismo e all’estero le discriminazioni stanno aumentando”

Coronavirus, “la discriminazione preoccupa più dell'epidemia"

Vivo con i miei genitori a Zhongxiang, a sole due ore di macchina da Wuhan, l’epicentro del coronavirus. Stiamo quasi sempre in casa, non possiamo uscire dall’edificio perché due persone che abitano qui sono state infettate e la strada è bloccata. Ogni giorno ci portano qualcosa da mangiare: frutta, verdura o generi di prima necessità. Chi vive in un’area dove nessuno ha contratto il virus invece è libero di uscire di casa, ma non può comunque lasciare la città”.

Lin (il nome è di fantasia) ha 25 anni e da poco si è laureata all’Università di Leeds, in Inghilterra. È tornata in Cina per festeggiare il Capodanno cinese con la sua famiglia, ma come tanti si è trovata nel bel mezzo dell’epidemia. “Quest’anno è tutto diverso, il Capodanno non sembra affatto una festa: non possiamo riunirci con i nonni, gli zii, i cugini, stiamo chiusi in casa nostra tutto il tempo – racconta Lin –. All’inizio non è stato facile accettare l’isolamento, ma ora mi sto abituando: passo la giornata a studiare o a cercare lavoro. Mia mamma è da poco stata dimessa dall’ospedale: un suo collega era stato contagiato e dovevano farle dei controlli. Dicono che l’ospedale sia pieno di gente, il lavoro è tantissimo”.

Nel frattempo il numero di vittime è salito a 361, superando le 349 della Sars, mentre in Italia è appena atterrato il primo volo di rimpatrio degli italiani ancora bloccati in Cina, messo a diposizione del ministero della Difesa. “Quello che mi turba davvero, ancora più che l’epidemia, è la strumentalizzazione che se n’è fatta attraverso i media e i social network – spiega Lin –. L’allarme è assolutamente sovradimensionato, non riflette la situazione reale e comunque non offre un aiuto costruttivo”.

Secondo Lin, questo disastro sta venendo utilizzato per rafforzare diversi poteri e interessi: “Alcune parti politiche sfruttano l’emergenza per ottenere vantaggi, mentre i media dipingono la Cina e il suo popolo come una nazione esotica e primitiva, dove la gente mangia animali strani e finisce per ammalarsi. La verità è che i nuovi razzisti stanno utilizzando il Coronavirus come scusa per discriminare i cinesi che vivono all’estero. E ora è arrivato anche l’intervento dell’Organizzazione mondiale della sanità, che mi dà speranza e allo stesso tempo mi preoccupa: se da un lato arriveranno più mezzi e attrezzature, dall’altro penso che, se il virus non verrà sconfitto entro 3 mesi, la Cina verrà vista come un paese infetto. E questo creerebbe un danno infinitamente grande”.

Alice Facchini

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)