Da Ventimiglia alla rotta balcanica riprendono i respingimenti ai confini di terra

Riammissioni illegittime, violenze, violazioni dei diritti. A Trieste le persone che riescono ad arrivare vengono rimandate indietro sulla base di un accordo del 1996. Al confine francese neanche ai minori è concesso di chiedere asilo

Da Ventimiglia alla rotta balcanica riprendono i respingimenti ai confini di terra

Le piaghe ai piedi, le scarpe distrutte, i volti stremati. Arrivano così, dopo giorni di cammino sulla rotta balcanica i migranti a Trieste. Qui Lorena Fornasir e gli altri volontari dell'associazione Linea d’ombra li accolgono in stazione: curano le ferite, forniscono gel e mascherine, gli danno da mangiare. Nei mesi di pandemia il flusso non si è mai interrotto: da Bihac, in Bosnia, attraversano il confine con la Croazia per poi arrivare in Slovenia e in Italia. E da qui, dopo qualche giorno di riposo, in molti tentano di continuare il viaggio verso altri paesi europei.

Quando arrivano sono il fantasma di se stessi - racconta Lorena Fornasir - vediamo tante ferite sui loro corpi, spesso sono in condizioni terribili, esausti. Non mangiano da giorni, patiti di fame e di sete, perché hanno bevuto acqua solo da pozzanghere a terra. Oggi  la terra di confine è sempre più pericolosa. A Trieste vediamo quelli che riescono ad arrivare, poi ci sono quelli che la polizia rintraccia e che vengono rimandati indietro, per una politica di deportazioni spietata”. Alcuni dei ragazzi assistiti dall’associazione sono stati anche portati in questura per il fotosegnalamento, senza però che fosse loro permesso di fare richiesta d’asilo. Al contrario, alcuni sono stati fatti salire sui cellulari della polizia e rispediti indietro, prima in Slovenia, poi in Croazia e infine in Bosnia o in Serbia, proprio dove era iniziato il viaggio.  “E’ un fatto gravissimo, sono atti illegittimi - continua Fornasir -. Dicono che essendo già passati in un paese europeo devono essere rimandati indietro, proprio come fa la Francia con l’Italia nel confine opposto. Si riparano dietro questa cornice. Intanto dalle testimonianze che abbiamo raccolto la polizia croata sta assumendo metodi sempre più cruenti, li massacrano letteralmente di botte”. Gli arrivi, seppur con numeri intermittenti sono continuati anche durante il periodo del lockdown. L’associazione oltre alla normale attività ha aggiunto la distribuzione di mascherine e gel igienizzanti: “per fortuna non è mancata la solidarietà. Ci sono arrivate tante donazioni dai privati, una ragazza ha inviato 700 mascherine, altri ci hanno permesso di comprare cibo e di continuare a sostenere i volontari che operano a Bihac, Velika Kladusa e altri siti in Bosnia”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)