Donne in agricoltura, prima di tutto imprenditrici. La presenza femminile nelle imprese agricole cresce e si consolida, ma è necessario fare attenzione agli stereotipi

Il vero motore delle donne in agricoltura sono le attività sociali, dalla fattoria didattica agli “agriasili”, ma anche importanti attività per l’inserimento nel mondo del lavoro delle donne meno fortunate

Donne in agricoltura, prima di tutto imprenditrici. La presenza femminile nelle imprese agricole cresce e si consolida, ma è necessario fare attenz...

Efficienti, tecnologicamente avanzate, più attente all’ambiente e all’innovazione e molto altro ancora. Si tratta delle imprese agricole gestite da imprenditrici che, al pari di quelle in cui un giovane è alla guida (e spesso le due condizioni coincidono), rappresentano molto spesso le punte di diamante del comparto. Questione di entusiasmo femminile, direbbero alcuni, piuttosto, però, dalla loro queste imprese hanno molto spesso un livello tecnologico e imprenditoriale di fatto più alto della media.

A fare i conti sulla situazione dell’imprenditoria femminile in agricoltura, ci ha pensato la Coldiretti in occasione dell’Assemblea 2023 di Coldiretti Donne Impresa che, tra l’altro, ha eletto anche la nuova presidente. I numeri indicano quindi una forte presenza di aziende “al femminile” in agricoltura: una su quattro, il 22% circa del totale. La maggioranza delle imprese femminili – stima la Coldiretti – opera nel commercio con 340mila unità (il 25%), mentre al secondo posto c’è l’agricoltura, con un esercito di 203mila contadine (il 15% del totale) e al terzo i servizi di alloggio e ristorazione (134mila, pari al 10%). Pressoché uniforme la distribuzione su tutto il territorio con il maggior numero di imprese femminili in assoluto presente in Sicilia (oltre 25mila), anche se in buona posizione sono pure Puglia e Campania, che vantano rispettivamente più di 23mila e più di 21mila aziende rosa.

Al di là dei numeri, ciò che più conta è tuttavia il livello dei risultati ottenuti. Le imprese in cui l’imprenditore è donna, spaziano un po’ in tutti i settori agricoli: dall’allevamento alla coltivazione, dal florovivaismo all’agriturismo, dalla trasformazione dei prodotti alla vendita diretta. Ma – viene fatto notare dall’organizzazione agricola -, il vero motore delle donne in agricoltura sono le attività sociali, dalla fattoria didattica agli “agriasili”, ma anche importanti attività per l’inserimento nel mondo del lavoro delle donne meno fortunate, spesso vittime di violenze e soprusi.

Interessante pure la fotografia dell’imprenditrice agricola “media”: giovane, ad alta professionalità (il 25% ha una laurea), con una storia lavorativa non sempre tutta nello stesso settore. Oltre il 50% delle donne in campagna svolge più di una attività connessa alla produzione primaria, soprattutto vendita diretta, agriturismo e trasformazione di prodotti agricoli. Ben il 60% delle donne nelle loro aziende ha poi scelto di dedicare parte della produzione dal biologico al biodinamico e di operare per una filiera di qualità attenta alla sostenibilità, alla tutela della biodiversità e delle risorse naturali, del paesaggio e del benessere animale. “Le donne – precisa poi Coldiretti -, creano legami forti con il territorio e sono un vero e proprio presidio per la sopravvivenza e la valorizzazione delle aree rurali”.

L’imprenditoria agricola e agroalimentare è, in altre parole, spesso sinonimo di modernità ed efficienza. I numeri tuttavia non devono nascondere una considerazione di fondo: essere imprenditrici è ancora un traguardo complesso, in agricoltura può esserlo ancora di più. Forte, inoltre, è il rischio di attribuire al solo essere donna particolari qualità e risultati che hanno invece origine nella preparazione tecnica, nella determinazione e nella volontà di riuscire. Per questo, con ragione, Mariafrancesca Serra – la nuova Responsabile Donne Coldiretti -, ha tenuto a sottolineare che “in un settore spesso considerato prerogativa maschile è fondamentale sottolineare come le imprese agricole a conduzione femminile siano le più innovative e resilienti, capaci di scommettere su difficili sfide imprenditoriali per poi, non solo vincerle, ma dimostrare e soprattutto di possedere grandi capacità gestionali, poi naturalmente occorre una buona formazione per puntare sempre più in alto”. In altri termini, non è sufficiente essere “brave contadine” oppure andare dietro agli stereotipi della ruralità femminile per riuscire a gestire un’impresa agricola che è pur sempre impresa e che deve pur sempre chiudere bene i bilanci.

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Fonte: Sir