Elezioni: nel 2024 saranno 76 gli Stati in cui i cittadini saranno chiamati alle urne. In Italia si vota il 9 giugno

Nel 2024 si calcola che saranno 76 gli Stati in cui i cittadini saranno chiamati alle urne, anche in contesti poco o nulla democratici. La democrazia, infatti, è molto più di un seggio aperto. È anche vero però che senza elezioni non c’è democrazia. “Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà”: sono parole del Presidente della Repubblica che nel discorso di fine anno ha proposto un appassionato appello alla “partecipazione attiva alla vita civile”.

Elezioni: nel 2024 saranno 76 gli Stati in cui i cittadini saranno chiamati alle urne. In Italia si vota il 9 giugno

Nel 2024 si calcola che saranno 76 gli Stati in cui i cittadini saranno chiamati alle urne, anche in contesti poco o nulla democratici. La democrazia, infatti, è molto più di un seggio aperto. È anche vero però che senza elezioni non c’è democrazia. “Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà”: sono parole del Presidente della Repubblica che nel discorso di fine anno ha proposto un appassionato appello alla “partecipazione attiva alla vita civile”.
Nel nostro Paese l’appuntamento con le urne coinvolge tutti i cittadini, che il prossimo 9 giugno potranno partecipare al rinnovo del Parlamento europeo eleggendone 76 membri. Ma si voterà anche per cinque presidenti di Regione e per i sindaci di circa 3700 Comuni. La scadenza più ravvicinata riguarda la Sardegna, dove per il “governatore” si voterà il 25 febbraio. Il 10 marzo sarà la volta dell’Abruzzo, mentre non c’è ancora una data ufficiale per Basilicata (probabilmente in primavera), per il Piemonte (si parla di giugno in abbinamento alle europee) e per l’Umbria (si dovrebbe arrivare a ottobre). Le elezioni comunali si terranno tra 15 aprile e 15 giugno. L’elenco dei centri interessati non è ancora definitivo ma è già noto che sono 27 i Comuni capoluogo di Provincia che eleggeranno il loro sindaco: Ascoli Piceno, Avellino, Bari, Bergamo, Biella, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Cremona, Ferrara, Firenze, Forlì, Lecce, Livorno, Modena, Pavia, Perugia, Pesaro, Pescara, Potenza, Prato, Reggio Emilia, Rovigo, Sassari, Verbania, Vercelli e Vibo Valentia. Di questi, 6 sono anche capoluogo di Regione (Bari, Cagliari, Campobasso, Firenze, Perugia e Potenza) e 13 superano i centomila abitanti.
Si voterà con sistemi elettorali diversi in ognuno dei livelli istituzionali coinvolti. Per il Parlamento europeo è stato adottato a livello comunitario un modello generale di tipo proporzionale. In Italia, poi, è prevista una clausola di sbarramento del 4% ed è consentito il voto di preferenza. Con il proporzionale ogni partito corre per sé e questo spiega la competizione in atto anche all’interno delle coalizioni, mentre in Regioni e Comuni il sistema maggioritario spinge a fare alleanze. Ogni Regione, peraltro, ha un proprio sistema elettorale, ma tutte quelle che andranno alle urne quest’anno condividono l’elezione diretta del Presidente in un unico turno di voto. Nei Comuni, invece, le norme elettorali contenute nel Testo unico degli enti locali stabiliscono che se nessun candidato sindaco ottiene la maggioranza assoluta al primo turno, si debba ricorrere al ballottaggio tra i due più votati, fatta eccezione per i centri con meno di 15mila abitanti in cui vige il maggioritario secco.

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Fonte: Sir