Emergenza Afghanistan, "bambini a rischio fame e violenze”

L'Unicef: “Migliaia di famiglie sfollate in Afghanistan, altissimo rischio anche di separazioni". Save the Children: "Popolazione senza cibo e acqua, vicina un'epidemia". Emergency: "Il nostro ospedale è al completo”

Emergenza Afghanistan, "bambini a rischio fame e violenze”

Il rapido avanzare dei talebani, la fuga del presidente, l'evacuazione degli occidentali, la resa di Kabul. Ore drammatiche in Afghanistan, con la popolazione civile in fuga dalla città e protagonista di drammatiche scene di disperazione all'aeroporto, in coincidenza con la partenza dei velivoli militari stranieri. La sorte di migliaia di persone è in bilico, con grande preoccupazione per le donne, per i bambini, per i cristiani. 
Unicef e Save the Children provano a gettare luce sulla condizione di bambini e bambine. "Dall'inizio dell'anno - spiega il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini - più di 552 bambini sono stati uccisi e oltre 1.400 sono rimasti feriti. Metà della popolazione, più di 18 milioni di persone, tra cui quasi 10 milioni di bambini, ha bisogno di assistenza umanitaria urgente". "Gli sfollati interni sono più di 390.000 (più della metà bambini e bambine), oltre 12 milioni di persone si trovano a livelli di emergenza o in situazioni gravi di insicurezza alimentare e a tutto ciò occorre aggiungere che quasi 4 milioni di bambini non vanno a scuola, la metà sono bambine. I nostri uffici ci segnalano inoltre quest'anno quasi 3000 gravi episodi di violenza contro i bambini e le bambine (2020 contro i bambini, oltre 800 contro le bambine)". 
"L'Afghanistan insomma - riassume Iacomini - è, da molti anni, uno dei peggiori posti al mondo in cui essere un bambino o una bambina. Nelle ultime settimane, come Unicef siamo sempre più preoccupati per l'aumento di gravi violazioni, in particolare il reclutamento di bambini e bambine da parte di gruppi armati. Nonostante l'escalation della crisi, il lavoro dell'Unicef per i bambini e le famiglie in tutto il paese continua. Siamo presenti in ogni regione del paese. Siamo in Afghanistan da 65 anni con 11 uffici sparsi su tutta la regione  e lavoriamo assiduamente nei campi di Kabul e Kandahar con il nostro personale umanitario”. 
Già nelle scorse ore l'Unicef invitava a non perdere di vista il dramma di migliaia di famiglie sfollate in Afghanistan, parlando di un gran numero di famiglie sfollate, con un numero non confermato stimato tra le 300 mila e le 400 mila unità. "Come Unicef - affermava Iacomini - siamo presenti sul territorio afghano nei campi di Sarai Shamalee a #Kabul e di Haji a #Kandahar per dare sostegno alle famiglie che hanno lasciato le proprie case in fuga dalle violenze. In questi luoghi malgrado il grande impegno degli operatori umanitari manca tutto, cibo, acqua, elettricità e medicine. Siamo di fronte, lo ripeterò fino allo sfinimento, ad una catastrofe umanitaria” concludeva Iacomini, secondo il quale "occorre fare presto per proteggere le tante bambine e i tanti bambini sfollati con le loro famiglie. Inoltre in questo grande caos è altissimo il rischio che i più piccoli vengano separati dalle famiglie stesse risultando facili prede di violenze di ogni genere come spesso accade nelle zone di conflitto. Confidiamo nell’ impegno di tutti, a partire dal nostro Governo che sappiamo sensibile su questi temi”.
Nei giorni scorsi, poco prima della caduta di Kabul, quando già l'avanzata dei talebani pareva destinata ad un rapido successo, Save the Children, con le parole del direttore in Afghanistan, Christopher Nyamandi, aveva stimato che fossero già giunti nella capitale afgana oltre 70 mila bambini in pochi giorni. E denunciava che il "loro numero aumenta di ora in ora". Particolare preoccupazione, in un contesto di caos e incertezza, destava il fatto che i minori vivessero "in molti casi per strada, in tende di tela cerata, soffrendo la fame". Su circa 630 famiglie arrivate a Kabul negli ultimi giorni e contattate da Save the Children, più della metà (324) aveva detto di avere poco o nessun accesso al cibo o ad altre forme di sostegno. Molte di esse, spiegava Nyamandi, "hanno dovuto attuare misure disperate per sopravvivere, come vendere i loro beni per ottenere i soldi per l'approvvigionamento alimentare, mandare i loro figli a lavorare, o tagliare pesantemente le razioni di cibo. Tutti hanno detto di aver accumulato debiti per mettersi in salvo". E l'organizzazione metteva in guardia dalla possibile diffusione di malattie: "Le famiglie sono costrette a defecare all'aperto".
"Questo è un disastro umanitario che si sta consumando davanti agli occhi del mondo", sintetizzava il direttore di Save the Children in Afghanistan. "Le famiglie che già vivono a Kabul hanno portato il cibo che potevano risparmiare per aiutare gli sfollati, ma non ce n'è abbastanza. E altre famiglie arrivano ogni ora. Cominceremo molto presto a vedere bambini che soffrono la fame o addirittura scivolare nella malnutrizione. La gente sta bevendo acqua da contenitori sporchi ed è costretta a vivere in condizioni non igieniche. Siamo a un passo da un'epidemia". 
L'arrivo dei talebani in città si consuma dunque in questo contesto, e occorrerà ora vedere come la situazione evolverà. Intanto, nel pomeriggio di lunedì 16 agosto Emergency ha fatto sapere di avere 115 pazienti ricoverati all'interno dell'ospedale di Kabul: "L'ospedale è pieno, abbiamo aggiunto posti letto extra e anche oggi stiamo provando a ricavare nuovi posti letto per eventuali ulteriori ammissioni di pazienti. Nella notte abbiamo ricevuto anche alcuni pazienti provenienti dall'aeroporto", ha specificato il coordinatore medico della struttura. 

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)