Export di armi, il Parlamento verso una maggiore trasparenza

Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, è stato ricevuto dalla Commissione affari esteri della Camera dei Deputati per parlare della regolamentazione sulle compravendite di armamenti: “È stata un’occasione unica: finalmente c’è un impegno politico per superare le attuali incongruenze”

Export di armi, il Parlamento verso una maggiore trasparenza

In questo momento riscontriamo una congiuntura favorevole: ci sono le premesse per il miglioramento della trasparenza dei meccanismi di autorizzazione alla compravendita di armi. Era da anni che non c’era tanta attenzione su questo tema”. A parlare è Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il disarmo, che ieri è stato ricevuto in audizione alla Commissione affari esteri della Camera dei Deputati. Con lui c’era anche l'analista di Opal Brescia (Osservatorio permanente sulle armi leggere), Giorgio Beretta. Per regolare la compravendita di armi in Italia, infatti, esiste la legge 185 del 1990, che prevede il controllo del Parlamento sulle importazioni e le esportazioni di armamenti, attraverso una relazione annuale che riporta operazioni autorizzate e svolte l’anno precedente. Ad esempio, per legge sono vietate le esportazioni verso paesi implicati in un conflitto armato o i cui governi sono responsabili di accertate violazioni di diritti umani, ma questa relazione è in certi aspetti carente e poco chiara, e questo fa sì che i deputati non abbiano tutti gli strumenti per valutarla.

“L’audizione di ieri è stato un passaggio fondamentale: era da più di dieci anni che il parlamento non analizzava la relazione – continua Vignarca –. È stata un’occasione più unica che rara per parlare delle dinamiche dell’export di armi, degli aumenti degli ultimi anni, ma anche dei problemi strutturali nelle dinamiche di decisione e di trasparenza. Abbiamo riscontrato una grande disponibilità della Commissione a lavorare per migliorare la chiarezza e la completezza della relazione, ma anche del processo di autorizzazione. E anche il direttore di Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento del Ministero degli affari esteri, n.d.r.), Alberto Cutillo, ha raccolto le nostre sollecitazioni e si è reso disponibile a valutare eventuali miglioramenti”.

L’audizione in aula è durata un’ora e mezza ed è stata molto partecipata. Nei loro interventi, diversi parlamentari si sono detti intenzionati a lavorare per superare certe incongruenze: in particolare il deputato di LeU Erasmo Palazzotto, Laura Boldini del Pd e Yana Chiara Ehm del M5S. Tra le richieste di miglioramento portate avanti dalle due reti c’è la necessità inserire in tutti i documenti il codice identificativo e la data di ciascuna licenza, e l’esplicitazione con liste apposite delle valutazioni sui paesi destinatari (se sotto embargo, se con violazioni di diritti umani, se in presenza di accordo cooperazione militare). 

Tra i paesi citati c’è stato lo Yemen, dove la guerra civile iniziata nel 2015 viene combattuta anche con armi italiane. L’anno scorso è stata approvata dal Parlamento una mozione di sospensione delle forniture di bombe e missili ai paesi coinvolti nel conflitto, eppure nel 2019 sono state rilasciate da Uama ben 57 nuove autorizzazioni per la vendita di armamenti all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, del valore complessivo di oltre 196 milioni di euro: tra essi figurano “bombe, siluri, razzi e missili”, cioè proprio i sistemi militari che avrebbero dovuto essere sospesi.

E poi c’è la questione dell’Egitto, paese con il quale è ancora aperta la trattativa per quella che viene chiamata la “commessa del secolo”: la vendita di due fregate multiruolo Fremm, oltre che di altre quattro fregate, 20 pattugliatori, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Per un totale di 9 miliardi di euro. “Lunedì 20 luglio il parlamento egiziano ha autorizzato lo schieramento del proprio esercito fuori dai confini del paese, una mossa che permetterà all’Egitto di mandare i propri militari nella vicina Libia – spiega Vignarca –. Ma la legge italiana vieta le esportazioni di armamenti verso paesi implicati in un conflitto armato, a meno che non ci sia un passaggio parlamentare, che finora è mancato”.

Quello dell’export militare è un tema delicato e cruciale per la nostra politica estera, per la responsabilità dell’Italia nei confitti armati e per poter realmente ambire alla promozione della pace a livello internazionale – conclude Vignarca –. Ecco perché è necessario recuperare la trasparenza necessaria, con un Parlamento che eserciti a pieno la propria attività di controllo sulle decisioni del Governo”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)