Il D-day del debito pubblico. Ci sono 103 miliardi di euro di interessi da pagare nel 2026. Dove troverà i soldi lo Stato?

Sediamo su una montagna di debiti, iniziata ad accumulare alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso e incrementata via via da tutti i governi

Il D-day del debito pubblico. Ci sono 103 miliardi di euro di interessi da pagare nel 2026. Dove troverà i soldi lo Stato?

Non manca molto al D-day, al giorno cioè in cui il nostro debito pubblico toccherà quota 3mila miliardi di euro: per chi ricorda la nostra vecchia moneta, sarebbero circa 6 milioni di miliardi di lire. Non si riesce nemmeno a dirlo e a scriverlo.

Questa montagna di debiti, iniziata ad accumulare alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso e incrementata via via da praticamente tutti i governi che si sono succeduti (ma quello che ha ideato il bonus edilizio 110%, ha battuto ogni record), partorisce qualcosa come 103 miliardi di euro di interessi da pagare nel 2026. Una cifra mostruosa, raddoppiata nel giro di pochissimi anni, con l’aumento dei tassi d’interesse dell’euro che ci costringe a remunerare i Buoni del tesoro ora al 4%: il doppio rispetto a nemmeno due anni fa.

Suona quindi blasfemo l’entusiasmo di certi settori della maggioranza che esultavano per il successo del recente collocamento dei Btp Valore, nel senso di averne venduti tanti: ti credo, non c’è Paese europeo che paga così caro il debito pubblico, la notizia dovrebbe invece far piangere. Soprattutto le future generazioni, dissanguate da una mole di interessi da pagare che toglie risorse alla sanità, alla scuola, alle pensioni…

In questo panorama sconfortante – ma noi italiani lo assorbiamo benissimo, è argomento del tutto assente dal dibattito pubblico – il Governo sta facendo quadrare i conti del 2024, e per farlo ricorre ancora a nuovo debito. Con le risorse che ha a disposizione, non riesce a coprire gli (esigui) provvedimenti che danno un senso appunto al governare. La legge di bilancio ora dovrà passare dalle forche caudine parlamentari, che storicamente allargano i cordoni della borsa anziché stringerli; quindi non è possibile sapere quanti ulteriori debiti verranno messi sulla montagna di cui sopra. Un peggioramento appare certo, anche perché nel frattempo l’economia italiana sta rallentando e, con essa, gli introiti fiscali che “fanno” il bilancio dello Stato.

Dopo un paio d’anni di corsa sfrenata, ora la crescita del Pil per il prossimo biennio galleggia attorno all’1% annuo. Meno del previsto, troppo poco per contarci quanto a risorse aggiuntive, e ancora una volta fanalini di coda in Europa quanto a crescita di ricchezza complessiva. Per i sostenitori della decrescita felice, è tempo di mettere lo champagne in frigo. Anzi il prosecco.

Quindi terrore? Come mai non siamo ancora falliti? Tutti sanno che lo Stato italiano è povero e indebitato, ma i conti correnti dei cittadini italiani no. Quindi, se un giorno lo Stato non riuscisse a far fronte ai propri debiti, o massacra la spesa pubblica o falcidia i nostri risparmi. Tertium non datur.

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Fonte: Sir