Il grido di dolore di Merlara. Sette le vittime. "Soli nella tragedia"
Il sindaco Claudia Corradin è allo stremo, come il personale ridotto al minimo che ancora opera all'interno del Centro servizi per anziani Pietro e Santa Scarmignan. A oggi tutti i 63 ospiti sono positivi al Coronavirus così come 25 operatori. Nessuna risposta alle richieste di aiuto inviate ad altre strutture, cooperative e Ulss 6.
È un grido di dolore quello che si alza ogni giorno di più da Merlara. Tra ieri e oggi sono altre tre le vittime da Coronavirus registrate tra gli ospiti del Centri servizi per anziani Pietro e Santa Scarmignan, una deceduta all’ospedale di Schiavonia e due nella stessa struttura di ricovero. La triste contabilità dei morti in paese sale così a sette. A dare l’annuncio è il sindaco Claudia Corradin, che da tempo chiede aiuto alle istituzioni superiori per far fronte a quello che non ha paura di definire «un ulteriore cluster del contagio nella nostra provincia».
Raggiunta telefonicamente Corradin snocciola altri dati impressionanti. «In questo momento all’interno della casa ci sono 63 ospiti, tutti con tampone positivo. Altri quattro anziani ammalati si trovano ricoverati nel Codiv hospital». Non meno preoccupanti sono le notizie che giungono sul fronte del personale assistenziale in forza alla casa di riposo. Su un totale di 45 operatori ben 25 sono in quarantena perché risultati positivi al tampone, mentre altri sono impossibilitati a recarsi al lavoro per fragilità psicologiche o altre patologie certificate dai rispettivi medici curanti. «Gli eroici operatori sociosanitari e infermieri che ancora sono in servizio sono sottoposti a turni massacranti. Purtroppo tutti i tentativi compiuti per provare a rimpinguare il personale sono andati a vuoto: non abbiamo avuto risposta da altre strutture come la nostra né dalle cooperative sociali che abbiamo interpellato. Da una settimana siamo di fronte a una tragedia immane rimasta nelle nostre mani».
Ma Corradin racconta di aver appena concluso una telefonata con il prefetto Franceschelli a cui ha chiesto di farsi parte attiva presso l’Ulss 6 Euganea per avere un sostegno fattivo nella situazione disperata che si è venuta a creare. «Abbiamo più volte chiesto all’azienda sanitaria supporto in termini di dispositivi e di personale. Sono convinta che con un numero tale di contagiati, la nostra casa di riposo dovrebbe essere trattata come un ulteriore Covid hospital. Purtroppo l’azienda sembra avere un altro orientamento, ci chiede di accompagnare gli ospiti più gravi a Schiavonia dove vengono valutati. Per fortuna, almeno per ora, il medico che opera all’interno della struttura non è stato colpito dal virus e continua il suo servizio».
Contattata dalla Difesa, l’Ulss 6 rimanda alle dichiarazioni che il direttore ai servizi sociali Paolo Fortuna aveva reso nella conferenza stampa di martedì 17 marzo. Se il numero di ricoveri è così basso, ha detto in sintesi Fortuna, è grazie al lavoro incessante compiuto dal presidente dell’Ipab e dal sindaco. «Come azienda cerchiamo di gestire al meglio la situazione all’interno della struttura che vede un forte impegno degli operatori in campo. Tra qualche giorno si completerà il periodo di contaminazione e speriamo che la situazione torni alla normalità». Merlara insomma è il caso di scuola che sta guidando in senso preventivo l’azione dell’Ulss 6 per quanto riguarda tutti i 5 mila ospiti di strutture simili in tutta la provincia.
«Come sindaco sono disperata – riprende Claudia Corradin – Sette membri della nostra comunità sono già mancati. A questo punto ci vorrebbe un braccio di ferro con l’azienda per fare in modo che se ne debba occupare, ma questo non è moralmente possibile, non possiamo abbandonare questi nostri anziani al loro destino».
Anche l’arciprete di Merlara, don Lorenzo Trevisan, ammette che ci sono paura e trepidazione in paese per la situazione che si è creata. «Mai avremmo pensato che il contagio ci colpisse al cuore in questo modo», racconta. Mentre a Merlara si è scatenata una gara di solidarietà per il Centro servizi per anziani sostenuto anche dalla Caritas vicariale, che nella sola giornata di oggi ha raccolto 1.100 euro destinati ad acquistare materiali e dispositivi di protezione individuali. «D’altronde stiamo parlano dei nonni della nostra comunità, che spesso andiamo a trovare anche con i ragazzi dell’iniziazione cristiana. È una struttura pienamente inserita nel nostro tessuto comunitario, tutte le settimane celebriamo lì la messa il mercoledì. Gli stessi dipendenti in molti casi sono parrocchiani, con cui condividiamo anche la via Crucis in Quaresima e altri momenti di incontro e preghiera lungo l’anno».
Per il resto anche a Merlara, come in ogni altra comunità, l’atmosfera rimane sospesa. «È un momento di smarrimento e incertezza – conclude don Lorenzo – in cui anche solo un messaggio o una telefonata di vicinanza sono segnali che le persone gradiscono e lo esprimono chiaramente. Come a mezzogiorno di domenica, quando mando la benedizione eucaristica in tutte le case dalle porte della chiesa. In molti ringraziano per il suono festoso delle campane, si sentono rincuorati, mandano messaggi commoventi».