Informarsi per mangiare bene. Una ricerca ricorda l’importanza di una corretta comunicazione agroalimentare

Sapere cosa si mangia è, pressoché da sempre, condizione essenziale per fare scelte avvedute compatibilmente con le proprie possibilità alimentari

Informarsi per mangiare bene. Una ricerca ricorda l’importanza di una corretta comunicazione agroalimentare

L’informazione prima di tutto. Elemento imprescindibile di democrazia, ma anche di quotidianità. Soprattutto quando si parla di alimenti e dintorni. Perché si è liberi di mangiare ciò che si vuole, ma occorre farlo con avvedutezza e un bagaglio di conoscenze adeguato. Condizione, quella della corretta e accessibile informazione nell’agroalimentare, che vale soprattutto oggi e che ha forti risvolti anche dal punto di vista economico.

Un esempio lampante della necessità di avere a disposizione dati affidabili su quello che si mette in tavola, arriva dall’Ismea che in questi giorni al Sana di Bologna ha lanciato addirittura una campagna di comunicazione istituzionale per far conoscere gli alimenti biologici. Tutto è partito da una ricerca sul grado di conoscenza dei consumatori e sullo stato del mercato. Due elementi che oggi non forniscono indicazioni rosee.

Gli acquisti di prodotti alimentari biologici stanno vivendo una fase delicata, dopo una crescita praticamente ininterrotta e culminata con un 2020 da record. Secondo i dati monitorati dall’Ismea gli acquisti domestici hanno infatti segnato il passo nel 2022, con una modesta crescita in valore (+0,5% a fronte del +6,4% dell’agroalimentare complessivo), che riduce il peso del paniere biologico sul totale della spesa per alimenti e bevande degli italiani.
Accanto a questo scenario è poi il grado di conoscenze che i consumatori hanno del biologico, conoscenze che sono a dir poco medio-basse. E’ poco nota, ad esempio, l’euro foglia cioè il marchio comunitario che contrassegna i prodotti biologici. C’è poi una grande confusione tra i consumatori indotta da scaffali e confezioni sempre più affollati di simboli e scritte che promettono alcuni dei valori distintivi del biologico. E’ emerso, dice ancora Ismea, “che meno di 1 italiano su 3 conosce il vero simbolo del bio. Più di 1 su 2 è invece convinto che basti la semplice scritta ‘biologico’ come garanzia per l’acquisto di questo tipo di prodotto”. Situazioni, queste, che rispecchiano la generale conoscenza delle etichette alimentari in esso lato, così come dei simboli posti sulle confezioni. Si acquista, detto in altri termini, più sulla base del prezzo che delle caratteristiche alimentari e nutrizionali di ciò che si sceglie. Questione, ovviamente, anche di possibilità economiche. Ma non solo.

Da tutto questo, appunto, l’iniziativa di ministero dell’agricoltura e Ismea che prenderà il via nelle prossime settimane e sarà incentrata su uno spot in onda sui principali canali radio e tv oltre che su diversi spot sui principali canali social.

Il tema dell’informazione, tuttavia, è ben più vasto. Sapere cosa si mangia è, pressoché da sempre, condizione essenziale per fare scelte avvedute compatibilmente con le proprie possibilità alimentari. E deve essere condizione assicurata a tutte le fasce di popolazione. Indicazioni chiare sulle materie prime e sulla loro origine, spiegazioni comprensibili degli ingredienti, illustrazioni precise dei luoghi di origine e di trasformazione sono tutti elementi ormai insostituibili di ogni etichetta alimentare corretta. Un traguardo, raggiunto per quasi tutti i cibi almeno in Italia, che è stato duro raggiungere e che ha richiesto anni di negoziati e battaglie da parte dei coltivatori diretti e dei consumatori. Traguardo che – e le rilevazioni Ismea sul mercato dei prodotti biologici lo confermano -, deve però essere reso efficace per tutti. E non solo per nicchie di mercato o fasce di popolazione più o meno ampie.

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Fonte: Sir