L’agricoltura è sempre più “piccola”. Gli ultimi dati Inps descrivono un settore che ogni anno perde imprese e occupati

Il Paese più importante al mondo in fatto di buoni cibi, ha basi agricole sempre più ristrette in termini di risorse fondiarie

L’agricoltura è sempre più “piccola”. Gli ultimi dati Inps descrivono un settore che ogni anno perde imprese e occupati

Il mondo agricolo italiano diventa più piccolo. Non in termini economici – anzi, gli ultimi dati sul valore della produzione e sulle esportazioni pare dicano il contrario -, ma in termini di numerosità delle imprese e, soprattutto, per numero di occupati. Certo, aziende più grandi ed efficienti, spesso, hanno preso il posto di micro-realtà dedite alla coltivazione di pochi ettari e con poche prospettive di mercato. La diminuzione quantitativa delle imprese agricole, tuttavia, ha significato e significa anche l’abbandono di aree certamente difficili da coltivare ma non per questo meno preziose. A dipingere il quadro aggiornato di quanto sta accadendo è stato qualche giorno fa un rapporto sul “mondo agricolo” di INPS, che non lascia spazio a molti dubbi.

Il numero di aziende che occupano operai agricoli dipendenti, secondo INPS,  è passato dalle 180.167 del 2021 a 174.636 nel 2022, con un decremento del -3,1%; nel periodo 2017-2022 il numero di aziende con dipendenti è diminuito complessivamente del -7,1%. A livello regionale, nell’ultimo anno, il maggior decremento in percentuale si registra in Molise con un -7,1%, seguito dalla Calabria (-5,7%). L’unica regione in cui si manifesta un seppur lieve incremento è il Friuli-Venezia Giulia (+0,2%). In termini assoluti, gli occupati dipendenti in agricoltura sono passati da 1.033.075 del 2021 a 1.006.975 del 2022, con un decremento di circa 26.200 lavoratori, pari al -2,5%. Piccoli numeri di differenza, si dirà, ma non è così.

Sempre INPS fornisce altre indicazioni utili a ragionare sulla situazione dell’agricoltura in Italia. Così, se il Sud è ancora l’area geografica che, con il 35,9%, occupa il maggior numero di lavoratori nei campi, quello che forse importa di più è la distribuzione per classi d’età. Nel 2022 il 35,6% degli operai agricoli ha più di 50 anni; quelli con meno di 30 anni detengono solo il 21,6% del totale degli occupati.

Altro dato importante è quello dei lavoratori agricoli autonomi che passano da 436.689 nel 2021 a 431.215 nel 2022, con una diminuzione di circa 5.500 unità. Dal 2017, i coltivatori diretti hanno avuto un continuo andamento decrescente, passando dai 415.636 del 2017 ai 384.861 del 2022, con una diminuzione complessiva pari a -7,4%. Crescono invece gli imprenditori agricoli professionali: da 38.331 lavoratori del 2017 ai 46.213 del 2022, facendo registrare un incremento pari al +20,6%.

Molti altri sono ancora i numeri e i dati che INPS fornisce e su quali è possibile fare più di un ragionamento. Ma possono essere sufficienti questi per capire, con una ragionevole dose di precisione, le tante realtà che compongono l’agricoltura italiana.

Il Paese più importante al mondo in fatto di buoni cibi, ha basi agricole sempre più ristrette in termini di risorse fondiarie. Come si diceva prima, l’Italia può contare certamente su imprese di produzione più ampie, mediamente più efficienti e competitive, in grado di produrre qualità ad altissimi livelli, ma vede ogni anno che passa erodere proprio quella base produttiva che è l’unica reale fonte di produzione agroalimentare che può esistere. E c’è anche dell’altro. Basta pensare che, se da una parte ci sono imprese più grandi e più efficienti, come si diceva, dall’altra ci sono agricoltori ancora troppo “anziani” e, per ragioni anagrafiche e culturali, probabilmente troppo legati a schemi gestionali e produttivi non propriamente al passo con i tempi. L’abbandono di vaste aree interne del Paese, conseguenza della scomparsa di migliaia di imprese agricole piccole e piccolissime, costituisce poi un tarlo che mina, oltre che la produzione alimentare, anche e soprattutto la sicurezza idrogeologica del territorio (con i rischi e le conseguenze che sempre più spesso sono sotto gli occhi di tutti).

La grande tradizione agroalimentare nazionale, il suo significato economico oltre che culturale e ambientale, è quindi davvero a rischio. Detto in altri termini, le vittorie dell’agroalimentare italiano nel mondo non sono sufficienti a salvare l’agricoltura. Tutti noi dobbiamo rendercene conto.

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Fonte: Sir