Piccolo Enea, il Ciai punta il dito contro la gestione mediatica della vicenda

Il Centro italiano aiuti all’infanzia sottolinea come il clamore mediatico attorno alla vicenda del piccolo ritrovato nella culla della Clinica Mangiagalli di Milano sia stato “eccessivo e inopportuno”. “Riservatezza e rispetto non sono stati i cardini della comunicazione. Allo stesso modo è mancato il rispetto per la donna. Ed è stato utilizzato un retrogrado stile comunicativo volto a contrapporre i genitori veri ai genitori finti”

Piccolo Enea, il Ciai punta il dito contro la gestione mediatica della vicenda

Per chi, come il Centro italiano aiuti all’infanzia (Ciai), si occupa da più di 50 anni di adozione, il clamore mediatico attorno alla vicenda del piccolo ritrovato nella culla della Clinica Mangiagalli di Milano è “stato eccessivo e inopportuno”.

Sulla base della sua lunga esperienza, il Ciai afferma infatti in una nota che “se i criteri seguiti fossero stati quelli della suprema protezione bambino si sarebbe garantita protezione e privacy al neonato. Allo stesso modo, è mancato il rispetto per la donna, colpevolizzata e vittimizzata in maniera superficiale per quella che è certamente una dolorosissima scelta”.

“Riservatezza e rispetto non sono stati i cardini della comunicazione di questa vicenda, a partire dalla diffusione del nome del bambino e del contenuto della lettera della mamma, esponendo così al pubblico notizie riservate”, dichiara Marina Raymondi, esperta di adozione di Ciai.
Secondo il Ciai, inoltre, “al di là degli appelli, più o meno inappropriati, la vicenda è stata dai più rilanciata con il retrogrado stile comunicativo volto a contrapporre i genitori veri ai genitori finti, come se per un figlio il legame di sangue con il genitore fosse la cosa più importante, a discapito di stabilità, educazione, affettività, opportunità, riconoscimento, cura”.  

Il Ciai ricorda anche che in Italia esistono buone leggi, che non ci sono in tutti i Paesi, grazie alle quali è garantita protezione e cura attraverso il parto in anonimato in Ospedale.
“Auguriamoci che nessuna mamma si debba trovare a fare questa scelta e per questo investiamo di più sui servizi di accompagnamento, non solo economico ma anche psicologico, a favore di ogni donna che aspetta un bambino”, conclude Paolo Limonta, presidente del Ciai.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)