Più servizi, più sostegno, più bambini. L’equazione felice dell’Alto Adige

L'elevato tasso di natalità della regione alpina, in decisa controtendenza rispetto ai dati Istat riferiti al resto d'Italia, apre la strada ad una riflessione strettamente legata al territorio e alle politiche locali. I nuovi nati altoatesini hanno trovato ad accoglierli non solo le braccia di mamma e papà, ma anche un “nido” di servizi e di strumenti, attivati sul territorio per sostenere i genitori nei primi anni di vita dei loro bambini.

Più servizi, più sostegno, più bambini. L’equazione felice dell’Alto Adige

Oltre 5.200 sono stati i fiocchi azzurri e rosa affissi lo scorso anno sulle porte delle case in Alto Adige. Un dato che si rivela anche quest’anno in controtendenza rispetto ai dati diffusi in questi giorni dall’Istat circa la diminuzione delle nascite nel nostro Paese. Il Trentino Alto Adige insieme ad Emilia Romagna e Veneto, sono le uniche regioni d’Italia in cui la popolazione risulta essere ancora in aumento.

Ma quali sono le ragioni per cui l’Alto Adige risulta essere una sorta di “isola felice” dove vi è maggiore propensione a mettere al mondo dei figli?

Andando ad analizzare a fondo i dati forniti dall’Astat, l’agenzia provinciale di statistica di Bolzano, si nota che anche tra le montagne altoatesine a dare una spinta decisiva alle nuove nascite sono i “nuovi cittadini”.

Al 31 dicembre 2018 i cittadini stranieri ufficialmente residenti in provincia di Bolzano erano 50.333, il 4,8% in più rispetto all’anno precedente. Alla fine del 1998 erano circa 11.600. In vent’anni, quindi, la popolazione straniera residente in provincia di Bolzano è più che quadruplicata. Non solo. Chi è arrivato in questi anni in Alto Adige ha trovato occasioni di lavoro e, non senza qualche difficoltà, è riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, all’interno del quale ha anche messo su casa. E famiglia. I “nuovi cittadini”, infatti, sono caratterizzati da una natalità vivace. Se negli anni Novanta nascevano circa un centinaio di bambini con cittadinanza straniera all’anno, nel 2018 i neonati con cittadinanza straniera sono stati 705, assestando così il tasso di natalità al 14,3‰ contro il 9,5‰ nella popolazione con cittadinanza italiana. Si tratta di famiglie anagraficamente più giovani, dove le donne danno alla luce una media di 2,4 figli, mentre il tasso di fecondità totale delle cittadine italiane si attesta a 1,6 figli.

A registrare il tasso di natalità più elevato nel corso del 2018 è stata la comunità comprensoriale Valle Isarco, con 11,6 nati ogni mille abitanti. Nella graduatoria territoriale fanalino di coda, con l’8,8‰, risulta essere invece Bolzano, complice anche l’invecchiamento avanzato della popolazione.

In generale, tranne che nel capoluogo e nella zona tra Bolzano e il confine con la provincia di Trento, il tasso di natalità nel 2018 si è attestato sopra al 10‰.

Un dato questo che ci dice come a scegliere di mettere al mondo dei figli non sono stati solo i “nuovi cittadini”. E questo non è avvenuto solo nei grandi centri abitati, dove invece il saldo risulta essere tendenzialmente più basso, ma anche in “periferia”.

Un dato, questo, che apre la strada ad una riflessione strettamente legata al territorio e alle politiche locali.

I piccoli Elias ed Emma – questi i nomi più gettonati tra i neonati che hanno emesso il loro primo vagito lo scorso anno in uno degli ospedali dell’Alto Adige – hanno trovato ad accoglierli non solo le braccia di mamma e papà, ma anche un “nido” di servizi e di strumenti, attivati sul territorio per sostenere i genitori nei primi anni di vita dei loro bambini. Una vera e propria rete di iniziative, presenti sul territorio e messe a punto dalla Provincia autonoma a sostegno delle famiglie.

A dispetto degli obblighi di spending review, nel bilancio di quest’anno la Provincia di Bolzano ha aumentato i fondi destinati allo sviluppo e al sostegno delle famiglie.

A tutte le famiglie con bambini fino a 3 anni con patrimonio e reddito inferiori alla soglia di 80mila euro la Provincia destina un contributo mensile di 200 euro. Non solo. Se anche i papà usufruiscono di un periodo di congedo parentale, la Provincia sostiene la famiglia con l’“Assegno provinciale al nucleo familiare +”, vale a dire contributo ulteriore massimo di 2.400 euro. Per le famiglie più bisognose ci sono, inoltre, l’assegno provinciale per i figli (che varia in base alla composizione nonché al reddito e patrimonio della famiglia), l’assegno al nucleo familiare dello Stato (per le famiglie a basso reddito con almeno 3 figli minorenni) e l’assegno statale di maternità.

Accanto ai contributi economici – preziosi in una terra in cui il costo della vita risulta essere tra i più alti del nostro Paese – un ruolo fondamentale lo giocano sicuramente la rete di strutture e iniziative che accompagnano e genitori e bambini nei loro primi anni di vita.

Sempre più diffusa è, infatti, la cultura del part-time flessibile e, più in generale della flessibilità negli orari di lavoro. In diversi casi viene offerta poi la possibilità di accedere a forme di telelavoro e home working, che permettono alle mamme di lavorare da casa, prendendosi contemporaneamente cura dei loro figli.

Anche in Alto Adige preziosa è la presenza dei nonni, che si dedicano ai nipoti più piccoli quando mamme e papà sono a lavoro. Le braccia dei nonni fanno spesso “rete” con i tanti asili nido sparsi per tutta la provincia, e con le braccia delle tante “Tagesmutter” (letteralmente delle “mamme di giorno”), che – dopo aver fatto uno specifico corso di preparazione e aver superato un esame di abilitazione – aprono le porte delle loro case per accogliere, nelle ore del giorno, da 5 a 6 bambini da zero a 3 anni. Dei piccoli “nidi” domestici, che non solo vengono in aiuto delle mamme che – terminata la maternità – rientrano a lavoro, ma che contemporaneamente consentono di avere una fonte di guadagno anche a quelle donne che scelgono di rimanere a casa ad accudire i propri figli.

Irene Argentiero

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Fonte: Sir