Tolleranza battagliera. Joachim Gauck sa cos’è la dittatura. L’ha vissuta sulla propria pelle per cinquant’anni

La tolleranza è qualcosa di più ampio. È un processo in continuo divenire, in cui è necessario avere un atteggiamento attivo.

Tolleranza battagliera. Joachim Gauck sa cos’è la dittatura. L’ha vissuta sulla propria pelle per cinquant’anni

Quando il 18 marzo 1990 sono stato eletto mi sono messo a piangere dalla gioia. Quel giorno mi sono sentito europeo. Alla prima riunione della Volkskammer vidi seduti nei banchi di fronte al mio altri parlamentari dei quali non condividevo le idee. Ma erano lì per lo stesso motivo per cui io ero lì, avevano la mia stessa dignità, rappresentavano una parte del popolo che li aveva eletti, così come ero stato eletto io”.

Joachim Gauck sa cos’è la dittatura. L’ha vissuta sulla propria pelle per cinquant’anni, fino a quel 18 marzo 1990.

Nato a Rostock, il 24 gennaio 1940, ha conosciuto il nazionalsocialismo prima e il regime comunista dopo. Ed è in questo contesto che ha imparato a vivere e a promuovere la tolleranza.

Lo ha raccontato lunedì scorso a Bolzano, dove – ospite del settimanale diocesano altoatesino “Katholisches Sonntagsblatt” – ha presentato il suo ultimo libro, dal titolo “Toleranz. Einfach schwer” (Tolleranza, semplicemente difficile).

Nel corso della serata, documentata dal “Sonntagsblatt” sulla sua pagina Facebook, Gauck, che dal 2012 al 2017 è stato presidente federale della Germania, ha sottolineato come tanti oggi parlino di tolleranza, ma nessuno sappia darne una definizione precisa: “Sappiamo che ‘tolleranza’ deriva dal latino ‘tolerantia’ e sappiamo che può essere intesa come un valore, laddove esprime l’accettazione di posizioni diverse dalle proprie, ma può essere intesa anche come un disvalore, quando viene usata per indicare l’atteggiamento passivo di chi sopporta qualcosa, perché volontariamente volta la testa dall’altra parte”. Si parla di tolleranza anche quando ci si trova di fronte a situazioni che vengono accettate in nome della “coesistenza pacifica, solo perché non si vuol far nascere un conflitto”. “Ma questo – sottolinea Gauck – a lungo andare, è fonte solo di stress”. Ci sono poi le cose che si tollerano per amore. “Una madre ha un’attrazione tale verso i propri figli – spiega – che arriva a sopportare delle cose che mai avrebbe accettato o accetterebbe. A quante madri è mai capitato di guardare i propri figli e di pensare ‘tu sei la persona che amo, non sono d’accordo con quello che fai, ma non posso fare a meno di amarti’? Anche questa è tolleranza”.

Ma la tolleranza è qualcosa di più ampio. È un processo in continuo divenire, in cui è necessario avere un atteggiamento attivo. Gauck la definisce “kämpferische Toleranz”, la tolleranza battagliera. Ed è stato proprio tra i banchi della Volkskammer che ha imparato ad esercitarla quotidianamente.

Le elezioni parlamentari nella Repubblica democratica tedesca del 1990, le prime e uniche libere della Germania dell’Est, hanno rappresentato una svolta nella vita di Gauck: dopo mezzo secolo di dittatura, iniziava finalmente a respirare aria di democrazia. Ma non era da solo. Accanto a lui, seduti in quello stesso Parlamento, c’erano avversari politici, dei quali mai avrebbe potuto condividere le idee. Persone che come lui erano state scelte, democraticamente, dal popolo. “Occorre saper promuovere e garantire la ‘tolleranza battagliera’, quella che permette di contenere i propri impulsi verso l’altro con cui non andiamo d’accordo – spiega – e che ti impedisce di scappare ed evitare il confronto. La tolleranza battagliera è quella che ti porta a non vedere l’altro come un nemico, ma a imparare a camminare insieme a lui”.

Da più parti oggi si invoca spesso tolleranza. Ma la tolleranza non è qualcosa che si trova in vendita in pacchetti preconfezionati sugli scaffali del supermercato. “Sono convinto che la tolleranza non si possa avere senza un certo sforzo personale – sottolinea Gauck -. Questo è semplicemente dovuto alla situazione da cui si parte, che generalmente è piena di tensione e in cui spesso pensiamo di dover sopportare tutto ciò che non ci piace. Ma la tolleranza è anche un ‘ne vale la pena’, sia individualmente che politicamente. È un imperativo della ragione e, laddove la pratichiamo, ci premia portandoci a vivere una convivenza sociale meno aggressiva, meno provocatoria, meno polarizzante. Ogni atto tollerante ha inoltre in sé un valore aggiunto, quello di farci vivere un’esperienza di libertà. Ogni atto di tolleranza ci mostra che siamo liberi di scegliere. Vista in questa prospettiva, la tolleranza non è solo un’imposizione e una restrizione, ma anche una forma di libertà”. Nella nostra società multiculturale, la tolleranza è un requisito fondamentale. Ma a una condizione. “Se il multiculturalismo significa che le persone, nonostante le loro diverse culture e provenienze, si uniscono per vivere insieme da pari a pari nella difesa e nello sviluppo di una comunità democratica e liberale, allora approvo il multiculturalismo – puntualizza Gauck –. Gli immigrati hanno reso il nostro Paese più ricco, più forte e più vario. Ma se il multiculturalismo è una teoria e una pratica politica che vieta l’esame critico delle culture, delle credenze e dei modi di vita, allora rifiuto il concetto. Penso che sia sbagliato essere indulgenti verso culture che hanno riserve sui diritti umani e che sono misogine, omofobiche, antisemite, antidemocratiche o intolleranti. Questa non è tolleranza. Una società aperta e liberale si batte per i diritti umani e civili universali. Per tutti, qualunque siano le loro culture, storia e tradizioni”.

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Fonte: Sir