Violenza sulle donne, Istat: 272 case rifugio nel 2018, in aumento dal 2017

Nell'anno di riferimento ospitate in totale 1.940 donne (il 62,1% straniere). L'85,1% riceve finanziamenti pubblici. Il 72,1% prevede l'accoglienza dei figli

Violenza sulle donne, Istat: 272 case rifugio nel 2018, in aumento dal 2017

Dal 2018 l'Istat conduce annualmente le rilevazioni statistiche "sulle prestazioni e i servizi offerti" rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle Case Rifugio, in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità (Dpo)presso la Presidenza del Consiglio e le Regioni. In questo report si presentano i principali risultati della seconda edizione dell'indagine sulle Case Rifugio, effettuata tra il 2019 e il 2020 e riferita alle attività svolte nel 2018 per la protezione delle donne sopravvissute alla violenza. Così in una nota stampa, che annuncia l'esito del report, l'Istituto nazionale di statistica.

Sintesi dei principali risultati

Le Case Rifugio per le donne maltrattate attive nel 2018 in Italia sono 272, pari a 0,04 Case per 10mila abitanti, in aumento rispetto alle 232 del 2017. L'offerta è maggiore al Nord, in particolare in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, e, al Centro, in Toscana.

In media, i posti letto messi a disposizione sono 8,9 per Casa Rifugio, livello più elevato dei 7,4 autorizzati (pari 0,3 per 10mila abitanti). La differenza fra posti letto autorizzati e quelli effettivamente utilizzati è particolarmente marcata in alcune regioni come la Valle D'Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, le Marche e la Campania. Le Case Rifugio hanno ospitato nel 2018 in totale 1.940 donne (il 62,1% è composto da straniere); tra queste 1.565 sono state accolte nel corso del 2018.

Il numero di giorni di permanenza presso le Case Rifugio - spiega la nota sui risultati del report Istat - è molto variabile e oscilla da pochissimi giorni a due anni, mediamente è pari a 259 giorni, inclusa l'estensione per l'eventuale proroga. L'accoglienza e l’ospitalità offerta alle donne sono inserite nella maggioranza dei casi in un percorso personalizzato di uscita dalla violenza che la Casa ha progettato in accordo con le donne accolte. Il 91,4% delle Case Rifugio lo ha fatto con tutte le ospiti mentre il 5,4% soltanto per alcune di loro.

Oltre all’ospitalità, le Case offrono anche ad altri della rete territoriale i servizi di orientamento e accompagnamento (96,4%), il piano di sicurezza individuale sulla base della valutazione del rischio (93,7%), il supporto e la consulenza psicologica alla donna (90,1%), l'indirizzo all'autonomia abitativa (90,1%) e lavorativa (87,8%), il supporto e la consulenza legale (89,2%), il sostegno alla genitorialità (80,6%).

Il canale attraverso il quale le donne si sono avvicinate maggiormente alla Casa Rifugio è quello dei servizi sociali territoriali, i quali rappresentano - per il 30% delle donne - la via di segnalazione e indirizzamento alla protezione e alla residenza offerti dalla Casa Rifugio. Nel 2018, la metà delle donne che hanno lasciato la Casa Rifugio (50,8%) ha concluso il percorso di uscita dalla violenza e il 7,8% per conclusione del percorso di ospitalità, facendo intravedere un esito positivo per circa 6 donne su 10. La larga maggioranza delle Case offre ospitalità di medio-lungo periodo (86,5%) e ospitalità programmata in urgenza (67,1%); meno frequente l’ospitalità in emergenza (58,1%), soprattutto nel Centro Italia, dove è prevista dal 50% delle Case, e al Nord-ovest (52,7%).

Quasi la totalità delle Case Rifugio (95,9%) prevede criteri per l'accoglienza delle donne vittime di violenza e il 72,1% ne prevede per l'accoglienza dei figli.

La professionalità delle Case sul tema della violenza è elevata. Il 96% degli enti promotori o gestori privati - prosegue il comunicato - ha più di 5 anni di esperienza e il 47% si occupa esclusivamente di violenza di genere. Il 90,1% delle Case ha una Carta dei servizi e tutte hanno adottato un regolamento interno. Le operatrici delle Case sono formate sui diversi temi dell'accoglienza delle donne, anche se lo sono meno su quella delle disabili, e le attività sono sottoposte a supervisione nell'86,5% delle Case.

Le misure per garantire la sicurezza delle donne ospiti - spiega l'Istat - non risultano del tutto adeguate: l'86,9% delle Case è a indirizzo segreto, ma il 5,9% di esse non ha previsto alcun sistema di sicurezza e misure come la linea telefonica diretta con le forze di polizia, il servizio di portineria, il servizio di sorveglianza notturna o il servizio di allarme.

Le 1.997 lavoratrici impegnate nelle Case sono volontarie in circa la metà dei casi, in misura minore al Sud e nelle Isole.

L'85,1% delle Case - conclude la nota - riceve finanziamenti pubblici, il 2,7% fa un uso esclusivo di fondi privati e l'11,3% delle Case Rifugio provvede autonomamente al proprio sostentamento. (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)