Arena di pace, epicentro del cambiamento
Il 17 e 18 maggio l’anfiteatro della città scaligera ospiterà l’incontro di papa Francesco con i movimenti popolari, che hanno aderito a centinaia. Il dialogo col Santo Padre vuole essere il primo passo di un processo di trasformazione della società, assediata da guerra e individualismo
Presidio di pace e resistenza nel mondo della “terza guerra mondiale a pezzi”, che non ha bisogno di compattarsi in un fronte unico e riconoscibile per mietere già milioni di vittime e seminare disperazione; luogo di approdo e punto di partenza di un processo condiviso da centinaia di associazioni della società civile italiana; e poi il precipitato di una lunga tradizione italiana e cattolica di nonviolenza e di un movimento verso le periferie fisiche e sociali iscritto nel Dna del pontificato di papa Francesco.
Si rimane quasi sopraffatti, a scrivere quante traiettorie di lotte e mobilitazione confluiranno a Verona il 17 e 18 maggio, in occasione di Arena di pace 2024, l’incontro dei movimenti popolari con papa Francesco.
L’iniziativa si iscrive nella tradizione dei grandi momenti assembleari della società civile italiana lanciati nel 1986 nella città scaligera su impulso di alcuni sacerdoti e missionari del Triveneto, autori del manifesto Beati i costruttori di pace che darà poi nome al movimento che animerà le manifestazioni fino alla prima metà degli anni ’90.
L’edizione di quest’anno è unica: per la prima volta nella storia delle Arene, a Verona verrà il Santo Padre, che nell’anfiteatro di età romana dialogherà con i rappresentanti della società civile. La presenza del papa è stata comunicata alcuni mesi dopo l’inizio del processo di organizzazione dell’assemblea, che è cominciato lo scorso giugno su iniziativa di alcune riviste cattoliche - Nigrizia, Missione oggi, Mosaico di pace, Aggiornamenti sociali e Avvenire - e della diocesi di Verona.
A oggi le realtà che hanno aderito alla grande iniziativa sono circa 200, da Sant’Egidio a Mediterranea saving humans passando per Banca Popolare Etica e Fridays for Future; i delegati della società civile previsti a Verona sono non meno di 400. Le associazioni e le organizzazioni sono state invitate a partecipare dal vescovo di Verona Domenico Pompili, che in una lettera ha esortato i vari soggetti dei movimenti popolari a «confrontarsi e fare liberamente rete» all’insegna dell’«etica della progettazione» elaborata da papa Francesco e nell’ottica di declinare quello che è il tema di tutta l’iniziativa, racchiuso nel salmo 85 v.11, “giustizia e pace si baceranno”.
Questo stesso tema si articola a partire da cinque ambiti principali, cinque spazi di riflessione e di azione: migrazione; ecologia integrale e stili di vita; lavoro, economia e finanza; diritti e democrazia; disarmo. Dibattiti su questi cinque argomenti proseguono da settimane in altrettanti tavoli di lavoro a cui stanno partecipando decine di organizzazioni, ognuna secondo il proprio campo di competenza. L’ultimo momento di confronto di questo processo segnerà l’inizio della due giorni di maggio a Verona: le associazioni si incontreranno alla Fiera della città scaligera il 17 maggio per fare il punto su quanto emerso e per scrivere un documento di sintesi. Sarà poi questa la grammatica del dialogo con il papa in Arena il giorno dopo.
Ad arricchire il cammino ci saranno cinque ambasciatori di caratura internazionale, uno per ogni tavolo: per le migrazioni, l’economista e attivista brasiliano João Pedro Stedile, esponente del Movimento sem Terra; per ecologia integrale e stili di vita, l’ambientalista ugandese Vanessa Nakate; per diritti e democrazia Mahbouba Seraj, giornalista e attivista femminista afghana già candidata al premio Nobel per la pace; per il disarmo, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi; per lavoro, economia e finanza, Ken Loach, regista e voce della classe operaia britannica (ma deve confermare).Esperienze e punti di vista che daranno sostanza alla concezione sistemica e olistica della pace che informa tutta l’iniziativa, declinabile appunto solo in tanti ambiti del nostro esistere sulla terra e centrata su una dimensione che trascende il mero “silenzio delle armi”. Fratel Antonio Soffientini, missionario comboniano fra i promotori e organizzatori dell’iniziativa, sottolinea l’elemento di apertura che segna questa edizione dell’Arena, con la sua aspirazione ad «ampliare la partecipazione quanto più possibile» e a fare un punto sul contributo delle varie realtà con l’assemblea del 17. «Ovviamente - prosegue il religioso, una vita in America Latina, fra Colombia e Brasile - la manifestazione di quest’anno assume poi un rilievo particolare grazie alla visita del papa».
La politica del papa
La decisione del Santo Padre di partecipare è tutto fuorché casuale o contingente, ma rappresenta anzi il naturale sbocco di uno degli elementi che caratterizzano il suo pontificato e più in generale la sua visione della dimensione sociale della Chiesa. Già da vescovo di Buenos Aires, l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio organizzava ogni anno una messa “per una patria senza schiavi né esclusi”. Quella era l’occasione per incontrare rappresentanti delle realtà più emarginate della grande capitale argentina, dagli abitanti delle villas - il nome argentino delle bidonville - ai lavoratori informali meno tutelati. Il principio alla base di questi momenti era la volontà di portare le periferie, gli spazi di esclusione sociale, al centro dell’azione della Chiesa.
Una volta divenuto papa, Francesco ha impresso una direzione concreta a questa traiettoria ideale. I movimenti popolari sono stati infatti invitati in Vaticano la prima volta nel 2014, un anno dopo l’inizio del pontificato. Da quel momento è nato un processo di dialogo costante, a partire da tre elementi principali: tetto, casa, lavoro (Terra, Domus, Labor nella versione originale latina e poi Tierra, Techo, Trabajo nella declinazione spagnola che si è diffusa nel mondo): tre diritti inalienabili che diventano parole chiave e orizzonti di lotta per chi ne è escluso. Gli incontri popolari sono stati in tutto cinque: due a Roma, appunto nel 2014 e poi nel 2016, uno in Bolivia nel 2015 e uno, online nel pieno della pandemia di Covid-19, nel 2021.
Questo cammino approda in Arena e si unisce al percorso delle iniziative veronesi, per anni uno dei momenti di confronto più rilevanti delle varie anime del pacifismo e della nonviolenza italiana, cattolico e laico. Dal 1986 al 1993, i Beati costruttori di pace hanno convocato sei grandi incontri in Arena. Le assemblee hanno intersecato alcuni grandi temi loro contemporanei, dal sostegno ai dissidenti sudafricani durante il regime di apartheid, nel 1987, all’appello per un cessate il fuoco durante la prima guerra del Golfo, nel 1991. A Verona si sono recate in quegli anni alcune grandi figure del’attivismo mondiale, come la leader nativa guatemalteca Rigoberta Menchú, nel 1991. La dirigente campesina, un anno prima di ricevere il premio Nobel per la pace, prese parte all’Arena che volle rileggere la storia della “conquista” dell’America da parte dei popoli oppressi. Dopo la fase organizzata dai Beati, sono state convocate altre due Arene: una nel 2003, indetta dal coordinamento Pace da tutti i balconi! – decine di associazioni nazionali e centinaia del territorio veneto - per protestare contro la seconda guerra del Golfo. Nel 2014, invece, in occasione della Festa di liberazione del 25 aprile e su impulso del missionario comboniano padre Alex Zanotelli, già figura chiave delle assemblee degli anni ’80 e ’90, l’Arena è stata teatro di un appello per il disarmo. Dalla giornata in anfiteatro è nata la campagna per la nascita di un dipartimento della difesa civile “non armata e nonviolenta”.
Qui e ora
Anche il percorso di avvicinamento all’assemblea di quest’anno sta attraversando numerosi fronti di mobilitazione. Molti dei movimenti che si riuniranno a Verona stanno partecipando attivamente a campagne per un cessate il fuoco fra Ucraìna e Russia e a Gaza e a difesa della legge 185/90 che regola l’esportazione di armi italiane, per la quale sostanziali modifiche in senso limitativo sono ora in discussione in parlamento.
Una fotografia sul cammino di avvicinamento e sulla sua rilevanza la fornisce Giuseppe De Marzo, coordinatore della Rete dei numeri pari, un insieme di oltre 400 associazioni e organizzazioni sociali e di base impegnate contro disuguaglianze, povertà e mafie che sarà presente in Arena. «Per noi è un’occasione straordinaria. Siamo davanti a un bivio, per il mondo e anche per l’Italia nello specifico», spiega De Marzo, economista ecologico, attivista e scrittore. Il nostro paese infatti, prosegue, «risente della complessa situazione globale e al contempo conosce una crisi forse unica in Europa. Sono aumentate le disuguaglianze, il tasso di dispersione scolastica è fra i più alti del continente, i numeri della povertà sono triplicati e a oggi sei milioni di persone vivono in una condizione di povertà assoluta». Papa Francesco quindi, con la sua partecipazione all’Arena, fornisce ai movimenti popolari «un’opportunità per stare insieme, condividere le agende sociali e lottare insieme per aiutare il paese a uscire dalla crisi in cui è sprofondato. E per rimettere al centro le relazioni inseparabili di cui siamo parte».
Non è un caso che il punto di confluenza di tutte queste esperienze sia Verona. Ne è convinto don Renzo Beghini, presidente di Fondazione Toniolo, centro culturale e di formazione della diocesi di Verona, fra le realtà promotrici di Arena. La città scaligera, spiega, «è crocevia economico e geopolitico di due assi, est-ovest e nord-sud: è per questo che la città è un importante snodo per la logistica europea. Da questo patrimonio geografico deriva anche la sua sensibilità politica e spirituale particolare». Ne è prova ulteriore, secondo il religioso, «la presenza di una grande tradizione di volontariato, caratterizzata da grande professionalità e competenze».
Caratteristiche utili, ragiona ancora don Beghini, per «diventare il punto di partenza di una narrazione diversa da quella dominante, che è iperpolarizzata e improntata all’individualismo». Il presidente conclude: «In Arena ci saranno tante associazioni che portano con loro un’idea di società nuova e che si sporcano le mani ogni giorno: è questo patrimonio, concettuale e di azione, che ci dà la prospettiva».