Crescita e debito pubblico in Italia: binomio inscindibile. Ne parliamo con Daniele Franco, ministro dell'economia del governo Draghi

Daniele Franco già ministro dell’Economia del governo Draghi è intervenuto a Padova con una lectio magistralis sul tema del debito pubblico italiano

Crescita e debito pubblico in Italia: binomio inscindibile. Ne parliamo con Daniele Franco, ministro dell'economia del governo Draghi

Noi non le vediamo ma stanno sempre al nostro fianco, ce le tiriamo faticosamente appresso quando aspettiamo l’autobus, le issiamo sulle cappelliere dei treni locali, ci inciampiamo in coda alla posta: ogni cittadino italiano dal momento in cui nasce è come se ricevesse in dote una pesante valigia contenente una parte di quei 2.859 miliardi di euro a cui ammontava nel giugno scorso il debito pubblico del nostro Paese. Certo, il debito dello Stato e degli Enti locali è dematerializzato ma se ce lo immaginiamo in monetine, forse riusciamo a quantificare la mole del problema. «Il debito pubblico è un’alternativa alla tassazione, se devo finanziare una spesa posso tassare i cittadini o indebitarmi, questa è la prima scelta – ha spiegato il già ministro dell’economia del governo Draghi, Daniele Franco, nel corso della sua lectio magistralis tenuta a Padova lo scorso ottobre nel quadro dell’iniziativa Segnavie organizzata da Fondazione Cassa di Risparmio e Università di Padova – Quando un Paese deve gestire una guerra o un’unificazione nazionale, per esempio, non conviene aumentare le tasse enormemente in quell’anno perché gli effetti distorsivi sarebbero enormi, conviene piuttosto indebitarsi e poi ripagare nel tempo. Può essere poi utile per finanziare investimenti, soprattutto quando questi sono molto grandi, pensiamo all’unificazione italiana quando ci siamo dati una rete ferroviaria in pochi anni». Un’introduzione di metodo fondamentale che nelle parole di chi con quel debito si è misurato per buona parte della carriera – il professor Franco è stato Ragioniere generale dello Stato e Direttore generale della Banca d’Italia – aiuta anche i meno avvezzi a centrare il problema: se il debito è di per sé un peso, come questo sia stato accumulato, con quali finalità, è vitale quasi quanto affrontare il problema del suo abbattimento. «Un Paese molto indebitato ha dei vincoli a reagire a nuove crisi, l’abbiamo visto anche in quelle recenti, i Paesi più indebitati come l’Italia sono stati più prudenti di altri perché erano già arrivati ai limiti della loro capacità di indebitarsi – continua l’ex Ministro – A volte un Paese molto indebitato è obbligato a effettuare interventi d’emergenza per ridurre il deficit, per poter continuare a collocare i titoli, questo in Italia è accaduto più di una volta». Difficoltà di collocamento che si compensa, com’è successo anche di recente, magari al prezzo di aumentare i rendimenti sui titoli. «Il punto importante è che se io utilizzo il debito quando ne ho bisogno dovrei ridurlo nei tempi buoni, nelle fasi del ciclo favorevole. Ed è quello che diceva John Maynard Keynes: il debito non va ridotto quando ci sono le recessioni, faremo solo danni, il debito va ridotto negli anni buoni, e questo è un problema che in Italia ci portiamo dietro». Una difficoltà che negli ultimi trent’anni è andata di pari passo con le difficoltà generali dell’economia italiana. «La difficoltà che i Governi hanno a gestire il rapporto tra debito e Pil dal 1995 in poi, riflette anche il fatto che la crescita è molto modesta e questo agisce sul denominatore del rapporto» chiosa a un certo punto Franco, prima d’iniziare una corposa digressione sulla propensione degli italiani a tollerare l’indebitamento e al tempo stesso sostenerne il peso degli interessi. «Occorre avviare una graduale di riduzione e questo da un lato richiede di tornare ad avere un avanzo primario e, soprattutto, ad avere un tasso di crescita più elevato – ha concluso – Credo che il problema della crescita sia il nostro problema primario, perché essa porta occupazione, fa sì che i nostri giovani non siano spinti ad andare all’estero o quanto meno fa sì che i flussi migratori dei giovani siano simmetrici tra noi e gli altri Paesi sviluppati. La crescita è la sfida più difficile ma è anche il punto cruciale per riuscire a gestire il nostro debito nei prossimi anni».

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