Frastornati da un Sanremo oramai senza fine

La Rai incalza continuamente il pubblico con il Festival, un affare d’oro che alimenta la tv di stato per l’intero anno. Ma l’insistenza comunicativa (e l’onnipresenza di Amadeus) rischiano l’effetto boomerang

Frastornati da un Sanremo oramai senza fine

Il buon 2023 è già dimenticato. Siamo dentro, nel profondo del nuovo anno, pur essendo ai suoi albori. Frutto del tempo strizzato cui siamo sottoposti sul piano mediatico. Come degli eventi incalzanti e incuranti dei nostri stessi auspici augurali, con la storia che sembra non volerci lasciare più il tempo per riflettere e digerirne i fatti. Tutto incalza, dunque! Compreso quel Sanremo televisivo che è diventato un tormentone Rai, e ci perseguita con un prima, durante e dopo. Un Sanremo per tutto l’anno, pensato dai piani alti della tv di stato, che è celebrativo, quanto il Natale stesso. Un rito mediatico che ci sta frastornando più che dilettando, come se il fulcro della storia nazionale fosse quel “a.Sr” o il “d.Sr” (avanti e dopo Sanremo). Quasi un insulto all’intelletto dei cittadini che, incapaci di mollare il telecomando, devono subire la vessazione mediatica per un intero anno. Bene che ci si ricordi di essere un popolo di santi, poeti e navigatori, ma cantanti per tutto l’anno anche no! Sappiamo che per la tv nazionale, Sanremo resta un importante affare che la nutre per il resto dell’anno, ma la noia ripetitiva di molti suoi programmi che in mancanza d’altro propongono vecchi e nuovi cantanti in salsa agrodolce, fa venire la nausea. E nauseati lo siamo già, ancor prima che l’edizione del Festival della canzone italiana 2024 abbia inizio. Anche per l’onnipresenza del suo conduttore, Amadesus, che ha il dono dell’ubiquità mediatica, da uomo per tutte le trasmissioni. Che poi la televisione resti uno strumento di svago, dove la leggerezza non guasta, rimane indiscusso. Che Sanremo serva anche per addolcire quel canone imposto e mal digerito dagli italiani, è intuibile. Ma non vedo perché tanto clamore, per un evento che nel suo costrutto, cioè le canzonette, sono destinate a essere dimenticate a breve giro di walzer.

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