Fumagalli (Ucid): “Usare l’etica come leva strategica”
Aldo Fumagalli, presidente Ucid, in occasione del Giubileo degli imprenditori, riflette sull’etica nella gestione d’impresa con uno sguardo anche al mondo della finanza

Aldo Fumagalli fa parte di una importante e storica famiglia di imprenditori italiani fondatori dell’azienda di elettrodomestici Candy. Ingegnere elettronico, ha lavorato in Candy dal 1985 ricoprendo varie posizioni fino al ruolo di presidente. Dopo l’acquisizione da parte del gruppo Haier, perfezionata nel gennaio 2019, è consigliere d’amministrazione del quartier generale Europeo di Haier e presidente della società finanziaria Beldofin. Da novembre 2011 è presidente dell’Unione cristiana imprenditori e dirigenti per la sezione Monza-Brianza. Fa parte del consiglio di amministrazione della Pontificia Università Lateranense. È azionista di Numia Vero Volley Milano e presidente di Wevca, l’associazione che riunisce 12 tra i più prestigiosi club di pallavolo femminile. Aldo Fumagalli, in occasione del Giubileo degli imprenditori, riflette sull’etica nella gestione d’impresa con uno sguardo anche al mondo della finanza.
Etica e impresa: come si coniuga questo binomio?
L’atteggiamento di fondo comunemente accettato è che l’impresa non è semplicemente un soggetto economico, ma una realtà sociale e come tale l’imprenditore è chiamato a testimoniare il senso dell’azienda. Lo fa non solo nell’ambito economico ma nella sua totalità, ovvero anche nella parte sociale e culturale. La normalità dovrebbe essere la responsabilità sociale dell’impresa, quindi la responsabilità verso la comunità. Noi cristiani abbiamo sempre avuto questo come modello e la Dottrina sociale della Chiesa lo insegna molto bene. Anche l’Agenda 2030 dell’Onu e gli obiettivi Esg hanno portato a questa visione. Fin qui tutto bene. Ma il tema vero è come si può riuscire a usare l’etica come leva strategica.
In che modo si può usare l’etica come leva strategica?
Alcuni studi dicono che se si mette il vincolo etico all’impresa non si possono ottimizzare i profitti. Altri invece vanno sull’interpretazione che l’etica aumenta il livello di profitto. Leva etica insieme alla leva del profitto. Un buon approccio etico può portare a fare delle scelte strategie corrette che però si vedono nel lungo termine. Per esempio, il capitale sociale interno all’azienda, inteso come dipendenti e relazioni, se viene vissuto in chiave generativa va sicuramente nella direzione di un aumento delle prestazioni dell’impresa.
Molte aziende si sono trovate ad affrontare un problema di attrazione dei talenti che non vogliono più lavorare con realtà che hanno come unica visione il profitto: cosa significa questo?
Da questo punto di vista il fatto di avere dimostrato che disporre di strategie che hanno nell’etica una leva importante attrae talenti. Poi c’è un’altra sfumatura che trovo affascinante: è il fatto che guardando indietro i dilemmi etici sono gli stessi, invece guardando avanti sono sempre più sfidanti. Prima bastava essere una buona persona per guidare buoni comportamenti. D’ora in poi ci dobbiamo confrontare con i dilemmi morali portati dalle nuove tecnologie e in particolar modo dall’intelligenza artificiale. Occorre quindi una riflessione forte in quanto gli attuali manager non hanno ancora sviluppato una cultura che gli permetta di affrontare con consapevolezza questo cambiamento.
Guardando al mondo della finanza?
La finanza attualmente non ha dei modelli dove automaticamente si possono creare delle strategie improntate sulla parte etica. Può solo finanziare aziende che generano buoni risultati economici che poi attuano sostegni sociali. Non c’è ancora a livello di mercato finanziario una vera visione di come la moltiplicazione della ricchezza può essere coniugata con strategie che si basano su profili etici. La ricchezza prodotta viene impiegata in opere meritevoli ma a bassissimo rendimento, il denaro viene consumato non generato e questi denari vengono dalla finanza che invece accumula e moltiplica la ricchezza. Altra cosa sono il microcredito e la finanza sostenibile in quanto non usano i classici strumenti di mercato. Recentemente in occasione dell’incontro della Conferenza internazionale delle associazioni di imprenditori cattolici (Uniapac) abbiamo avuto modo di confrontarci su tutte queste cose con Stefano Zamagni il quale propone una visione nuova nell’uso del denaro introducendo il Fraternity index.
Che cosa è il Fraternity index?
Con questo indice non si misurano più gli impatti che si hanno dal punto di vista di quello che si fa, ma si misura molto di più l’attitudine che si ha nel momento in cui si affrontano i problemi. Fraternità è un concetto di attitudine, di predisposizione, mentre l’impatto sociale a cui tutti ora guardano è un effetto di risultato. Si sposta il focus dal risultato all’attitudine. Questo genera un incremento della qualità, della misura dell’attività dell’impresa dal punto di vista etico formidabile.
Costantino Coros