Il grado massimo di gratuità. Parliamo di affido e dell'importanza che vi siano ancora tante famiglie affidatarie
Vi è una vasta gamma di fecondità che va oltre quella di generare nel senso stretto del termine

È del 27 aprile scorso il richiamo sul sito dell’autorevole Ai.Bi Associazione Amici dei Bambini in merito ad un calo in Italia degli affidi dovuto a burocrazia, paura e mancanza di supporto alle famiglie così da fa sì che continui a crescere il divario rispetto ai minori inseriti in strutture di accoglienza. Le cause della crisi sono da ricercare nelle difficoltà economiche che colpiscono famiglie prima con maggiori disponibilità, gli impegni lavorativi sempre più gravosi per i genitori di oggi e infine il pregiudizio rispetto all’intero sistema: «dallo stereotipo degli affidatari “interessati solo al contributo economico”, al timore, alimentato anche da cinema e media, che i bambini vengano “strappati ingiustamente” alle loro famiglie». A tal proposito ha fatto scalpore non molto tempo fa, la notizia di un bambino che non ha potuto essere adottato dalla famiglia che lo aveva in affido da quattro anni (il padre era troppo anziano rispetto all’età del ragazzo) ed è stato inserito in una nuova famiglia adottiva con il conseguente trauma che si può intuire. Da questo punto di vista è chiaro che i Tribunali dei Minori e chi ha responsabilità in casi simili è chiamato ad un compito gravoso, maneggiando una materia incandescente qual è l’equilibrio psicologico dei bambini, ma le difficoltà che possono nascere in materia non dovrebbero dissuadere le famiglie a continuare a dare la loro disponibilità.
È evidente che l’affido presenta delle peculiarità particolari che richiedono una preparazione seria da parte dei genitori e una consapevolezza matura da parte di tutti i membri della famiglia affidataria. Si tratta, infatti, dell’esperienza che esprime il grado massimo di gratuità e che davvero mette in campo la possibilità di rapporti totalmente estranei ad una logica di possesso. I figli affidatari sono un tesoro geloso ma non da accaparrarsi, quanto da custodire per un futuro che non ci appartiene. Vivono un tempo provvisorio, di passaggio, in cui per quanto possano trovarsi bene e affezionarsi sono chiamati ad essere pronti ad una partenza, perché è nella natura delle cose che non siano adottati dalla stessa famiglia che li ha presi in affido. Si tratta di passaggi molto delicati in cui gli adulti soprattutto non possono improvvisare ma hanno bisogno di una formazione specifica che molti enti stanno iniziando a fornire. C’è bisogno di coraggio per venire incontro ad una domanda che non diminuisce ma che – come detto – tende ad essere assorbita soprattutto dalle strutture di accoglienza. Il calore di una famiglia vera e propria, tuttavia, è una dimensione insostituibile e grande è il vantaggio in termini di sviluppo della personalità quando un ragazzo può vivere il più possibile in ambiente famigliare.
L’auspicio è che anche tutte le famiglie cristiane si sentano interpellate e si interroghino sulla possibilità che hanno di aprire le porte ad altre vite che non siano quelle biologiche. Vi è una vasta gamma di fecondità che va oltre quella di generare nel senso stretto del termine e anzi in una dimensione spirituale possiamo ben dire che essere figli adottivi è qualcosa che ci accomuna tutti nella relazione con Dio Padre. Lasciamo allora che lo Spirito soffi con fantasia creativa fra le mura delle nostre case e sarà bello aprire le porte ad un’accoglienza generosa e intelligente come quella di cui abbiamo fortemente bisogno.