AI e disabilità
Se c’è un ambito dove questi sistemi stanno davvero offrendo una svolta clamorosa, questo è proprio quello del mondo delle persone con disabilità

In occasione del Giubileo delle persone con disabilità, la Conferenza Episcopale Italiana ha organizzato un convegno internazionale in cui, tra progetti di vita, politiche inclusive, testimonianze entusiasmanti e toccanti, si è parlato anche di… intelligenza artificiale!
La sessione su questo tema non è stata organizzata semplicemente perché ormai si parla, doverosamente, di questo tema in qualunque ambito. No, in questo caso c’era un interesse e domande specifiche. Perché, se c’è un ambito dove questi sistemi stanno davvero offrendo una svolta clamorosa, questo è proprio quello del mondo delle persone con disabilità.
Grazie a queste tecnologie stiamo realizzando applicazione che permettono a persone affette da cecità di leggere un testo, a uomini e donne colpite da sordità di ascoltare le voci e una musica, a chi ha perso degli arti di utilizzare protesi particolarmente raffinate. La medicina personalizzata e precoce, che grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale ha fatto un salto avanti potente, è poi particolarmente efficace e necessaria nella diagnosi e nella cura di diverse malattie disabilitanti.
Nell’ambito educativo e scolastico, molte sono ormai le applicazioni che permettono didattiche veramente inclusive, capaci di rivolgersi anche a bambini e ragazzi altrimenti difficilmente coinvolgibili. Infine, vanno segnalate tutte quelle applicazioni che possono fungere il ruolo di assistenti domestici e che, di conseguenza, favoriscono l’autonomia di persone con disabilità.
Sembra il festival delle meraviglie. Lo è davvero. E perché sia sempre più così, dobbiamo vigilare su almeno tre aspetti. Il primo è che, causa dei costi altissimi di queste tecnologie, tali strumenti siano il più possibile alla portata di tutti e non solo di alcuni. Lo sviluppo tecnologico porta sempre con sé una domanda importante e ineludibile di giustizia. Il secondo è la custodia dei dati e delle informazioni personali, questione che segna tutto il dibattito sull’intelligenza artificiale ma che diventa ancor più sensibile quando si tratta di persone segnate da fragilità importanti.
La terza questione è più ampia, quasi di sfondo. In un’epoca in cui, fortunatamente, la tecnologia risponde a non poche domande di cura, corriamo il rischio serio di perdere in umanità. Guai se la digitalizzazione corrispondesse a depersonalizzazione; guai se a causa di uno strumento tecnologico che risponde a molte domande e risolve molti problemi pratici, nessuno suonasse più al campanello di una persona con disabilità che ha molti strumenti per vivere – finalmente! – in modo autonomo.
Come sempre accade lo sviluppo tecnologico ci chiede, ci impone di custodire la nostra umanità. Ci permette di dare il meglio di noi!
Ridare la vista ai ciechi è uno dei segni che secondo il profeta Isaia (cf Is 35,4) manifesta il Regno di Dio all’opera. È anche uno dei miracoli più frequenti di Gesù, il quale non si limita mai a risolvere un problema fisico, ma pone questi gesti affinché la gente si converta e i guariti possano seguirlo e lodare Dio per ciò che è accaduto loro. Un segno potente che nel guarire una malattia chiama a una conversione totale.
Oggi con i sistemi di intelligenza artificiale, in alcuni casi, “i ciechi recuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono” (Mt 11,5). Che questa meraviglia che sta accadendo davanti ai nostri occhi e grazie alla nostra intelligenza, sia per tutti occasione di lode e di conversione.