Giacobbe ed Esaù. Due gemelli che più diversi non avrebbero potuto essere
Isacco per Esaù, Rebecca per il “suo” Giacobbe: sembra di vederli questi genitori che cercano di mettere sul tavolo i meriti dei due figli.
Anche all’inizio della storia matrimoniale fra Isacco e Rebecca c’è la prova della sterilità (Gn 25, 21). Non sarà la prima volta e neppure l’ultima. La Bibbia sembra ricordarci continuamente che la vita non ci è dovuta, non è scontata, è un dono e come tale va chiesto ed offerto. Isacco “supplica il Signore per sua moglie”: una bellissima immagine, una preghiera per la fecondità e la felicità di chi gli sta a fianco. Quante volte riusciamo a scorporare la preghiera dal nostro io, dalle nostre richieste e a farla diventare un dialogo con il Signore di vera intercessione per qualcun altro? Isacco è esaudito con abbondanza e Rebecca resta incinta di due gemelli eterozigoti: uno più diverso dall’altro. Fin dal grembo materno scalciano come se si azzuffassero e la madre inquieta si domanda il perché. Il Signore risponde con una profezia riguardo alle due nazioni che da esso nasceranno e pare non venire incontro allo spirito di concordia che dovrebbe instaurarsi fra fratelli. Sembra un destino segnato. Il parto è icastico e simbolico, Esaù, esce per primo, rossiccio e peloso, Giacobbe esce dopo ma gli tiene il calcagno. Noi oggi non ci affidiamo più a questi segni e l’ostetricia moderna ha molto medicalizzato quello che alle origini era veramente un momento drammatico in cui la vita e la morte (dei feti e della madre) non potevano che essere totalmente affidati alla Provvidenza di Dio.
Esaù e Giacobbe, invece, sembrano dei predestinati: uno diventa abile nella caccia, avvezzo alla vita nella steppa, l’altro, forse più fragile, sta sotto le tende… oggi si direbbe “tutto casa e chiesa”. Anche i genitori lasciano che i loro sentimenti immediati prendano il sopravvento, manifestano apertamente delle preferenze: Isacco per Esaù, Rebecca per il “suo” Giacobbe: sembra di vederli questi genitori che cercano di mettere sul tavolo i meriti dei due figli, senza spostare di una virgola il loro punto di vista, senza riuscire a condividere un amore per entrambe che non privi i due giovani di una parte essenziale della loro autostima e identità… Quando un padre apostrofa il figlio dicendo alla moglie “tuo figlio ha fatto questo o quello” e viceversa… La pedagogia di casa è minata all’origine. Non c’è una vera pace all’interno di questa famiglia, una bomba ad orologeria sta per esplodere. Il primo episodio è la cessione da parte di Esaù della primogenitura a suo fratello minore. Scaltro e abile con le parole, Giacobbe fa leva sulla fame del fratello e sulla sua impulsività e lo “frega”, come diremmo oggi, senza che neanche lui se ne accorga granché.
Poi, dopo varie vicissitudini in cui anche Isacco si trova a provare l’escamotage rischioso del padre di far passare la moglie per sorella, Esaù morde il freno, vuole rendersi autonomo e causando “intima amarezza” nei genitori Isacco e Rebecca, prende due mogli ittite. Sembra un’offerta commerciale, due donne come fossero un bottino, ma in realtà sono il segno di una mancanza di volontà di restare nel solco della benedizione che i propri padri hanno ricevuto dal Signore, vuol dire non avere a cuore le proprie radici. Con questo presupposto si consuma il grande inganno, ordito da Rebecca. Isacco, quasi cieco, sente venir meno le forze e vuole benedire il suo figlio primogenito: gli chiede di cacciare della selvaggina, perché possa preparargli il suo piatto preferito, mangiarne e poi essere benedetto prima che lui muoia. La madre di Giacobbe sente tutto e organizza alla perfezione la sostituzione dei figli per la benedizione.
Cucina il piatto preferito del marito (quanto è importante saper stare ai fornelli per la vita famigliare!), si inventa anche un costume irsuto per le braccia glabre del figlio e il gioco è fatto. Giacobbe riceve la benedizione solenne di suo padre, il quale quando capisce cos’è successo non può far niente se non subire l’ira di Esaù, che si sente defraudato e vorrebbe una riparazione che non può avere, anzi le parole che il padre gli rivolge sembrano suggellare una vita fatta di fatica e di violenza (Gn 27, 39-40). In casa non c’è più posto per Giacobbe, il fratello Esaù aspetta solo che il padre muoia, per vendicarsi ed ucciderlo e ancora una volta è Rebecca che organizza la fuga del suo figlio preferito, non prima, però, che il padre gli abbia raccomandato – la storia si ripete – di cercare moglie fra i parenti di sua madre, da quel Labano che abbiamo già conosciuto. Mentre Esaù, vista la partenza del fratello, quasi per ripicca, sposa un’altra donna discendente di Ismaele, Giacobbe inizia il suo viaggio e lo inizia nel migliore dei modi con un grande sogno premonitore, un’infusione di coraggio e speranza che quello che ha intrapreso è un cammino che darà molto frutto.