Il Coronavirus al tempo dei Promessi sposi: la peste del 1630. Analogie e ricorsi

Quattro secoli fa, per l’esattezza 390 anni ci distanziano dalla peste del 1630 descritta dal Manzoni nei capitoli 31 e 32 dei Promessi Sposi. A rileggerli sono incredibili le analogie che si possono riscontrare. Vediamone qualcuna.

Il Coronavirus al tempo dei Promessi sposi: la peste del 1630. Analogie e ricorsi

Sottovalutazione. «La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimenti che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia». Quel che dapprima ci eravamo abituati a vedere da lontano ora è fra noi con disarmante attualità. Anche allora come oggi venne sottovalutata. Fu ritenuta «effetto consueto dell’emanazioni autunnali delle paludi o dei disagi e degli strapazzi sofferti nel passaggio degli alemanni».

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Paziente zero. «Dicono che fu un soldato italiano al servizio della Spagna… un fante sventurato portatore di sventura, con un gran fagotto di vesti comprate o rubate a soldati alemanni, appena arrivato s’ammalò, fu portato all’ospedale e il quarto giorno morì». Il Covide-19 pare sia arrivato dalla Germania al Lodigiano verso la fine di gennaio da una persona asintomatica che ha scambiato il suo malessere per una normale influenza. La descrizione del Manzoni rispetta il canone di un lento crescente di tensione: «Per tutta la striscia del territorio percorsa dall’esercito, s’era trovato qualche cadavere nelle case, e qualcheduno sulla strada. Poco dopo, in questo e in quel paese, cominciarono ad ammalarsi, a morire, persone, famiglie, di mali violenti, strani, con segni sconosciuti alla più parte de’ viventi». 

Le restrizioni. «Il Tribunale della Sanità, chiedeva e implorava cooperazione, ma otteneva poco o niente». Sembra quasi echeggiare i moniti del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, con esiti per fortuna diversi da allora, dato che i veneti stanno dando ottima prova di civiltà, coesione e responsabilità verso le norme emanate.  

Marzo. «Sul finire del mese di marzo, cominciarono… a farsi frequenti le malattie, le morti, con accidenti strani di spasimi, di palpitazioni, di letargo, di delirio, morti per lo più celeri, violente, non di rado repentine, senza alcun indizio antecedente di malattia». È lo stesso mese difficile di quarantena totale che tutto il paese sta vivendo.

Ricoveri ospedalieri. «Nel lazzaretto, dove la popolazione, quantunque decimata ogni giorno, andava ogni giorno crescendo, era un’altra ardua impresa quella di assicurare il servizio… e di stabilirvi il governo ordinato dal tribunale della sanità». È la fotografia della continua emergenza in molte strutture sanitarie stremate dal numero crescente dei ricoveri. 

Bisogno di medici, infermieri e ospedali. «Bisognava tener fornito il lazzaretto di medici, di chirurghi, di medicine, di vitto, di tutti gli attrezzi d’infermeria; bisognava trovare e preparar nuovo alloggio per gli ammalati che sopraggiungevano ogni giorno. Si fecero costruire in fretta capanne di legno e di paglia…». Nel Seicento si costruirono in quattro e quattr’otto strutture di soccorso per ospitare quattromila pazienti. È quanto sta cercando di fare il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana in una corsa contro il tempo.  

Commissari speciali. «Il tribunale e i decurioni non sapendo dove battere il capo, pensaron di rivolgersi ai cappuccini, e supplicarono il padre commissario della provincia… Felice Casati, il quale godeva una gran fama di carità e di fortezza d’animo… sempre affaticato e sempre sollecito, girava di giorno, girava di notte». Sono i nostri commissari Domenico Arcuri e Giovanni Borrelli. In Lombardia ora anche Guido Bertolaso.

Le regioni coinvolte. «Lombardia, il Veneziano, il Piemonte, la Toscana, e una parte della Romagna» persino come aree maggiormente interessate regge l’analogia sebbene ora sia tutto il paese interessato.   

Le bufale. Oggi come allora giravano informazioni del tutto inaffidabili che il Manzoni definisce «trufferia di parole», relative agli inganni del linguaggio. I social sono strumenti importanti per la condivisione ma molto meno per la trasmissione di notizie scientifiche. 

Certo, a parlare di peste non è stato solo Manzoni — molto prima di lui Tucidide e Boccaccio e dopo di lui Camus ne La peste e Saramago in Cecità — hanno affrontato questo argomento inserendovi riflessioni varie. 

Patrizio Zanella
storico e docente di religione alle scuole superiori di Dolo

 

 

Le due illustrazioni allegate sono relative alla edizione dei Promessi Sposi del 1840 impreziosita dai disegni di dell’illustratore Francesco Gonin. 

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