Migranti, la nuova pietra d'inciampo. Le parole e i gesti

Il tema dei migranti, ricordava domenica scorsa il vescovo Claudio nella sua omelia a conclusione della Marcia della pace, «oggi sembra essere la nuova pietra di inciampo per tanti». Che non significa equipararli alle vittime della Shoah, ma ribadire che un tema così delicato chiede a ciascuno di fermarsi, riflettere, ricordare che in ballo ci sono persone in carne e ossa. Se abbiamo il coraggio di “inciampare” sui loro nomi e sulle loro storie, forse gesti e parole cambieranno.

Migranti, la nuova pietra d'inciampo. Le parole e i gesti

Le pietre d’inciampo sono piccole targhe d’ottone. Portano inciso il nome, la data di nascita, il luogo di deportazione, la data di morte delle vittime del nazismo. Sono un monito a fermarsi, riflettere, ricordare per nome chi era stato ridotto a semplice numero.

Il tema dei migranti, ricordava domenica scorsa il vescovo Claudio nella sua omelia a conclusione della Marcia della pace, «oggi sembra essere la nuova pietra di inciampo per tanti». Quasi in contemporanea, papa Francesco spiegava che per gestire un fenomeno epocale come quello delle migrazioni servono cuore aperto e memoria, ma anche prudenza e realismo.

Serve la politica, insomma, «una buona politica al servizio della pace» come ha più volte sottolineato.

Sulle soluzioni concrete sarà anche possibile dividersi: nessuna è perfetta, nessuna vale “senza se e senza ma”, cuore aperto e prudenza andranno mescolati di volta in volta nelle giuste dosi. Ma c’è un “prima” su cui dividersi non è accettabile, e che la Marcia della pace ha rilanciato col suo appello a restare umani, sentirci parte di un comune destino, rifiutare le visioni riduttive e prima d’ogni altra cosa «lavorare perché rimanga vivo in noi il senso di scandalo di fronte a parole e gesti, che come virus rischiano di ammalare il corpo intero».

Non solo i gesti ma anche le parole devono scandalizzarci. Le parole spesso vengono prima, si insinuano ambigue nelle coscienze, ci anestetizzano e creano così il terreno favorevole a chi scommette sulla divisione, a chi lucra sulle paure alimentando guerre tra vecchi e nuovi poveri.

Dire che i migranti sembrano una nuova pietra d’inciampo, non significa allora equipararli alle vittime della Shoah, ma ribadire che un tema così delicato chiede a ciascuno di fermarsi, riflettere, ricordare che in ballo ci sono persone in carne e ossa.

Se abbiamo il coraggio di “inciampare” sui loro nomi e sulle loro storie, forse gesti e parole cambieranno: i nostri, innanzitutto, e magari quelli di chi ci governa. Se invece accettiamo di ridurli a semplici numeri, freddi e impersonali, resteremo parte del problema. Non della soluzione.

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