No, l'Islam non è maschilista

Marisa Iannucci, ricercatrice e studiosa, rilegge il contributo offerto dalle donne al pensiero islamico e le cause della loro progressiva emarginazione. Le donne sono le prime vittime del clima di razzismo e paura nei confronti dell'islam che oggi domina anche l'Europa.

No, l'Islam non è maschilista

Sure del Corano, fede al femminile, Islam oltre i pregiudizi. Marisa Iannucci, 47 anni, un figlio di 9 anni, è una ricercatrice e attivista per i diritti umani di Ravenna. Ha appena pubblicato il volume Sulle donne musulmane. Scritti di Mohammed al-Ghazālī as-Saqqa (Giorgio Pozzi Editore, pagine 170, euro 18).

«Al Ghazali era un teologo profondamente impegnato nel progetto di cambiamento della società musulmana nell’ambito del movimento islamico, negli anni del regime di Nasser. Nel suo libro Qadaya al mar’a (La condizione della donna), parla della donna nella storia islamica e come emerge dal Corano e dalla Sunna: sottolineando la parità di genere nell’Islam denuncia sessismo e discriminazione molto diffusi nella cultura religiosa popolare anche attraverso la circolazione di testi falsi o distorti, di cui spesso sono colpevoli i religiosi. Nella storia dell’Islam fin dalle origini le donne sono state sapienti teologhe e giudici, insegnanti e governanti. Poi la cultura patriarcale ha preso il sopravvento causando emarginazione delle donne e scomparsa dalla sfera pubblica e dal mondo del sapere, seppure con importanti eccezioni. Come in altri contesti religiosi, del resto, ritengo che il dominio maschile sia trasversale alle culture: il patriarcato è  dominante in tutto il mondo da sempre. Come sottolinea sarcasticamente Al-Ghazālī, questo fastidio per le donne colpisce certi uomini solo in moschea. Solo il ritorno allo studio della religione può impedire la strumentalizzazione da parte del potere patriarcale, e può contrastare il maschilismo imperante nelle consuetudini dei musulmani, nei Paesi arabi come altrove. Lo sanno bene le femministe musulmane che da qualche decennio hanno intrapreso lo studio delle fonti e dell’esegesi classica. Hanno iniziato un importante lavoro di critica della tradizione sapienziale classica e la decostruzione delle interpretazioni di alcuni versetti coranici».

Prima con l’11 settembre e poi con Daesh gli stereotipi sull’Islam sono serviti ad alimentare le discriminazioni dei musulmani...

«Dal 2001 abbiamo assistito a una stigmatizzazione dell’Islam funzionale ai progetti di guerra che hanno portato morte e distruzione in tutto il Medio Oriente e alimentato il terrorismo fino al mostro Daesh. L’Islam è diventato il nuovo nemico dell’America e quindi dell’Occidente, come voleva chi ha sostenuto il programma dello “Scontro di civiltà” di Huntington. Chi ha pagato di più sono le popolazioni, innanzitutto quelle che hanno subito direttamente la guerra, e sono in maggioranza musulmani. Ma forti ripercussioni si sono avute anche in Occidente, dove è aumentata in maniera impressionante l’islamofobia. L’informazione sull’Islam, quando non è addirittura funzionale alla costruzione della paura, è superficiale, imprecisa, esprime una pericolosa ignoranza, soprattutto in Italia. Sono le donne a subire il razzismo islamofobo. Sono aumentati gli episodi di aggressioni fisiche e verbali verso le donne velate, bersaglio del pregiudizio alimentato anche dai media».

Il culto mariano, in particolare fra gli sciiti, rappresenta una “devozione comune” con i cattolici. Come nasce?

«Il culto mariano non fa parte dell’ortodossia islamica, si pratica a livello popolare ma rappresenta una “deviazione”. Non perché è rivolto a Maryam, ma perché nell’Islam non si adora nessuno tranne Dio: è il maggiore peccato che si possa commettere pregare altri che Iddio. Ciò non toglie che Maryam sia figura centrale del Corano. Non solo è madre di Isa (Gesù), che viene sempre citato in relazione a lei (Gesù figlio di Maryam), ma è una donna benedetta e il favore di Dio su di lei è evidente dalla sua nascita. Il Corano le dedica una Sura intera che prende il suo nome. Inoltre racconta di lei nella Sura della famiglia di Imrān, che parla della famiglia da cui proviene. La narrazione inizia con le parole della moglie di Imrān gravida, che prega e promette a Dio che il bambino che porta in grembo verrà consacrato e servirà al tempio. Una volta partorito la bambina, la chiama Maryam e prega Iddio perché protegga lei e la sua discendenza da Satana. Con la figura di Maryam la Scrittura sovverte la cultura che non le avrebbe permesso di consacrarsi a Dio nel tempio. Il Corano onora Maria con il titolo di Siddīqa, “donna di verità”, denotando la sua sincerità di credente e donna retta. Sidq, ovvero la veridicità, è un grado molto alto di moralità e una delle qualità dei profeti. Non stupisce, dunque, che Maria agli occhi di molti teologi musulmani del Medioevo sia stata considerata “profetessa di Dio”. La narrazione coranica riprende nella Sura XIX, che prende il suo nome: è, di fatto, l’unica Sura del Corano che porta un nome di donna. Inoltre, Maria è l’unica donna menzionata per nome nel Corano. Ci sono molte figure femminili, ma nessuna viene citata per nome. Il nome di Maria compare 34 volte nel Corano, molto di più che nel Nuovo Testamento».

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