Smartphone, prigionia digitale. Le nuove tecnologie rappresentano una risorsa

Le nuove tecnologie rappresentano una risorsa, ma rischiano di diventare un problema a partire dall’uso che ne fanno gli adulti. I ragazzi vanno accompagnati, ma prima di tutto sono i genitori che devono imparare un modo più equilibrato di rapporto con la tecnologia. L'approfondimento del professor Alessio Vieno del dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell'università di Padova e di Eleonora Sgaravatti, dirigente psicologo dell'Ulss 3 Serenissima.

Smartphone, prigionia digitale. Le nuove tecnologie rappresentano una risorsa

Restiamo sempre più disorientati e perplessi davanti a bambini e adolescenti iperconnessi con la scuola a distanza, i videogiochi, i social network, la tv…

La vita di tutti, non solo quella dei ragazzi, è cambiata in maniera drastica da quando teniamo tra le mani un cellulare e spesso noi adulti, per primi, non abbiamo l’esatta consapevolezza della rivoluzione in cui per primi siamo immersi (o sommersi?).

«L’utilizzo massiccio delle tecnologie le sta rendendo in molti casi una prigione interiore» è il commento del professor Alessio Vieno, psicologo del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova. Uno strumento nato per metterci in connessione con il mondo «ci sta rinchiudendo dentro noi stessi, sebbene non dobbiamo trascurare il fatto che sia stata, soprattutto in quest’ultimo anno, un’enorme risorsa sociale».

I recenti studi sugli effetti del telefonino dimostrano quanto il nostro cervello reagisca e non sia per niente impassibile anche solo di fronte a un banale messaggio di notifica: «Il trillo incrementa il battito – spiega Vieno – l’organismo aumenta la produzione di cortisolo e adrenalina che provocano l’ansia. Le modifiche fisiologiche all’arrivo di una notifica indicano che l’organismo si predispone come davanti a una minaccia; altri effetti sono mancanza di sonno, mal di testa, depressione, stato di ansia continuo. Per ritornare allo stesso livello di attenzione prima dell’arrivo di una notifica, abbiamo bisogno di 15 minuti per ritrovare la concentrazione cognitiva precedente».

Ma se spostiamo l’attenzione sui ragazzi, quali spie possono farci capire che sono in difficoltà? Esistono regole applicabili dentro al contesto familiare per lo sviluppo di una relazione equilibrata con la tecnologia?

Eleonora Sgaravatti è dirigente psicologo dell’Ulss 3 Serenissima, Unità operativa complessa infanzia adolescenza famiglia, all'interno della quale è presente il polo Adolescenti, servizio dedicato ai ragazzi tra i 12 e i 21 anni e alle diverse forme di disagio che possono vivere in età adolescenziale. «Prima di tutto – sottolinea Eleonora Sgaravatti – pensiamo all’enorme risorsa che hanno rappresentato in quest’ultimo anno per permetterci di vederci, sentirci più vicini e confrontarci sebbene isolati socialmente. Il device però deve restare uno strumento, che ci permette di portare a termine un obiettivo specifico, ad esempio una telefonata per sentire un amico oppure per esplorare un social media dov’è presente un profilo di una persona che abbiamo incontrato e di cui vogliamo approfondire la conoscenza. Questo resta un uso funzionale. L’utilizzo disfunzionale compare quando il device diventa il fine, cioè viene preso in mano perché si ha solo bisogno di tenerlo in mano, non perché si desidera sentire un amico, scoprire qualche informazione o fare qualcosa di specifico».

Un’altra spia di disagio è quando la modalità nell’uso del telefonino diventa esclusiva per i ragazzi: «Dobbiamo allarmarci – continua Sgaravatti – quando nella loro vita quotidiana l’uso non riveste più un sentimento di piacere, cioè qualcosa che li fa stare meglio, ma diventa esclusivamente un bisogno, una necessità di cui non riescono a fare a meno. Ci dobbiamo spaventare quando vengono messe sotto attacco le aree di sviluppo e di vita fondamentali per i ragazzi che hanno, tra i loro compiti principali, l’individuazione di sé per capire chi sono, per costruirsi un’identità propria. Un altro compito che hanno è sviluppare da un lato la relazione con i pari e, dall’altro, con la famiglia da cui devono iniziare gradualmente a separarsi».

Inevitabilmente oggi la tecnologia condiziona i ragazzi nei loro compiti specifici e purtroppo rischiano di subentrare comportamenti patologici, come la depressione e la fatica di addormentamento, di cui risentono le capacità cognitive, ad esempio con il conseguente calo del rendimento scolastico. La pandemia ha allargato a dismisura l’uso, ma abbiamo bisogno, ancora una volta, di contestualizzare: «Il problema non è quanto vengono utilizzati questi nuovi strumenti, ma come sono usati. Quando la modalità diventa esclusiva e risucchiante per i ragazzi questo rappresenta un problema. Spesso l’uso massiccio dei device non è la causa, ma la conseguenza di un disagio affettivo che stanno attraversando e dagli studi emerge che i social sono un primo tentativo del ragazzo di “autocurarsi”, anche se il legame resta virtuale. L’uso non va poi sempre demonizzato: la rete ci dà possibilità di espressione e di creatività ed è assolutamente fondamentale portare avanti per loro il processo evolutivo di crescita in questo periodo».

Le strategie di intervento da adottare in famiglia ci sono. «Quando diamo regole, dobbiamo essere coerenti e condividerle con loro, a ritagliarci degli spazi di vita per fare qualcosa insieme a loro. Dobbiamo anche imparare a fare più rete con la scuola e con il territorio perché da soli è difficile stare dietro a difficoltà tanto importanti».

Sblocchiamo il telefonino 80 volte al giorno

Quando l’utilizzo diventa smodato sorge inevitabilmente un problema, molto simile a quello sull’abuso di sostanze. «Secondo Apple – spiega il professor Alessio Vieno – prima della pandemia gli utenti medi sbloccavano lo smartphone 80 volte al giorno (30 mila volte all’anno); il primo utilizzo della giornata avviene un quarto d’ora dopo il risveglio e l’ultimo subito prima di addormentarsi. È ormai parte di ogni momento della giornata: il 25 per cento non esce di casa senza il caricabatterie; il numero di cellulari venduti ha superato quello delle tv».
Oggi il 70 per cento della popolazione mondiale possiede uno smartphone.

Webinar

The Net onlus è centro clinico che che da diversi anni si occupa sul territorio padovano di ricerca, formazione e clinica dei disagi psicologici attuali (ansia, attacchi di panico, depressione, dipendenza da smartphone e social network, ritiro sociale e, in generale, disagio infantile, adolescenziale e familiare).

“Diventare adolescenti 4.0” è il ciclo di conferenze online promosso e organizzato dall’associazione, nell’ambito del progetto del Comune di Padova “La città delle idee”. Gli incontri gratuiti (il prossimo è sabato 10 aprile dalle 14 alle 15.30) si rivolgono a genitori, insegnanti ed educatori sul tema dell’adolescenza nell’era dei social network. Sono affiancati da laboratori pratico-creativi (già tutti sold out) per ragazzi dagli 8 ai 15 anni. Iscrizioni ai webinar sempre possibili: www.thenetonlus.com oppure info@thenetonlus.com

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