Tappare i buchi non basta, servono soluzioni. L’Italia delle emergenze croniche: i cittadini chiedono risposte

Chi ha paura dei poveri e degli ultimi? Una rapida carrellata alle prese di posizione della politica di casa nostra, fa pensare a quanto sia rischioso appartenere a una di queste categorie oggi, in Italia (ma non solo). La rassegna non può non partire dal caso della “cauzione” da 5 mila euro che i migranti in arrivo in Italia dovrebbero pagare per non finire in un centro controllato e sorvegliato. 

Tappare i buchi non basta, servono soluzioni. L’Italia delle emergenze croniche: i cittadini chiedono risposte

Al di là di quali siano i centri di cui si parla, non regge la difesa del ministro Piantedosi che riferisce il provvedimento a una norma europea. Non regge perché, pur rappresentando l’Unione un orizzonte oramai consolidato e accolto dalla stragrande maggioranza degli italiani, in tema di governo del fenomeno del millennio la Commissione e ancor più il Consiglio Europeo si dimostrano insufficienti da oltre dieci anni. Prima ancora che il devastante naufragio di Lampedusa aprisse definitivamente gli occhi del mondo sul cimitero mediterraneo. Nessuno ignora la spesa che un Paese, e l’Italia in particolare, deve sostenere per l’accoglienza, ma chiedere ai migranti in arrivo del denaro per non essere reclusi significa rinunciare allo status di Stato di diritto e porsi sullo stesso piano degli scafisti che lucrano sulla disperazione di questa gente. Affermare, come ha fatto il ministro Salvini, che comunque si tratta di gente che ha già pagato per arrivare o che arriva con telefonini, scarpe o catenine, significa voler continuare a ignorare le ragioni profonde di queste partenze o leggerle solo dal punto di vista domestico, italico, piccolo borghese. La globalizzazione è arrivata anche in Africa, come ha ben spiegato il regista Matteo Garrone il cui film Io, Capitano – che racconta il viaggio di due giovanissimi africani verso l’Italia – rappresenterà il nostro Paese agli Oscar: una gran bella notizia. Questo significa che non sempre e non per forza chi emigra versa in condizioni disperate, ma noi non possiamo misurare il diritto a partire sulla base della stretta sopravvivenza. I giovani partono perché altrimenti non hanno futuro, non hanno opportunità, non hanno scelta, mentre i social e le news raccontano loro di un mondo in cui, con tutti i limiti del caso, inseguire un sogno si può, realizzare un progetto di vita è perfettamente nella norma. E a leggere le bozze del decreto passato in Consiglio dei ministri mercoledì 27 settembre si capisce che la situazione non migliora: i ragazzi in arrivo da soli dovranno dimostrare di essere minorenni, dai 16 anni potranno finire in centri per adulti, le stesse donne incinte avranno meno garanzie di prima. Ancora non si comprende che l’unico modo umano per rientrare delle spese dell’accoglienza è gestire il fenomeno, rendere questi giovani buoni lavoratori, immetterli nel nostro sistema economico che fatica a trovare figure professionali di molti tipi. Ma non è tutto qui. Ci sono anche i poveri nati in Italia. A loro andrà il miliardo e trecento milioni di euro del decreto a tutela del risparmio delle famiglie disagiate con Idee sotto i 15 mila euro o 30 mila e con almeno quattro figli. Questa cifra si trasformerà in aiuti per pagare la benzina e il riscaldamento. Il tutto mentre ancora il meteo riserva temperature estive. Che cosa sarà di queste famiglie nell’arco del lungo inverno che ci attende? Come oscilleranno i prezzi dell’energia in questa seconda stagione fredda dopo la chiusura repentina dei gasdotti che provengono dalla Russia? Ancora una volta, occorre osservare il problema nel suo complesso, anziché ostinarsi a tappare le falle che si aprono puntualmente nel sistema. Se le famiglie non possono permettersi quanto serve per vivere (e non il surplus, che pure a volte aiuta a portare avanti anche l’ordinario) occorre intervenire, come più volte scritto in queste pagine, sui salari e sul sistema fiscale. Quella delle migrazioni e della crescita della povertà in Italia sono due emergenze croniche che necessitano di visione e di competenze per essere risolte. Un banco di prova per tutta la nostra classe politica, non solo per la coalizione oggi al Governo. I cittadini attendono risposte.

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