Un pensiero nel buio. Domande sulle tragedie d’agosto a Caronia, Val Grana, Val Malenco

Sono ritornate domande che, nonostante il loro ripetersi, sono sempre un grido lacerante: “Dov’era Dio? Perché ha permesso tutto questo? Perché morire a pochi anni di vita? Perché…?”.

Un pensiero nel buio. Domande sulle tragedie d’agosto a Caronia, Val Grana, Val Malenco

Caronia (Messina), Val Grana (Cuneo), Val Malenco (Sondrio). Tragedie d’agosto. Tra le vittime ci sono bambini, ragazzi e giovani. Tranne Viviana, con il suo piccolo Gioele, stavano vivendo giornate serene. Alcuni erano saliti in alta montagna per ammirare le stelle delle notti di san Lorenzo.
Improvvisamente la morte si è presentata sulle loro strade. Sono ritornate domande che, nonostante il loro ripetersi, sono sempre un grido lacerante: “Dov’era Dio? Perché ha permesso tutto questo? Perché morire a pochi anni di vita? Perché…?”.

Come un fruscio sono ritornate le parole e i silenzi di uomini e donne che hanno attraversato le notti della sofferenza, dell’angoscia e della morte. Non sono risposte, neppure pretendono di esserlo. Sono pensieri attorno al senso del vivere, del morire, dello sperare. Chi crede si interroga sulla presenza o sull’assenza di Dio, oppure sulla sua “presenza-assenza”. Chi non crede si pone, e pone a chi crede, domande che arrivano ai bordi del mistero.
“Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. (…) Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi”.

E’ la scrittrice olandese Etty Hillesum a rivolgersi a Dio mentre il suo popolo, il popolo ebraico, veniva sterminato nei campi di sterminio nazisti. Lei aveva scelto di stare con il suo popolo ed era morta ad Auschwitz nel 1943. Avvertiva il rischio che l’immenso dolore potesse provocare la rimozione di Dio dalla vita di quanti si sentivano da lui abbandonati e traditi. A questo “Dio indifeso” Etty Hilesum si rivolgeva scrivendo nel Diario: “L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini.
Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi”.

Come pensare di difendere Dio? Etty Illesum si spiega: “Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia ma credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio”.
Sulle tragedie d’agosto, anche nella memoria di quella del ponte di Genova, c’è anche il soffio del pensiero di una piccola donna.

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Fonte: Sir