Dopo la fuga dal padre violento, oggi ha una nuova vita: la storia di Samantha

La giovane donna ha avuto il coraggio di denunciare, oggi vive in una casa rifugio e sta partecipando al percorso di orientamento formativo del progetto Talenti per l'inserimento socio-lavorativo di 12 donne vittime di violenza

Dopo la fuga dal padre violento, oggi ha una nuova vita: la storia di Samantha

Essere una donna libera, ritornare a fare una vita serena ed iniziare un percorso formativo che possa portare ad una occupazione lavorativa vera e propria. Sono questi i desideri di Samantha (il nome è di fantasia) la giovane donna di 32 anni che, dopo diversi anni di sopraffazione, ha avuto il coraggio di denunciare un padre violento salvando se stessa, la madre e la sorella. Oggi vive in una casa rifugio e sta partecipando al percorso di orientamento formativo del progetto Talenti per l'inserimento socio-lavorativo di 12 donne vittime di violenza promosso da Confesercenti, Aeffe, coop.sociale Pantogra e Comune di Palermo.

Oggi chi è Samantha e qual è il suo primo desiderio?
Dopo tutta la sofferenza che ho vissuto, insieme a mia sorella e mia madre, finalmente mi sto riappropriando del mio grande desiderio che è quello di avere un lavoro. Mi piacerebbe impegnarmi in una sala bar. Nella mia vita non ho mai lavorato; alcuni anni fa mio zio - che poi è morto - mi aveva proposto di iniziare a fare pratica dentro un locale ma, a causa di molte difficoltà familiari legate a mio padre, non ho potuto farlo. Mio padre non mi permetteva di fare nulla impadronendosi anche di tutte le possibili scelte della mia vita.

Oggi vivi in una comunità protetta, in una casa rifugio?
Sì, la mia vita è molto migliorata soprattutto dal punto di vista umano perché mi sento molto più serena e sto riprendendo a poco a poco - grazie a tante persone 'vere' che mi seguono dandomi tanti consigli - di nuovo a sognare e sperare di costruirmi un futuro diverso rispetto al passato.

Cosa è successo?
L'anno scorso dopo un lungo periodo di segregazione a casa senza potere fare niente, ho avuto la forza di dire basta e di interrompere tutte le mie sofferenze. Sono stati anni difficilissimi perché a casa ero imprigionata e ho vissuto troppe cose brutte. A poco poco ho capito che dovevo reagire e chiedere aiuto per il bene mio, di mia madre e di mia sorella che oggi hanno problemi di salute e sono in due comunità di salute mentale. Ricordo che a 14 anni mi ero iscritta in un istituto alberghiero ma mio padre mi fece ritirare dalla scuola. Per lungo tempo in famiglia mi sono presa tutta la responsabilità di accudire mia madre e mia sorella. Soffrivo tanto, mi sentivo sola e nata in una famiglia 'sbagliata'.

Quando hai preso la decisione di farti aiutare?
Un giorno dissi con coraggio a mia madre che non potevamo subire più perché era arrivato il momento di scappare, di andarcene da quella casa per spezzare tutta la forte catena di negatività che c'era nella nostra vita. Quando siamo fuggite, ci siamo poi rivolte ai carabinieri per essere aiutate. Da sempre, soprattutto mia madre ma poi anche io eravamo solo delle vittime in quella casa. Alcune volte picchiava mia madre davanti a me; ricordo un pugno in bocca che diede a mia mamma facendole uscire sangue. Da quel momento non ho retto più. Ha picchiato anche me un giorno in modo forte spingendomi contro una vetrina. Pensavo in quel momento che sarei morta.

Negli anni avevate fatto denunce?
Mia madre ha fatto tante denunce ma nessuno faceva nulla e nessuno sembrava volesse ascoltare il forte grido di sofferenza di mia mamma. Non riesco a capire perché le forze dell'ordine non riuscivano ad aiutarci come avrebbero dovuto fare, sostenendoci e soprattutto confortandoci. Solo quando siamo scappate da casa, con le borse senza sapere dove andare qualcuno, accorgendosi che eravamo in difficoltà, è intervenuto per aiutarci in modo vero. Era il periodo del lockdown e quindi ci hanno portato in alcuni posti diversi, prima in quarantena e poi con l'aiuto della polizia in una casa rifugio.

Oggi che messaggio ti senti di dare ad altre donne che magari si trovano in situazioni drammatiche?
Bisogna solo denunciare se si vuole realmente uscire dal tunnel della violenza. Non è facile perché devi trovare la forza per farlo. Quando un compagno, un marito o un padre ti picchia bisogna reagire facendosi aiutare da chi può mettere fine alle violenze prima che sia troppo tardi. Oggi rifarei di nuovo tutto quello che ho fatto perché bisogna difendersi dal male con tenacia e combattere come una guerriera senza mollare mai.

Tuo padre è stato arrestato?
Lui ha avuto anche altri problemi di natura penale ed è stato in carcere. Per come si è comportato con noi e anche per altro è oggi agli arresti domiciliari.

Oggi come ti senti?
La comunità oggi è la mia seconda famiglia dove sto scoprendo di me tante cose perché mi stanno aiutando sempre di più a crescere e prendere consapevolezza della mia storia per potere andare avanti. Dopo quello che ho fatto, alcuni miei parenti si sono allontanati. Non mi sento però sola perché ho conosciuto tante persone che mi hanno preso per mano e che mi stanno aiutando volendomi bene. Per il momento sto partecipando al progetto Talenti che mi permetterà forse di avere un lavoro tutto mio. Spero che anche altre donne non si scoraggino ma possano riuscire a trovare la forza di lottare contro ogni violenza per avere una vita nuova rispetto al passato.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)