«Fare tutto a tutti con amore». 400 anni di san Francesco di Sales: a Padova quattro ordini si rifanno a lui

San Francesco di Sales, a 400 anni dalla morte continua a ispirare. In Diocesi di Padova sono quattro gli ordini religiosi che si rifanno a lui: Salesie, Visitandine, Salesiani e Fma

«Fare tutto a tutti con amore». 400 anni di san Francesco di Sales: a Padova quattro ordini si rifanno a lui

Lo scorso 28 dicembre sono scoccati i 400 anni dalla sua morte. Il prossimo 28 gennaio, i giornalisti ricorderanno il primo secolo da quando è stato eletto loro patrono. Si tratta dunque di un santo, ma anche di un insigne avvocato dopo la laurea a pieni voti in utroque iure (diritto civile e canonico) il 5 settembre 1591 all’Università di Padova. Qui il padre, di antica e nobile famiglia savoiarda, lo aveva mandato per realizzare una carriera giuridico-amministrativa di alto livello, ma proprio qui la vocazione religiosa venne alla luce: «Mentre ero a Padova – scrisse consacrata– studiavo diritto per piacere a mio padre, ma per piacere a me studiavo teologia». Stiamo parlando di san Francesco di Sales, vescovo di Ginevra a contatto con la Riforma in anni burrascosi, «apostolo, predicatore, scrittore» secondo Benedetto XVI, ma soprattutto «testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; [...] ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena». L’amorevolezza è ciò che gli riconoscono i membri dei quattro ordini religiosi a lui ispirati e attivi anche in Diocesi di Padova: le suore Salesie, fondate proprio a Padova nel 1740 da don Domenico Leonati; le Suore della Visitazione (o Visitandine), religiose di vita contemplativa fondate dallo stesso san Francesco e da Giovanna di Chantal, vedova e madre di sei figli, sua figlia spirituale; i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice, nate dalle intuizioni di don Bosco e, per le religiose, dal suo dialogo con Maria Domenica Mazzarello.

Trovare Dio nella propria vita
«Ciò di cui abbiamo bisogno è una tazza di comprensione, un barile di amore e un oceano di pazienza». In questa citazione sono racchiusi molti aspetti del san Francesco di Sales padre spirituale, che don Antonio Oriente, delegato vescovile per la vita consacrata, sintetizza così: «È stato un padre spirituale che sapeva far esistere, con un atteggiamento riconoscente. Con Giovanna di Chantal, nel contatto individuale, stanava le ambivalenze, in ogni persona smascherava il personaggio che ognuno di noi si costruisce nei diversi ambiti di vita. Ha vissuto tutti i rapporti con libertà, senza rendere dipendenti o legate a lui le persone e a ciascuno indicava la via a Diononostante la loro storia personale, ma proprio a partire da essa, con lo scopo di cogliere e realizzare la volontà di Dio nella propria vita, con docilità nei confronti dello Spirito».

A Padova nascono le “sue” suore
«Nella biblioteca di don Leonati erano presenti tutti gli scritti di san Francesco di Sales – spiega suor Elena Pettenon, salesia – e in quegli anni tutta l’azione pastorale diocesana faceva riferimento a lui come ispiratore. Perciò è stato naturale sceglierlo come riferimento centrale per il nostro ordine». Come il santo, inviato nel Chiablese, in una realtà socialmente e religiosamente complessa, anche don Leonati, nella Ponte di Brenta del 1700 aveva trovato una situazione di povertà ed emarginazione. Operò sempre assieme alla comunità e si dedicò all’elemosina ad alcune giovani, da cui nascono le Suore di san Francesco di Sales, le cui costituzioni sono tutte improntate sul vescovo di Ginevra, come se don Leonati avesse voluto fare un passo indietro. «Oggi abbiamo fatto nostro questo lascito spirituale di amorevolezza incentrato sull’educazione – continua suor Elena – Fin dall’inizio siamo presenti nel Seminario, nella scuola primaria e dell’infanzia, in parrocchia, nel pensionato per studenti Casa Vanzo dove l’opera è stata spostata dal card. Rezzonico, poi Clemente XIII». L’accoglienza dei poveri è un’attività centrale: ogni mattina alla casa generale di corso Vittorio Emanuele vengono offerte ottanta colazioni e ogni due settimane una borsa spesa per ogni famiglia povera del quartiere. I volontari sono numerosi anche dalle parrocchie di Santa Croce e Sant’Alberto Magno. La congregazione è presente in Angola, Ecuador, Perù, Cuba, Brasile e Mozambico. «Come san Francesco tentiamo di seguire ogni giorno la via del cuore», conclude la religiosa.

Le monache fondate con Giovanna
Dal 2014 il monastero di riviera San Benedetto a Padova che per 175 anni ha accolto le Suore della Visitazione (o Visitandine) ha chiuso o battenti, ma le monache di clausura continuano la loro missione di preghiera: dopo Casa Madre Teresa, oggi vivono all’Opsa, nella casa dei sacerdoti «e qui, oltre alla preghiera, dialoghiamo, sosteniamo e condividiamo la nostra vita con i presenti». Un cambiamento non semplice per le quattro anziane religiose, abituate prima alla clausura, ma i loro volti irraggiano la gioia del loro fondatore e di una lunga vita in Cristo. «San Francesco è un padre che ci ha nutrite con i suoi scritti e le sue lettere che si riverberano nei trattati scritti con Giovanna di Chantal – esclama suor Maria Angelina Tognon, di Enego – Lei era una donna forte, a tratti dura, ma io la sento vicina, come mamma e madre». Suor Maria Teresa Bellini, bresciana, è entrata in monastero da vedova, proprio come Giovanna di Chantal: «Esattamente come quando ho conosciuto mio marito, anche con la vita religiosa è stato un “colpo di fulmine” – racconta – Otto mesi dopo la sua morte, ho fatto il mio ingresso in monastero». Suor Paola Francesca Baldon, di Battaglia Terme, rievoca scritti come il Teotimo e la Filotea: «Anche se sembrano scritti antichi, hanno in sé una profondità e una semplicità che mi hanno sempre attratta e per anni ho avuto l’opportunità di pubblicare riflessioni su questi importanti testi». Anche suor Lilia Maria Battaglierin, di Marcon, è diventata visitandina da vedova, dopo quarant’anni di lavoro alle Poste, un matrimonio e una figlia: «Ero attirata da san Francesco da sempre, mio padre me ne parlava spesso. Alla morte di mio marito ho sentito un fortissimo bisogno di preghiera e di silenzio».

Don Bosco e san Francesco
Se lo saranno chiesti in molti: perché mai i religiosi di Don Bosco si chiamano Salesiani e non “Donboschiani”? «Il riferimento a san Francesco risale alla formazione ricevuta da san Giovanni come prete diocesano che di certo ispirava il seminario di Torino dell’epoca come altre figure – commenta don Paolo Pontoni, vicario ispettoriale per il Nordest – Evidentemente ha toccato in profondità sul cuore di don Bosco che nei propositi della sua prima messa, al quarto punto, recita: “la Carità, lo zelo e la dolcezza dei Sales mo guidino in ogni cosa”». Don Bosco non aveva le idee chiare su come spendere il proprio ministero, dopo l’ordinazione, ma si sentiva al suo posto a contatto con i giovani. Dopo gli anni al convitto ecclesiastico con don Cafasso a fargli da guida, nel 1841 mette assieme i primi ragazzi, nel 1844 fonda il primo oratorio e lo intitola proprio a san Francesco di Sales per la presenza di una sua immagine. «“Ci chiameremo salesiani” dirà don Bosco qualche anno dopo a questi giovani, chiedendo loro di dedicarsi a un’opera di carità e così il santo entra nello stemma del nostro ordine – continua don Paolo – La pedagogia di don Bosco si fonda su ragione, religione e amorevolezza: proprio l’amorevolezza che si riscontra nei testi di Sales, ma ad accomunarli c’è anche la fermezza». «La nostra cofondatrice, Maria Domenica Mazzarello, ha respirato la spiritualità di san Francesco di Sales direttamente da don Bosco – spiega suor Daniela Faggin, figlia di Maria Ausiliatrice, direttrice dell’Istituto Don Bosco – Se il vescovo di Ginevra ha scritto trattati, la nostra Santa ha scritto soltanto brevi lettere; ha tenuto semplici esortazioni sollecitate da occasioni concrete. Ci sono raccomandazioni, tanto essenziali quanto efficaci nella loro profonda sapienza. Lui diceva che “bisogna fare tutto per amore e niente per forza”; e Maria Domenica, abile sarta, esortava a far sì che ogni punto d’ago fosse un atto di amor di Dio. Come san Francesco di Sales diceva: “La vera devozione consiste nell’abbracciare con prontezza e amore ciò che piace a Dio”». E nell’amore ciascuno trovava la libertà della propria vita. «Suor Maria Domenica diceva che non voleva nell’Istituto donne senza difetti, ma che facessero pace coi loro difetti, ricominciando con pazienza ostinata, ogni giorno, ad estirpare le erbacce nel giardino del loro cuore. Così Francesco di Sales esortava a non meravigliarsi di trovare in se stessi delle miserie. “Non c’è nulla che sia già tutto fatto: bisogna ricominciare e ricominciare di buon cuore”» conclude suor Daniela.

Le sue ispirazioni per la Diocesi e il Seminario

San Francesco di Sales è ispiratore anche per tutte le persone chiamate ad accompagnare altri nel cammino della vita.
È l’esperienza di don Giovanni Molon, padre spirituale del Seminario diocesano di Padova. «Da lui ho appreso la personalizzazione nell’accompagnamento, come emerge nella Filotea, ma anche la dolcezza e l’amorevolezza nel tratto, anche quando la mia indole mi porterebbe a essere piuttosto rigido e impostato. Infine, l’ottimismo nel guardare alla persone, sia nelle sue potenzialità sia nell’opera dello Spirito Santo su di lei». Sono sensibili anche le ricadute a livello diocesano delle intuizioni del santo: «In Seminario, nella seconda metà dell’anno proporremo tre unità formative ispirate a lui sulla carità pastorale, il prete come uomo di Parola e l’accompagnamento spirituale. Ma rileggo in questa luce anche l’intuizione del vescovo Claudio che alcuni anni fa ha dato vita a una serie di percorsi formativi per preti con almeno dieci anni di ministero alle spalle».

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