Il danno scolastico di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi. Critici e vigilanti verso la scuola

Paola Mastrocola e Luca Ricolfi per la prima volta insieme in un libro dal titolo molto provocatorio: Il danno scolastico. La scuola progressista come macchina della disuguaglianza (La nave di Teseo, pp.270, euro 19), per denunciare a due voci il paradossale e tragico abbaglio della scuola democratica, che, nata per salvare i più deboli, oggi di fatto ne annega le speranze.

Il danno scolastico di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi. Critici e vigilanti verso la scuola

Due voci, di cui una lancia un’ipotesi e l’altra la raccoglie, provandola con la forza dei dati, testandola con modelli matematici e arrivando alla conferma. Sì, è così: una scuola facile e di bassa qualità allarga il solco fra ceti alti e ceti bassi. Un disastro, di cui rendere conto e chiedere scusa, ai ragazzi e alle loro famiglie. Questo libro è uno j’accuse, spietato e dolente, e al tempo stesso un atto d’amore verso il mondo della scuola e dell’università, i docenti, gli studenti. È un grido d’allarme che i due autori hanno lanciato più volte nei loro libri, in questi anni. Un grido sempre andato perso, ma doveroso, e ora più che mai disperato. Perché non c’è più tempo. Ma anche perché proprio questo tempo sospeso e minaccioso, in cui ci troviamo ora a navigare, è forse il più adatto per scardinare vecchi schemi ideologici e provare a cambiare tutto. «Il libro – scrivono gli autori – non pretende di dire dove deve andare il mondo della scuola e dell’università ma si accontenta di raccontare come sia andato negli ultimi sessant’anni, ossia da quando siamo stato in grado di osservarlo con i nostri occhi». La tesi del libro è che a pagare il conto più salato di tanti cambiamenti vissuti nella scuola, sono stati i figli dei ceti popolari. Alcuni passaggi sono spietati e coraggiosi nello stesso tempo: «L’università e quanti l’hanno riformata e governata negli ultimi trent’anni ha una responsabilità gravissima. Berlinguer è stato l’ideologo e l’esecutore decisivo della distruzione dell’università, ma ha avuto i suoi precursori e i suoi continuatori più o meno entusiasti, come ministri De Mauro, Moratti, Gelmini» (p. 65).

Sui banchi a rotelle viene a galla una spiegazione surreale: «Pensavo fosse per il distanziamento anti Covid, invece no: hanno dichiarato che i nuovi banchi avrebbero favorito la nuova didattica. Le parole esatte sono queste: “Il nuovo banco permetterà agli studenti di lavorare in gruppo, peer to peer, di avere un approccio all’apprendimento diverso”» (p. 103). Stiamo freschi. Da questa disamina non si salva neppure la didattica per competenze. Mentre Mastrocola rivaluta l’importanza della lezione frontale messa da alcuni anni in discussione per favore di quella digitale. Il libro si chiude con una appassionata Lettera a un genitore che dispensa comunque ottimismo e invita ad aver fiducia nella scuola in tutte le sue articolazioni assumendo un atteggiamento critico e vigilante nei confronti dei cambiamenti in corso ritenuti non sempre condivisibili per i danni che rischiano di fare. (P. Z.)

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