Il paradosso: spade che si trasformano in aratri
Doloroso paradosso: la guerra – principale causa di distruzione, sofferenza e morte nella storia dell’umanità – è allo stesso tempo la più potente fonte di innovazione tecnologica.

Ricerche e scoperte usate per difesa o peggio ancora per provocare la morte del nemico, nel giro di pochi anni si trasformano in tecnologie che migliorano – o salvano – la vita. Le spade che si trasformano in aratri, insomma. Se le guerre antiche ci hanno dato il ferro e la metallurgia, la prima guerra mondiale ci ha dato l’aviazione, la seconda guerra mondiale la cibernetica e la guerra fredda i satelliti e Internet. Il nuovo isolamento dell’Europa dagli Stati Uniti ha spinto il vecchio continente a destinare cifre record per la difesa. Non tutti questi nuovi investimenti si trasformeranno in armi. Una larga parte sarà destinata allo sviluppo di nuove tecnologie che avranno ricadute positive in campo civile. In primis, intelligenza artificiale: inizialmente sviluppata per migliorare l’autonomia dei sistemi di combattimento e l’analisi rapida delle informazioni sul campo, potrebbe presto essere utilizzata su larga scala in medicina, con diagnosi più veloci e trattamenti più efficaci. La cybersecurity militare, progettata per difendere reti e informazioni strategiche, potrà proteggere meglio le nostre transazioni finanziarie, la privacy digitale e i dati sensibili nella vita civile. I droni diventeranno sempre più comuni nell’agricoltura di precisione, nella logistica, nelle consegne a domicilio e persino nella gestione di emergenze come incendi o terremoti. Infine, il quantum computing, finanziato per decriptare comunicazioni nemiche, ci garantirà farmaci rivoluzionari e nuovi super-materiali per la transizione energetica. Ecco il doloroso paradosso: i passi avanti della tecnologia, più che aspirazioni di un’umanità che vuole migliorarsi, sono spesso solo effetti collaterali del veleno della guerra.