Ci sono due Italie nell’economia e nel lavoro

In Italia cresce l’occupazione e cala la disoccupazione, ma emergono tre nodi critici: salari bassi, carenza di personale e fuga di giovani all’estero in cerca di migliori opportunità professionali.

Ci sono due Italie nell’economia e nel lavoro

In Italia – primavera 2025 e secondo i dati Istat – le persone con un’occupazione lavorativa sono 24 milioni. Aggiungendo quelli che lavorano in “nero”, si bordeggia attorno alla metà della popolazione italiana o qui residente. Ma la notizia che sta facendo scalpore è che il tasso di occupazione in Italia è in continua crescita. Per contro, quello di disoccupazione sta attorno al 6%, molto vicino a quella che si definisce disoccupazione “fisiologica”– e quindi siamo in piena occupazione.

La verità è che ci sono due Italie nell’economia e nel lavoro. Nel Centronord la situazione attuale è appunto di piena occupazione; sono i problemi economici del Mezzogiorno che gonfiano la cifra dei disoccupati. In realtà intere province – tutta la Prealpina da Udine a Torino – soffrono di un altro problema: non trovano personale. Capita in agricoltura, nelle fabbriche, nei servizi.

E qui ci discostiamo dai freddi numeri Istat per esaminare due grandi questioni che attanagliano il mercato del lavoro (e non solo) in Italia; argomenti che sono stati il vero piatto principale del recente Primo Maggio, anche grazie alle parole del presidente Sergio Mattarella.

La prima: aumentano i lavoratori a tempo indeterminato (16 milioni 560mila), il ché è un indice di stabilità. Ma troppo spesso è un lavoro “povero”, scarsamente retribuito, tale da alimentare quel malcontento generale che attraversa milioni di italiani. Con le retribuzioni attuali si fatica a campare, l’inflazione degli anni scorsi si fa sentire ancora oggi.

Paghe basse, rinnovi contrattuali tirati per il lunghissimo e poco soddisfacenti, un costo del lavoro che opprime sia la voglia di gratificare il dipendente, sia il dipendente stesso: queste le cause. C’è molto da fare in merito, ma non lo fa quasi nessuno.

La seconda: mancano lavoratori. La denatalità si sta già facendo sentire; gli alti valori immobiliari favoriscono le rendite più che il lavoro; è in continuo calo il flusso di lavoratori stranieri per varie ragioni. Insomma, festeggiamo una strana piena occupazione e non siamo attrattivi verso l’esterno, dai grandi manager fino ai muratori e alle badanti.

E qui emerge la terza, in realtà forse la più micidiale questione, che veramente sta passando sotto silenzio: decine di migliaia di italiani ogni anno vanno all’estero a cercare lavoro. Non esportiamo più camerieri a Duisburg, ma valenti ingegneri e brillanti medici. Spendiamo cifre colossali per formarli, per poi perderli in un amen appena dopo la laurea. Ne beneficia il resto del mondo, a cui basta offrire retribuzioni e carriere più consone per farli giocare nella loro squadra.

Insomma sembra che il sistema vada benissimo, in realtà non va. Nel resto del decennio scopriremo le infezioni al corpo sociale che provocano queste ferite. Urgono terapie d’urgenza.

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Fonte: Sir