Padova 2020. Agricoltura sociale, in Italia trend in crescita e nuove potenzialità

La Capitale europea del volontariato si interroga sulle nuove prospettive dell’ecologia sociale in un incontro sul tema. A confronto esperti e esperienze. Cacciola, presidente di BioAs: “Chi fa inclusione sociale con l’agricoltura non può restare indifferente rispetto ai modi di intendere la terra”

Padova 2020. Agricoltura sociale, in Italia trend in crescita e nuove potenzialità

PADOVA - Trend positivi e potenzialità ancora da esplorare. È il mondo dell’agricoltura sociale in Italia a cui è dedicato l’incontro dal titolo “La spiritualità della Terra. L’agricoltura sociale e il volontariato nella prospettiva dell’ecologia sociale” in corso presso la Sala Barbarigo, in piazza Duomo a Padova. Il seminario, organizzato dall’Associazione nazionale bioagricoltura sociale (BioAs) insieme al Csv di Padova, rientra tra le attività di inaugurazione della Capitale europea del volontariato 2020 che ieri ha visto l’avvio delle attività con la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Le emergenze ambientali e la cura del creato sono diventati negli ultimi anni i temi centrali nel dibattito politico e culturale internazionale - spiegano gli organizzatori del seminario -. Le trasformazioni sociali ed economiche coinvolgono i sistemi di welfare e cambiano le stesse identità dei soggetti e le forme dell’aiuto. In questo contesto si colloca lo sviluppo in Europa dell’agricoltura sociale, che mette al centro i programmi di inclusione per soggetti svantaggiati e valorizza le capacità solidaristiche e di responsabilità sociale delle imprese”.
Che in Italia il fenomeno dell’agricoltura sociale sia in crescita lo dice lo stesso ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che nel dicembre 2017 ha realizzato una fotografia di questa esperienza in tutta Italia pubblicando il primo rapporto sull’agricoltura sociale. “Negli ultimi 5 anni si è registrato un incremento significativo delle esperienze di agricoltura sociale - spiega il rapporto del Mipaaf - , che hanno dato una risposta, sicuramente parziale e non definitiva, alla stagnazione economica del Paese che si è ripercossa particolarmente sulle fasce di popolazione più fragili come quelli che beneficiano di tali pratiche”. Al centro del modello italiano di agricoltura sociale, spiega Francesco Di Iacovo, professore di Economia e Politica Agraria all'Università di Pisa intervenuto durante il convegno, la “capacità di affiancare a un intervento pubblico fiaccato dalla crisi economica e fiscale degli Stati, i processi economici avviati da imprese agricole che operano responsabilmente nei confronti delle comunità di appartenenza e in alleanza con il terzo settore e le famiglie”.
Secondo Di Iacovo, nell’agricoltura sociale italiana “s’individuano i germi di un nuovo modello produttivo, dove il raggiungimento di una migliore prosperità del sistema si realizza grazie al coinvolgimento in processi di economia civile avviati da reti di imprese capaci di operare in modo tecnicamente efficiente ed economicamente sostenibile ma, allo stesso tempo, aperte alla collaborazione con il mondo dei servizi socio-sanitari, per organizzare nuove e più solide reti di protezione sociale, meno dipendenti dalle risorse pubbliche, competitive con la cooperazione sociale e con il volontariato e alleate con le famiglie e con i consumatori”. Un’esperienza che potrebbe avere un impatto considerevole su tutto il territorio nazionale. Estendendo su scala nazionale gli esiti di una sperimentazione realizzata da Coldiretti-Torino e Unipi e del progetto Orti ETICI-UniPisa, infatti, l’agricoltura sociale in Italia potrebbe un risparmio di investimento pubblico per 1 miliardo di euro e la riduzione della spesa pubblica per i servizi di circa 60 milioni di euro. Oggi, infatti, le pratiche di agricoltura sociale “operano a supporto della co-terapia - spiega Di Iacovo -, dell’educazione e della formazione, dell’inclusione sociale e lavorativa di persone a bassa contrattualità, dell’organizzazione di nuovi servizi civili per utenti assai diversi – dai minori agli anziani, dalle persone con disabilità ai rifugiati e ai migranti, dalle vittime di tratta a malati terminali- in aree rurali e periurbane. Servizi che risultano spesso più efficaci per i partecipanti rispetto ai più tradizionali servizi socio-sanitari ordinari e più efficienti dal punto di vista delle risorse consumate”.
Ad ispirare i lavori della giornata, la recente enciclica Laudato si'. “Il tema della spiritualità della terra è un tentativo di collegarsi al contributo importante dato da Papa Francesco su questa nuova sfida che viene chiamata ecologia sociale - spiega Salvatore Cacciola, presidente dell’Associazione nazionale bioagricoltura sociale (BioAs) -. Non ci può essere attenzione alla difesa della natura, del creato e della madre terra se non dentro una prospettiva di giustizia sociale. Per noi che ci occupiamo di agricoltura sociale questo diventa un grande terreno di impegno e di approfondimento”. Un tema che sta animando anche i più giovani, spiega Roberto Mancini, dell’università di Macerata. “Le generazioni nuove stanno dicendo ai potenti della terra che è tempo di mutare profondamente la lista delle priorità facendosi carico delle scelte che servono a riaprire il presente e a salvare il futuro per l’umanità - sostiene Mancini -. Il loro richiamo va ascoltato e sviluppato sul piano operativo per rispondere alla minaccia finché si è in tempo”. Per Mancini, un primo passo sarebbe quello di “scrivere e diffondere una sintesi semplice delle azioni specifiche che, rispettivamente, i governi, gli enti finanziari, le imprese, le forze politiche e i singoli sono tenuti a realizzare per dare corso al dovere di fare la loro parte - continua Mancini -. L’Agenda 2030 dell’Onu è per certi versi una base di riferimento, ma nel suo insieme resta un testo ambiguo, perché è frutto del compromesso stabilito sotto la pressione dei soggetti internazionali che vogliono perpetuare il capitalismo mondiale e tollerano tutt’al più aggiustamenti parziali nel nome dello sviluppo sostenibile. Invece quello che conta è svolgere in ogni ambito possibile le azioni congruenti con la trasformazione radicale e corale che la realtà ci chiede”.
In questo panorama, la bioagricoltura sociale rappresenta “un’esperienza paradigmatica di questo recupero del contatto con la terra e con il cielo, con la comunità dei viventi e con quel bene che ne consente la fioritura - chiarisce Mancini -. Si tratta dunque di inaugurare o rafforzare esperienze e processi di coralità, avendo cura di attingere a quella fonte che per ognuno ha un nome proprio originale ma che ha anche una realtà che abbraccia tutti, quella del bene comune”. Una mission spostata appieno dall’Associazione nazionale bioagricoltura sociale, nata nel maggio 2018 dall’impegno dell’Associazione italiana agricoltura biologia, la Rete fattorie sociali Sicilia, il Biodistretto sociale di Bergamo, il Consorzio Mediterraneo Sociale di Napoli, l’Associazione Focus - Casa dei Diritti sociali di roma e circa 300 aziende biologiche, associazioni e soggetti del terzo settore: coniugare l’agricoltura biologica con i programmi di inclusione sociale. “Dentro questo variegato mondo dell’agricoltura sociale - continua Cacciola - noi abbiamo scelto un connubio tra la scelta della tutela dell’ambiente con il fatto che chi fa inclusione sociale con l’agricoltura non può restare indifferente rispetto ai modi di intendere la terra, di rispettarla e produrre cibo sano”. L’incontro di oggi, tuttavia, vuole anche “aprire un dialogo” con mondi vicini. “La prima domanda che ci facciamo - continua Cacciola - è se l’agricoltura sociale abbia delle basi culturali, scientifiche ed etiche che consentano a questo mondo di dialogare anche con altre realtà”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)