Prezzo del latte alle stelle. Adesso serve un cambio di passo di istituzioni e filiera produttiva agroalimentare

Dalla primavera il prezzo del latte per il consumatore è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 euro al litro (dato Nielsen) e potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022.

Prezzo del latte alle stelle. Adesso serve un cambio di passo di istituzioni e filiera produttiva agroalimentare

Il prezzo del latte potrebbe superare i due euro al litro. L’allarme è di questi giorni e riporta tutta l’attenzione dei media, ma soprattutto dell’intero sistema agroalimentare, sugli effetti perversi e cattivi della congiuntura economica internazionale. Alla base di quanto sta accadendo, infatti, c’è sempre l’aumento esponenziale dei costi di produzione e in particolare di quelli collegati all’energia.

A lanciare l’allarme sul prezzo di uno degli alimenti di base per l’alimentazione, sono state Granarolo e Lactalis e cioè due delle aziende più importanti nel panorama lattiero italiano. L’inflazione, hanno scritto in una nota congiunta i due gruppi superando “i consueti antagonismi di mercato, ha toccato in maniera importante, con numeri a doppia cifra, quasi tutte le voci di costo che compongono la filiera del latte: alimentazione animale (aggravata dalla siccità che riduce sia i raccolti degli agricoltori sia la produzione di latte) che ha reso necessario un aumento quasi del 50% del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, packaging (carta e plastica sono in aumento costante da mesi), ulteriori componenti di produzione impiegati nella produzione di latticini. Oggi, però, la preoccupazione maggiore è rappresentata dall’incremento dei costi energetici che nelle ultime settimane sono aumentati a tal punto da rendere difficile trasferirli sul mercato, in un momento economicamente complesso per le famiglie italiane”. Da tutto questo la conseguenza prevista: dalla primavera il prezzo del latte per il consumatore è cresciuto raggiungendo gli 1,75/1,80 euro al litro (dato Nielsen) e potrebbe aumentare ulteriormente entro dicembre 2022. Ad essere sul banco degli imputati, oggi, è certamente il costo dell’energia che, sempre due due aziende, stimano come “una inflazione del 200% nel 2022 rispetto al 2021 e un rischio di oltre il 100% nel 2023 rispetto al 2022”. Troppo anche per i grandi gruppi.

Situazione più che difficile, quindi. Anche se a ben vedere, il rischio degli effetti sui mercati dell’aumento dei costi di produzione lungo la filiera agroalimentare, era stato segnalato da tempo un po’ da tutto il sistema e in particolare dai coltivatori diretti. Che adesso tornano alla carica. “Quasi un allevamento su dieci (8%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi”, ha affermato in una nota Coldiretti aggiungendo non solo la condivisione di quanto detto dalle industrie di trasformazione ma sottolineando come “fino a oggi grazie alla cooperazione fra allevatori, industrie e grande distribuzione si è riusciti a contenere gli aumenti nei confronti di consumatori e cittadini ma adesso non siamo più in grado di reggere se non con un aumento dei prezzi perché la situazione sta diventando insostenibile”. Mentre Confagricoltura ha spiegato come “da oltre un anno i costi produttivi per tutti i settori dell’agricoltura sono in continuo aumento e la recente esplosione dei prezzi legata al rincaro dei costi energetici ha messo a dura prova la tenuta del settore primario”. E Cia-Agricoltori Italiani ha aggiunto che “il prezzo dei beni alimentari lavorati è cresciuto del 10,5% ad agosto rispetto a un anno fa e sta incidendo pesantemente sul carrello della spesa delle famiglie”.

Il latte, dunque, torna ad essere non solo uno degli alimenti simbolo della dieta italiana, ma anche “segnale” dell’andamento dei rapporti lungo tutto la filiera agroalimentare e dello stato di salute dell’economia. Per capire meglio, basta sapere che, stando a quanto segnalato dai coltivatori diretti, in pericolo ci sarebbe “un sistema composto da 24mila stalle da latte che garantiscono una produzione di 12,7 milioni di tonnellate all’anno che alimenta una catena produttiva lattiero-casearia nazionale, che esprime un valore di oltre 16 miliardi di euro ed occupa oltre 200.000 persone fra occupati diretti e indotto con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale”.

Ma a questo punto che fare? Il coro è pressoché unanime: serve subito un pesante intervento pubblico per contenere l’aumento dei prezzi al consumo degli alimenti e, quindi, in soccorso alle imprese che sono costretto a riversare la crescita dei costi di produzione sui mercati. Ma serve anche accelerare sugli accordi di filiera e sulle nuove tecnologie capaci di risparmiare energia e di renderne più efficiente l’uso. C’è quindi molta strada da intraprendere insieme. Iniziando subito e correndo.

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Fonte: Sir