Siria, battaglia di Idlib: i cristiani perseguitati in prima fila negli aiuti agli sfollati. La testimonianza di padre Jallouf
Riprendono gli scontri nel Governatorato di Idlib tra esercito di Assad, oppositori armati e jihadisti del fronte Tahrir al-Sham. Secondo le Nazioni Unite sarebbero decine i morti e oltre 150 mila gli sfollati interni. Dal villaggio cristiano di Knaye arriva la testimonianza del parroco, il francescano della Custodia, padre Hanna Jallouf. Cristiani impegnati negli aiuti agli sfollati ma sempre nel mirino dei jihadisti che hanno portato via il raccolto delle olive e delle prugne. L'appello: "pregate per noi, non abbandonateci"
“Stiamo aspettando la nostra liberazione. Si combatte a 50 km da noi e la tensione è altissima. Speriamo che i combattimenti finiscano presto e che si possa tornare a vivere liberamente e con dignità”. Così padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte, nella provincia di Idlib – gli altri due sono Yacoubieh e Gidaideh –racconta al Sir quella che potrebbe essere la resa dei conti tra esercito siriano, ribelli armati e terroristi del fronte jihadista Hayat Tahrir al-Sham, affiliato ad Al-Qaeda ed erede del più conosciuto Jabhat Al Nusra.
Nel mirino dell’avanzata dell’esercito di Assad – mai così vicino alla riconquista totale del territorio – oltre a Idlib anche zone delle province di Hama e Latakia. Si tratta, in sostanza, dell’intera area protetta dall’accordo di de-escalation siglato al vertice di Sochi, sul Mar Nero, lo scorso anno da Russia e Turchia. L’accordo doveva, tra le altre cose, portare alla “ritirata di tutti i combattenti radicali” da Idlib. Ritiro mai avvenuto. Da qui l’accusa di Mosca alla Turchia di mancato controllo sui gruppi jihadisti, e il via libera ad Assad per la riconquista dell’area. Gli effetti della ripresa del conflitto sui civili sono, ancora una volta, devastanti. Dopo pochi giorni di combattimenti i morti sarebbero decine e, secondo le Nazioni Unite, oltre 150mila gli sfollati interni.
Emergenza umanitaria. Una situazione confermata da padre Jallouf che parla di “zone degli scontri spopolate da diverso tempo. Si stima che in tutta la provincia di Idlib possano essere rimasti 600 mila civili”.
“La valle dell’Oronte è quasi deserta e ci sono migliaia di persone in fuga dai bombardamenti. In questi giorni in tanti si presentano nei nostri conventi dei villaggi Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh a chiederci da mangiare e da bere. Non hanno dove dormire e per questo riposano sotto gli alberi nei campi della zona. Non hanno più nulla”.
Padre Hanna è rimasto solo a prestare la sua missione nei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte. Il suo confratello, padre Luai Bsharat, con cui porta avanti la sua missione in questa piccola enclave cristiana del Governatorato di Idlib, ancora non riesce a rientrare da Damasco a causa della situazione pericolosa. “Facciamo quel che possiamo con i nostri pochi mezzi per cercare di dare a tutti aiuto e sollievo ma la situazione peggiora giorno dopo giorno” afferma il francescano che lancia ancora una volta il suo appello: “pregate per noi, abbiamo bisogno delle vostre preghiere”. “Chiediamo al Signore che ci liberi presto dalla guerra, dalla violenza dei terroristi che ci perseguitano e ci impediscono di vivere in pace”.
Cristiani perseguitati. Da tempo le comunità cristiane della valle dell’Oronte subiscono la persecuzione dei jihadisti del fronte Hayat Tahrir al-Sham. In precedenti occasioni padre Hanna, sempre al Sir, aveva denunciato rapimenti ed esecuzioni sommarie e anche l’espropriazione di case e terre dei cristiani poi passate ai profughi e ai combattenti del fronte islamista. La violenza ora ha ripreso vigore.
“Stiamo subendo abusi e furti – rimarca padre Hanna -. La povertà cresce e con essa la criminalità. Ma a fianco di criminali comuni ci sono ancora i membri di Hayat Tahrir al-Sham. I miliziani, molti sono anche stranieri, da mesi non ricevono più la loro paga mensile e per questo motivo si lasciano andare a razzie e furti nelle abitazioni soprattutto dei cristiani.
Hanno rubato il raccolto delle olive e adesso quello delle prugne.
Rubano ai cristiani perché noi non possiamo difenderci, non abbiamo diritto ad appellarci ad un tribunale, né a chiedere i danni e giustizia. L’altra notte alcuni terroristi sono penetrati nella casa di un nostro fedele. Hanno legato tutta la famiglia e hanno trafugato ogni cosa possibile. Qui è in vigore la Sharia e noi cristiani non abbiamo voce. Vi preghiamo di non abbandonarci – conclude il parroco – pregate per noi”.