Buona terra e buoni robot. L'agricoltura 4.0 sempre più presente, ma c'è ancora spazio per la sapienza contadina

L’agricoltura 4.0 ha molti motivi positivi, come la maggior efficienza produttiva e qualitativa o la riduzione dei costi e dell’impatto ambientale.

Buona terra e buoni robot. L'agricoltura 4.0 sempre più presente, ma c'è ancora spazio per la sapienza contadina

Una volta c’era l’agricoltura che sperava solamente nella clemenza del tempo e nella bontà del terreno. Oggi in molte aree del mondo è ancora così, ma dove si concentra invece la produzione alimentare più avanzata, c’è ormai ampio spazio per le tecnologie più innovative: dall’uso dei satelliti per stabilire quando irrigare, a quello del robot e dei droni per colpire meglio i patogeni sulle piante, oppure per controllare lo stato vegetativo delle coltivazioni. E’ l’agricoltura 4.0, versione “verde” di Impresa 4.0, magari un po’ meno conosciuta ma, in compenso, presente nelle imprese agricole da molto più tempo rispetto a quanto non sia nelle fabbriche.

Quello dell’agricoltura di precisione (o 4.0 come si diceva sopra), è ormai un mercato piuttosto importante per le agricolture occidentali che, stando alle stime di Coldiretti, arriva ormai in Italia ad un giro d’affari di circa 400 milioni di euro e con una crescita del 270% in un anno. Numeri colossali (soprattutto se si guarda al saggio d’incremento) che, tuttavia, non devono far dimenticare alcune caratteristiche peculiari della produzione agricola.

L’obiettivo dell’Italia – ha spiegato un’analisi Coldiretti su dati dell’Osservatorio Smart AgriFood in occasione del primo Milano Agrifood & Travel Global Summit -, è arrivare entro il 2021 ad avere il 10% della superficie coltivata con applicazioni intelligenti sempre più evolute e adatte alle produzioni nazionali. Alla base della corsa all’agricoltura 4.0 sono indubbi motivi positivi. Basta pensare alla maggior efficienza produttiva e qualitativa, alla riduzione dei costi e dell’impatto ambientale con minor utilizzo di sementi, fertilizzanti, agrofarmaci, acqua di irrigazione, carburanti, lubrificanti. C’è poi un connotato importante che unisce questo tipo di pratiche alla parte più dinamica dell’imprenditoria agricola: l’agricoltura 4.0 coinvolge di più imprenditori di età inferiore ai 40 anni e laureati, anche se la scelta di utilizzare applicazioni innovative è sempre più legata a fattori come la superficie da coltivare o il settore produttivo di riferimento.

Ma cosa fa esattamente un “agricoltore 4.0”? Sostanzialmente usa una serie di tecnologie che applicano le più recenti applicazioni dell’Ict (e non solo) per, per esempio, stabilire con esattezza quanta acqua e quante sostanze nutritive servono per una determinata coltura, qual è la giusta razione alimentare per un animale, ma anche per eliminare infestanti attraverso interventi mirati, prevenire patologie, migliorare la resa delle coltivazioni e la stessa qualità dei prodotti, oltre a rendere più facile il lavoro ad esempio con la guida satellitare presente ormai sull’8% dei trattori.

Tutto scontando anche i ritardi nella diffusione delle tecnologie di questo genere, rallentamenti dovuti, per esempio, alla dotazione infrastrutturale differente fra città e campagna.

C’è a questo punto da chiedersi se l’agricoltura 4.0 riuscirà a sostituire – e con quali tempi -, la produzione agricola e zootecnica più tradizionale. Difficile dare una risposta univoca e ragionevolmente certa. E’ naturale, tuttavia, prevedere una ulteriore importante diffusione di queste tecniche nei campi e nelle stalle italiane. Che tuttavia, necessiteranno ancora per molto tempo dell’occhio e della mano dell’uomo. Anzi, ci si potrebbe anche chiedere se davvero la qualità dell’agroalimentare nazionale (il migliore al mondo), potrà mai derivare totalmente da bracci meccanici, droni in cielo e satelliti nello spazio (oltre che da robot in terra).

Rimane per ora una certezza: le tecnologie agricole da secoli hanno continuato ad avanzare a grandi passi e gli agricoltori di oggi sono certamente più dotati dal punto di vista tecnologico e scientifico, ma resta ancora (seppur con limiti diversi), la necessità di sperare nella clemenza del tempo così come nella buona terra dei campi.

Andrea Zaghi

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Fonte: Sir